Avevo la strana abitudine di osservare.
Osservare scrupolosamente ciò che avevo intorno, le persone, gli usi, i loro vestiti.
Non immaginate quante cose si possono capire da una persona, guardando i suoi occhi.
Adoravo, in particolare, le stazioni, o, come le chiamo io "il frignatoio"
Erano un paradiso, per me.
Gente di ogni età che si incontrava, per la prima, forse ultima volta, e nei loro occhi, beatitudine.
Ragazzi che si dicevano addio, e nei loro, di occhi, percepivo solo disperazione.
Disperazione di chi sa, e lo sa per certo, che ne passerà di tempo, prima di poter ritornare tra le braccia di chi, dall'altra parte, sta trattenendo le lacrime, perché "se piangi tu, poi finisce lo faccio anch'io."
E nei loro occhi, un po mi ci rivedevo, ma nessuno, mai, aveva mai incontrato i miei, di occhi.
E così si prolungavano le mie giornate.
Un continuo ciclo di sguardi mai trovati e di visi, di cui il giorno dopo avrei scordato i tratti.
È così,che nel silenzio del frastuono,procedeva il suo corso, la mia vita.