Le porte della mensa si aprirono bruscamente e un ragazzo vi entrò dentro, scortato da due guardie armate che lo tenevano per i polsi già ammanettati. Tutti, compresa me, ci girammo nella sua direzione, spinti dalla curiosità. Quello che mi stupì fu che, ad ogni suo passo, le persone presenti abbassavano il capo e continuavano a mangiare. I loro occhi erano spenti dalla paura. Io lo seguii con lo sguardo per tutto il tragitto e continuai a fissarlo anche quando lo fecero sedere ad un tavolo, in fondo alla stanza. I due uomini gli tolsero le manette e si posizionarono ai suoi lati, mentre lui si massaggiava i polsi rossi. Poi si guardò attorno, come attratto da qualcosa. I nostri occhi si scontrarono, come avrebbero potuto fare una mano e una guancia, e la vidi: l'enorme ferita che lo aveva squarciato dall'interno.
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