Dopo la fine brutale della terza stagione di Squid Game, Seong Gi-hun è sopravvissuto ancora una volta. Ma non per scelta. L'ha fatto per mantenere una promessa: proteggere la bambina di una giocatrice uccisa, una piccola di nome Ha-yun, che ha visto troppo e perso troppo presto.
Da mesi si nasconde in un luogo sconosciuto, una villa nascosta tra le montagne innevate della Corea del Sud, dove il silenzio è spesso rotto solo da una vecchia canzone che passa in loop su un lettore ormai scassato: Do I Wanna Know?
Non è solo. A curarlo, proteggerlo, e soprattutto osservarlo... c'è Hwang In-ho, il Frontman, sfuggito al sistema che lui stesso ha servito. Anche lui ha fatto delle promesse. Anche lui ha dei debiti, ma non con la vita. Con il cuore.
Gi-hun è un fantasma, pallido, spento. Ma ogni volta che si volta a guardare In-ho, una scintilla gli attraversa il volto, come se il passato - e quel legame mai confessato - bussasse di nuovo.
"Do you ever get that fear that you can't shift the type that sticks around like something in your teeth?"
L'amore, o forse solo il rimorso, s'insinua come una scheggia nei giorni che si ripetono uguali, nei silenzi che diventano confessioni a metà.
"Do I wanna know if this feeling flows both ways?"
La tensione tra i due cresce. Il tempo nella villa sembra spezzarsi, piegarsi, fino a quando un giorno Ha-yun sparisce.
La sua scomparsa rompe l'equilibrio precario, costringendo Gi-hun e In-ho a uscire allo scoperto, non solo per cercarla, ma anche per affrontare tutto ciò che hanno represso per troppo tempo. La loro ricerca li condurrà in un viaggio dentro e fuori dal sistema, dove i fantasmi del Gioco non sono solo quelli dei morti... ma anche delle scelte non fatte, delle parole non dette.
"Perché sei rimasto?" chiese In-ho, con voce rotta.
"Perché ogni volta che voglio odiarti... c'è qualcosa che me lo impedisce."
"Cos'è?"
"Te stesso. Quando non fingi."