Una promessa. Dipende tutto da una promessa. Ma la domanda è, la manterranno?
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"Qui ho conosciuto una bambina tempo fa, si chiamava come te." Sorride, forse ricordando il passato. "Da quel momento siamo diventati inseparabili." Continua, muovendo il pollice sulla mia coscia. Abbasso lo sguardo sulla sua mano e rabbrividisco, sentendolo poi parlare.
"Un giorno, tredici anni fa, sua madre me la portò via." Mormora, serrando la mascella e stringendo la presa sulla mia gamba. Stava parlando di me, del fatto che mia madre mi ha portata via da lui, lasciandolo lì, in quel parco, da solo.
"Ogni giorno venivo qui, da solo, nella speranza di ritrovarla," sospira e riesco a sentire tristezza e rabbia nel suo tono, "Ma non è mai tornata." Un sorriso nostalgico si fa spazio sulle sue labbra non troppo carnose e abbasso nuovamente lo sguardo, sentendo le lacrime accumularsi agli angoli degli occhi.
"Continuai ad andare al parco per un mese circa, poi capii che non sarebbe più tornata. E non lo ha fatto." Abbassa la testa e toglie la mano dalla mia gamba, sentendo subito dopo la mancanza del suo contatto con la mia pelle.
"Non ho mai avuto più notizie di lei. Dopo tredici anni, vengo ancora qui, sperando di trovarla," fa una pausa e sospira, incrociando le dita fra loro e alzando la testa rivolta dall'altra parte del parco; seguo il suo sguardo e rabbrividisco, sentendo un'altra lacrima scivolare, e un'altra e un'altra.
È dove ci siamo salutati, dove abbiamo passato insieme gli ultimi minuti, dove abbiamo scambiato quella promessa.
"Ho continuato ad aspettarla per tutto questo tempo." Mormora, abbassando la testa e proiettando lo sguardo sulle sue mani. "E continuerò a farlo per tutta la vita."
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MOMENTANEAMENTE SOSPESA PER REVISIONE CAPITOLI
#155 in Fanfiction. 31/12/16
Eterocromia. Ecco la cosa che mi ha distinta da sempre.
Quei bisbigli dei bambini appena passi che ti definiscono una "strega" o una "fata" oppure i rifiuti dei ragazzi perchè "i tuoi occhi mi fanno paura".
Si passa la vita a cercare un'equilibrio ed io perdo già in partenza: un occhio verde e un occhio azzurro.
Nonna ha sempre detto che è stato un segno del destino, un segno che io alle regole non ci sarei mai stata. Mi fanno sentire in trappola, bloccata e imprigionata. Ho bisogno di fare tutto a modo mio e di ascoltare solo me stessa. Io mi do le regole. Io decido.
Questa è stata la mia filosofia di vita per tanto tempo, prima che la gente cominciasse a sbattermi porte in faccia dandomi della viziata.
Quando la scuola ha cominciato a chiamare nonna per il comportamento ho capito che era il momento di mettermi dei paletti e di trovare un equilibrio tra ciò che era giusto e ciò che era sbagliato.
Gli occhi però sono l'unica cosa che resta ancora come prima. L'unica cosa che un equilibrio non lo troverà mai. Ed è bello così.