ispirato a:
Mi avevano appena portato la pizza.
Mi sedetti in un tavolo in disparte, per sentirmi invisibile.
Odiavo il peso degli sguardi altrui su me stessa.
Il treno sarebbe passato un'ora dopo, perciò avendo così tanto tempo a disposizione decisi di mangiare con calma.
Ad un certo punto, vidi una ragazza alla disperata ricerca di un posto, e dato che erano terminati tutti, le feci cenno di accomodarsi al mio.
Rispose con un lieve cenno della testa e, sistematasi sulla sedia, alzò gli occhi dal pavimento e mi rivolse un sorriso triste di gratitudine.
Le sue guance erano rigate dal mascara che continuava a colare sui suoi zigomi.
Subito, le porsi un tovagliolo per pulirsi.
Lei lo prese tra le mani.
Tremavano.
Se lo posò sul volto e iniziò a piangere sommessamente, con singhiozzi che le percuotevano il corpo.
Mi allarmai.
Le domandai se dovevo chiamare qualcuno ma lei scosse fermamente la testa in segno di disapprovazione.
Le volli chiedere cos'era successo, quasi più per cortesia che per interesse, ma la sua risposta mi colpì.
"Ho perso il treno. Ripasserà fra un'ora. E forse potrà sembrare stupido, ma lo sa perché non sono riuscita a salire?"
Feci no con la testa.
I suoi occhi erano arrossati per il pianto.
"Perché sono arrivata ultima.
Ultima.
Ancora una volta.
Ho chiesto un permesso per uscire 10 minuti prima. Ho corso sotto la pioggia. Mi sono scontrata con moltissime persone.
Ma sono andata avanti. Ho dato il meglio di me stessa per raggiungere quel treno. E anche questa volta, il mio meglio non è stato abbastanza.
Perché io sono destinata ad essere sempre e solo l'ultima.
Provai empatia nei suoi confronti.
Le strinsi una mano per infonderle un po' di coraggio e sorrisi debolmente.
Non sapevo cosa rispondere, così lascai che continuasse.
Real Madrid. La mia squadra del cuore.
Ricordo ancora quando mio padre mi portava alle partite del Real, ero solo una bambina. Quando un piccolo passaggio gli faceva spuntare un piccolo sorriso sulle labbra.
Quel sorriso che si é spento troppo in fretta, come un soffio su una candela.
Il tempo passò é la passione per il calcio non smise mai, ogni partita del Real era come vita per me.
Mia madre si riprese subito dalla perdita di papà, trovandosi un compagno qualche mese dopo. Si chiamava Julien e aveva un figlio. Hector Fort. Giocatore del Barca, numero 32.