Mi prendi le dita e ti gratti la fronte,un prurito di pensieri ti graffia,aggrottato. Le palpebre di pesante velluto e la mia mano troppo grande per tirare i tuoi occhi filamentosi. Una matassa di non detto,è l'iride. La sclera ruvida,una lingua che non ha parola. La pupilla che brucia il palmo,una corda senza voce. Sbatti le ciglia,un corvo ti si è incastrato tra quel sottile nero. Ti lecchi le labbra. Sono zolle di arida terra. Come becchi le ore,cadaveriche;ti decomponi in passi pesantemente plumbei,livido. Vai a sbattere contro le tue forme inconsce;quanti angoli dentro la tua figura,che ti inscrive in una geometria spigolosa di zigomi. L'inverno ti disseta,non è vero? I suoi corpi spogliati,rami e braccia,pallide,la condensa sulle foglie di vetro,il muschio battezzato brina,un alito di nome che è come bianco fumo,inspiri salendo con gli occhi i gradini di ghiaccio d'edera, che s'arrampica su un tronco di uomo,forse il tuo. Sei scosso:un vento di pensieri,ancora. Ma non sono io.All Rights Reserved
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