«Sali le scale. Entra nell'ultima porta in fondo al corridoio. Accendi cinque candele. Privati degli abiti e attendi il mio arrivo.» Ethir lo stava facendo. Stava eseguendo quell'ordine a tratti incomprensibile, ricevuto solo pochi momenti prima, senza riflettere sull'assurdità della richiesta e sulle inevitabili conseguenze che, quell'incontro, avrebbe potuto portare. Lui, il giovane figlio del fabbro del paese che mai, prima di allora, aveva agito in maniera impulsiva o irrazionale, aveva invece accettato l'invito di un attraente sconosciuto che, nel giro di alcuni istanti e con una manciata di parole mormorate, gli aveva fatto smarrire totalmente la ragione ed ogni convinzione che era sempre stato convinto di possedere. Scorse un movimento dietro di sé proprio attraverso la superficie dello specchio: un tremore nelle ombre ricreate dalla fioca luce delle candele che prese consistenza e spessore, fino ad assumere le sembianze del giovane affascinante che lo aveva avvicinato. «Assapora. Ascolta. Respira. Tocca. Guarda.»