"Questa casa é lu sangu di ma patri, quannu to ziu mori la lassa a tia, e tu l'ha gualintiri e l'ha fari divintari tiettu pi la to famiglia》. ... Credo che non ci sia modo migliore per cominciare questo feedback. Considerato il tenore della narrazione mi piace definirlo "lu cuntu di li signureddi da funtana" ... Un racconto fortemente pervaso da una sicilianitá d'altri tempi, quella che ormai dimora in pochissimi superstiti dai volti ruvidi e le mani solcate da avvizzite asperità. Poche pagine... poche, sì, ma eloquenti... esattamente come ogni leggenda che si rispetti. L'amore materno, la passione carnale, le tradizioni di un tempo, le funeste nenie di "lamentatrici" avvolte in lanosi scialle neri intente a sgranare le coroncine dei rosari al cospetto del feretro di colei che lascia orfano un giovane destinato ad aberrante follia... e , soprattutto, l'epilogo spettrale che incombe , a tutt'oggi, su una Racalmuto protagonista incontrastata di tanto misterioso scenario . Una piacevole lettura... un linguaggio giovane e semplice che rispecchia l'animo acerbo e genuino di un autore che si affaccia a un percorso tortuoso. Un' "operetta" giovanile di un autore destinato a divenire "scrittore".