Appoggio le mani sul gelido davanzale ardesioso, osservando il profilo autunnale e pallido di Genova, con la sua maestosa Lanterna, accesa ormai sia di giorno che di notte. Passo i vigili occhi da falco sui tetti rossi, carichi di comignoli ed antenne dalle più disparate forme e dimensioni. Il cielo ora è una tela dipinta d'azzurro, la quale appartiene a pittori con ali di ferro, che scrutano dall'infinita altezza dei loro voli, le navi e i battelli che vanno e vengono dal porto, scaricando merci e persone, facendosi aiutare da giganti armati di cavi e funi. Passo ora lo sguardo allo schermo verde del mio vecchio computer: vorrei scrivere una storia. Da qualche giorno, sento misteriosi bisbigli e mormorii, provenire dalla bottega sotto casa, dove riparano i robot rotti e malfunzionanti che provengono dalle strade di tutta la zona. Ho sentito che hanno trovato nell'Hangar uno, in un ripostiglio ben nascosto dietro un armadio, uno strano robot, che non riescono a riparare in alcun modo. Tutto questo mi ha dato l'ispirazione, ed io ho deciso di rimettermi a scrivere, dopo anni di riposo. Così mi siedo sulla mia sedia di mogano, intagliata con motivi floreali, sorseggiando una camomilla bollente dalla mia tazza preferita, inizio a premere i tasti e a far apparire lettere sullo schermo: "Emozioni d'acciaio - Capitolo uno. "Io non riesco a capire..."".
(QUESTA E LA STORIA CHE STO FACENDO PER IL CONCORSO DI (ah-ah non ti cito), QUELLO DOVE, NELLA COPERTINA C'è UNA CHITARRA SU UN LETTO. TIFATE TUTTI PER ME!)Todos los derechos reservados