Ero lì, in piedi davanti a lui, immobile. Cercavo di parlare, senza riuscirci. Volevo solo sprofondare nelle sue braccia, dirgli tutto quello che non gli avevo potuto dire in tutti questi anni; c'erano altre ragazze e a mano a mano la folla cominciava a crescere: dovevo sbrigarmi. 'E se non ce la farò?', pensavo, 'E se gli sembrerò solo una stupida ragazza con un sogno un po' troppo grande?'. L'unico modo per scoprirlo era buttarsi, rischiare. Ma per una ragazza come me 'rischiare' era un po' come perdere tutto, se non ce l'avessi fatta; poi ripensai a tutte quelle volte passate a piangere in camera mia, a tutte quelle volte in cui avrei voluto solo averlo accanto e farmi consolare da lui, a tutte quelle volte in cui mi era mancato, troppe volte. Così iniziai a scacciare via la paura di non farcela, perchè sapevo che il rimpianto di non averci provato sarebbe stato ancora più grande. Strinsi la lettera più forte che potei e iniziai a parlargli.