Il vestito delle emozioni

Il terrore non esplose: si congelò, diventò una lama fredda che si insinuò sotto la pelle. Sofia non urlò. Non si mosse. Rimase lì, incollata allo schermo, come se lo sguardo fosse un chiodo che la teneva inchiodata al pavimento della stanza.
Flash - rapidissimi, come fotogrammi saltati:
Elena che rideva con la testa gettata indietro, i denti sotto un lampo di luce;
Elena che piegava la cartolina del tatuatore con le mani sporche d'inchiostro;
Elena che la chiamava per nome, in cucina, mentre la radio gracchiava una canzone vecchia;
Elena con quel polso bonario al quale avevano promesso qualcosa che non si poteva mantenere.
Ogni immagine era una scheggia. Entrava e restava, poi si creava un vuoto e un'altra scheggia la seguiva. La sequenza non rispettava il tempo: era memoria smembrata, montata in fretta da un montatore impazzito.