I Natali di Sirius Black

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| Questa storia nasce d'impulso, senza alcuna premeditazione. Nasce, forse, da questo Natale, intimo e riflessivo, da questo 2020 che tanto lascia e tanto toglie. Nata per caso, aprendo semplicemente un nuovo file dal computer, con l'esigenza di raccontare qualcosa di più su questo personaggio che tanto amo. Ho deciso di non inserirla nella mia storia sui Malandrini, è un racconto fine a se stesso. 

Spero vi piaccia, se vi va commentate e mettere una stellina che fa sempre piacere.

Buon Natale,

PetitCherì


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Quando aveva cinque anni, a Natale Sirius Black sedeva composto alla lunghissima tavolata imbastita, carica di cibo delizioso preparato quasi meccanicamente dagli elfi domestici della nobile Casata dei Black. Sedeva composto, i vestiti ben stirati, i capelli puliti, nessun sorriso sul volto. Al suo fianco, suo fratello Regulus, di quattro anni, lo guardava di sottecchi, imitando ogni suo gesto, ogni posa, il terrore di sbagliare e di essere punito a renderlo ancora più insicuro. Il caminetto acceso non emanava abbastanza calore, il cibo non riempiva abbastanza la pancia, gli invitati non riempivano abbastanza l'animo. Sirius sedeva composto, lo sguardo fisso davanti a sé, masticando piano e usando le giuste posate, prendendole con lentezza per farsi vedere bene dal fratellino inesperto. Il pranzo sembrava durare più del solito, fin quando gli adulti non li congedavano nelle loro stanze per parlare di affari. Sirius sedeva composto sul letto, lo sguardo rivolto al parco davanti alla casa, dove i bambini della sua età giocavano felici, a differenza sua. Solo quando Regulus entrava piano in camera sua, cercando di non fare rumore, e gli chiedeva di leggere qualche fiaba, lì era Natale.



Quando aveva dodici anni, a Natale Sirius Black sedeva composto alla lunghissima tavolata imbastita. Sedeva più lontano alla famiglia rispetto a suo fratello Regulus, che era stato eletto nuovo figlio preferito dagli austeri genitori. Sedeva composto, i vestiti ben stirati, i capelli puliti, nessun sorriso sul volto. Sedeva con lo sguardo fisso davanti a sé, la mente a pensare ai suoi amici lontani. James stava sicuramente facendo qualche scherzo alla mamma con Fleamont, mentre la sua, di madre, lo fissava con disgusto dall'altro lato del tavolo. Remus stava sicuramente aiutando il papà Lyall ad apparecchiare la tavola della piccola casetta in campagna, mentre il suo, di padre, cercava di non incrociare il suo sguardo neanche per errore. Peter stava sicuramente divorando i dolci della festività, i preferiti anche di suo fratello, che però, occupando il posto alla sua destra, si limitava ad assaggiare tutto e niente come il galateo nobiliare imponeva. Il caminetto acceso non emanava abbastanza calore, il cibo non riempiva abbastanza la pancia, ma il pensiero dei suoi amici gli riempiva l'animo. Quando vennero congedati, Sirius attese, poggiato con la spalla alla finestra, che dalla porta della sua camera entrasse Regulus, a chiedergli di leggere qualche fiaba e a rendere quella giornata davvero Natale. Non fu più Natale.



Quando aveva sedici anni, a Natale Sirius Black sedeva scomposto alla tavola da quattro imbastita, carica di cibo delizioso preparato con amore dagli elfi domestici dei Potter. Sedeva scomposto, i vestiti già macchiati di sugo, i capelli più lunghi legati in un codino ribelle, un sorriso enorme sul volto. Al suo fianco, suo fratello James rideva sguaiato, le lacrime agli occhi e le mani a tenersi la pancia, guardandolo di tanto in tanto e scoppiando a ridere insieme a lui. Il caminetto acceso emanava abbastanza calore da stare a maniche corte senza sentir freddo, il cibo gli riempiva la pancia così tanto da fargli quasi male, la famiglia gli riempiva l'animo come se avesse scoperto solo allora di averlo. Sirius sedeva scomposto, lo sguardo che passava su ogni volto dei presenti, masticando con gusto ogni piatto, sorridendo a ogni elfo che amorevolmente portava le portate, fermandosi solo per ridere di cuore insieme al fratello. Il pranzo durò ore, fin quando gli adulti non si congedavano nelle loro stanze per riposare. Sirius si gettava di peso sul letto che gli era stato donato, lo sguardo ancora divertito rivolto al soffitto. Quando James entrava come una furia in camera sua, svegliando con quel casino probabilmente anche i vicini, e gli chiedeva di scrivere ai loro amici, lì fu sempre Natale.



Quando aveva ventidue anni, Sirius Black passò il suo ultimo, vero Natale. Si presentò davanti a casa Potter, a Godric's Hollow, a mezzogiorno in punto, un pacco regalo in una mano, un paio di buste nell'altra. Bussò alla porta, rispose alla domanda di sicurezza ed entrò in casa accolto dai capelli rosso fuoco di sua cognata. Già dall'ingresso, Sirius poteva sentire il vociare sommesso provenire dal salone, la risata di James spezzare i pochi attimi di silenzio, gli urletti acuti di suo nipote riempirgli il cuore e le orecchie. Prese il piccolo Harry tra le braccia, stringendoselo al petto, mentre il bambino, di quasi cinque mesi, gli afferrava qualche ciuffo ribelle, stretto nel suo pigiama a forma di renna. In cucina, Lily finiva di preparare il pranzo, mentre James rideva facendole qualche scherzo. Remus apparecchiava la tavola, piccola ma accogliente, mentre Peter rubava qualche dolcetto dal mobile sopra al camino. L'atmosfera era calda, accogliente, l'amore si poteva respirare insieme al profumo della buona cucina. Sirius fissò gli occhi verdi di Harry, accarezzando quella zazzera nera che tanto gli era familiare. A tavola risero, scherzarono, si presero in giro. Mangiarono fino a scoppiare, si scambiarono i regali, cantarono e ballarono con Harry fino allo stremo. Quello sì, che era Natale.



Durante i dodici anni che seguirono, a Natale Sirius Black si aggrappava con tutte le sue forze a quel giorno. Pensava alle risate, al calore, all'amore. A come avessero condiviso tutto, ancora incoscienti che tutto sarebbe finito, che sarebbero stati traditi, uccisi, incastrati. Si aggrappava al suono della risata sguaiata di suo fratello James, una parte di sé, del sorriso dolce e ormai malandrino di Lily, del rossore sulle guance di Remus. Si aggrappava persino al ricordo di Peter, allora ancora innocente, di come si sporcasse la faccia di cioccolato ogni volta, di come ci scherzavano e di come sembrava li amasse. Si aggrappava soprattutto al ricordo di un pigiama da renna, di due occhi verdi come smeraldi, di una zazzera disordinata nera come la pece, della sensazione di amore incondizionato che sentiva nel petto. Ogni Natale, Sirius Black, sempre più pallido e scheletrico, sorrideva in faccia ai dissennatori, aggrappato con tutte le forze rimaste al ricordo dell'ultimo vero Natale della sua vita.



Quando aveva trentasei anni, Sirius Black morì. Nell'attimo in cui si sentì oltrepassare il velo, Sirius passò velocemente lo sguardo da Remus a Harry, consapevole della sua morte. Nella caduta pensò a quante cose si era perso nella sua vita, a quante ne aveva vissute. In un'ultima mossa disperata, pensò a quel Natale, aggrappandosi per l'ultima volta, con le forze che lo abbandonavano, al ricordo di quel meraviglioso giorno, pensando di voler tornare indietro un'ultima volta. Quando riaprì gli occhi, una zazzera nera e due occhi nocciola lo fissavano sorridenti. Dietro di lui, poteva scorgere una chioma rosso fuoco e i due occhi che negli ultimi anni si era apprestato a difendere e proteggere anche a costo della sua vita.

"È Natale, fratello"



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