Se sette anni fa mi avessero detto che un giorno lui mi avrebbe pensato non solo come l'amica timida della sorella ma come una vera e propria fidanzata, sarei svenuta e probabilmente non sarei nemmeno qua a scrivere. Ho 18 anni. Si, voi starete pensando "ma sette anni fa aveva solo undici anni, troppo piccola per capire!", ecco, è proprio li che casca l'asino la mia storia amorosa "a senso unico" iniziava molto prima dei miei undici anni, iniziava all'asilo quando conobbi la mia prima migliore amica , tutt'ora mia amica e di conseguenza il suo fratellone, non ricordo la mia volta che lo vidi, sinceramente non ricordo nemmeno l'aspetto che avesse, non ricordo nulla di lui di quando era piccolo, ricordo solo che i suoi occhi verdi mi colpirono fin da subito. A quell'età non si riesce a capire il significato di amore, forse non si capisce nemmeno ad ottant'anni: il sacrificarsi perdendo un'opportunità di lavoro, il cambiare per non rovinare tutto, l'accettarsi per quello che si è, mettersi contro tutti per l'altro insomma ognuno lo interpreta a modo proprio!
La prima volta che capii realmente di amare quel ragazzo fu quando rischiai di perderlo per un incidente, li mi resi conto che in tutti gli anni passati a dire "che bello che è" si nascondeva l'amore, amore che ancora oggi persiste!
Sette anni fa non pensavo neppure che si sarebbe creato un rapporto di amicizia tra noi due e invece.. un giorno siamo perfino usciti soli io e lui, per comprare il regalo di San Valentino alla sua ragazza, ma questi sono solo dettagli, quello si che è stato il giorno più bello della mia vita. E' venuto a prendermi a scuola, e già questo dice tutto, siamo andati in giro per tutta la città, siamo andati al bar e ha pagato lui infine ha pranzato a casa mia. Il giorno perfetto insomma.
Sette anni fa non pensavo che mi potesse dare delle emozioni concrete così forti.
Almeno una volta nella vita, quando arrivava Natale o qualsiasi altra festività, ognuno dei nostri genitori riceveva una chiamata dai proprio amici. E nessun figlio poteva mettersi in salvo quando dal proprio genitore veniva pronunciata la fatidica frase: "Vieni al telefono, c'è la 'zia' che vuole salutarti".
Eppure Charles mai e poi mai si sarebbe aspettato che, all'età di ventisei anni, proprio quella 'zia', si sarebbe presentata alla sua porta di casa, proponendogli una richiesta più che folle. Sophie Garcia desiderava chiedergli una cosa che lui nemmeno sapeva esistesse ancora nel ventunesimo secolo: un matrimonio combinato.
Vincent Garcia era un noto mafioso francese. Per stringere accordi con un suo alleato e espandere i suoi giri loschi, aveva intenzione di donare sua figlia, Francesca, in matrimonio ad un uomo ormai anziano. Sophie, assolutamente in disaccordo con le scelte del marito, sapeva che l'unica cosa che avrebbe potuto salvare la sua bambina era niente di meno che un altro matrimonio. Un matrimonio con un uomo abbastanza potente da non poter essere nemmeno sfiorato dalla forza criminale che esercitava suo marito. Un uomo tanto pazzo, ma buono, da poter accettare tale offerta. E quell'uomo non poteva essere nessun altro se non il dolce figlio della sua cara amica: Charles Leclerc.
Per quanto non mancasse di personalità, Charles era un uomo altruista. E fu proprio ciò a fregarlo. Fu proprio quell'altruismo a spingerlo a sposare una donna che nemmeno conosceva. Privandosi della possibilità di sposare una donna che amava davvero ed avere un matrimonio felice. Eppure, la vita non era mai stata una questione di tenere sempre in mano le carte buone, ma di saper giocare bene una mano svantaggiosa.
Charles non poteva più tirarsi indietro, doveva giocare la sua partita e comprendere di dover cambiare strategia nel momento in cui quel matrimonio stava iniziando ad essere non più un obbligo, ma un qualcosa di più grande.