Imparare a scrivere a settant'anni. Perché no?
Sono già trascorsi tre anni da quando ho abbandonato, per esaurimento d'interesse, un'occupazione che molti considerano invidiabile, anche se un addetto culturale non è nulla più di un impiegato al servizio di un diplomatico che è al servizio di un ministro che è al servizio di una maggioranza di governo che è al servizio di un coacervo d'interessi. Quando li hai conosciuti, se continui a frequentarli ti annoi.
I miei primi tre anni da donna libera li ho spesi apprendendo le verità fondamentali:
- esprimersi con correttezza e vivacità, non significa sapere scrivere;
- allo stesso modo, stendere verbali, programmi, relazioni e progetti efficaci e corretti, non significa sapere scrivere;
- scrivere poesie una volta al mese, quando la luna è piena e il bicchiere è vuoto, non significa sapere scrivere;
- scrivere uno o due racconti brevi all'anno, pur se efficaci, non significa sapere scrivere;
- riempire quaderni di storie improvvisate e sconclusionate, anche se farcite di belle frasi, non significa sapere scrivere.
- infine, seguire le lezioni di tutte le scuole di scrittura che ti ispirano fiducia, non significa essere sulla strada giusta per imparare a scrivere.
Che fare?, si chiedeva colui che riuscì ad avviare sulla strada della rovina la Santa Madre Russia.
Il mio vecchio medico di famiglia usava dire che dai settant'anni in poi ognuno può comportarsi come gli pare: il suo futuro è praticamente segnato e le potenzialità di danno nei confronti propri o di altri, sono ridotte al minimo.
Quindi rimbocchiamoci le maniche e cerchiamo di fare per scherzo.