Prologo

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Mi giro nel letto e sospiro.

Non riesco a dormire con quelle parole che mi trapanano la mente, che mi bruciano gli occhi, che mi perforano lo stomaco fino a graffiarmi nell'anima.

"Smettila di pensarci... smettila."

Ripeto a me stesso mentre guardo attraverso l'ampia finestra spalancata della mia cameretta. Cerco di focalizzare l'attenzione sul cielo in cui vorrei perdermi e volare libero, denudato da pensieri, obblighi, prerogative. Tutto. Anche i miei vestiti. Il mio sguardo viene rapito dall'unica cosa che brilla tra le tenebre. E' la stella del mattino. Scintilla fiera tra le ombre che si diradano lentamente in un'alba rosata. Crepuscolo che si dissolve sul sottile velo dell'orizzonte che lo divide dal profondo mare di Santorini.

Mi chiedo quando finirà anche questa mia notte oscura?

Un venticello leggero entra in questa piccola stanza dalle pareti spesse, azzurrine, spoglie: solletica le foglie filiformi della pianta luminescente posta sulla scrivania, smuove le tende, soffia placido sulle mie guance bollenti. Un allegro cinguettio di passero si insinua pure nelle mie orecchie.

Serro la mascella, le lenzuola nei pugni. Se quel pennuto mi si insinuasse tra le mani lo spappolerei volentieri. La rabbia mi divora dentro quando mi rendo conto di chi sono.

"Mi ripudi per questo mamma, vero?" ringhio tra i denti.

Il dolore che provo dentro è tremendo. Arriva dritto al cuore. Lo stringe. Lo stritola. Non resisto. Scendo dal letto e mi lancio di corsa verso il bagno. La luce si accende e illumina tutto. Compreso il mio viso striato dalle rughe del dissenso. Stringo il bordo del lavandino tra le mani. La ceramica è dura, gelida, come la tempesta che mi scuote dentro. Abbasso il capo e chiudo gli occhi. Prendo un respiro profondo e poi lo espello. In questo fiato esasperato c'è parte del mio grido indignato che mi tende i muscoli delle braccia tanto che una vena sui bicipiti si gonfia assieme quelle sulle mie tempie. Sembra che stiano per esplodere. Come il pugno che vorrei mollare all'immagine di me stesso.

No. Non voglio far prendere l'ennesimo colpo a mia nonna.

Devo controllare le mie emozioni. Cazzo, devo farlo.

Un respiro profondo e apro il rubinetto. Raccolgo l'acqua nelle mie mani e me la sbatto in faccia. Strofino il viso vigorosamente con queste frustate di gelido sollievo. Frustate che attenuano l'incendio in cui sta bruciando il mio animo irrequieto. Ora ho la calma che serve per guardarmi nello specchio senza la smania di spaccare in mille pezzi la faccia che vedo riflessa dentro. Imbruttisco me stesso. Le sclere dei miei occhi sono iniettate da lampi di sangue ma l'azzurro delle mie iridi è brillante come se fossero illuminate da dentro.

"Un giorno sarai orgogliosa di me. Un giorno mi riconoscerai, mamma. Te lo giuro. Fosse l'ultima cosa che faccio in questa cazzo di vita" mormoro a denti stretti e labbra tremolanti. I miei occhi fissi nei miei, s'annacquano di lacrime.

E poi dicono che quelli come me non hanno sentimenti. Stronzate.

Con un rapido gesto del polso le spazzo via. Un respiro profondo e passo la mano tra i miei capelli. Un centimetro di scomoda morbidezza mi solletica il palmo. Questi capelli crescono sempre troppo in fretta. Odio il loro colore pallido, sbatte troppo sulla mia pelle olivastra. Sono appariscenti e io non voglio essere notato da nessuno. Basta la mia maledetta Stigma a far sgranare gli occhi alla gente. Prendo dallo scaffale dinnanzi a me questo vecchio rasoio pre-apocalittico, la robaccia da riciclo a cui mia nonna non riesce a separarsi. Non appena lo poggio sul capo, una pioggerella di filini lucenti cade sulle mie spalle. Domani sera cena in famiglia. Sono certo che quella bastarda di Miriam punterà il dito contro di me tanto per ricordarmi che sono io l'obbrobrio mutante della nostra famiglia.

Immagino che questa sarà l'ultima volta che Lucy mi difenderà dalla sua perfidia.

Penso, mentre maneggio il rasoio a destra, sinistra, dietro. Sempre gli stessi gesti da quando avevo dodici anni. Ne sono passati sette eppure nulla è cambiato nella mia vita.

Forse è questa la volta buona per farla cambiare?

Poso il rasoio sulla mensola. I miei occhi brillano ma stavolta perchè ho avuto un'epifania.

Credo proprio che accetterò il tuo invito, Lucy.


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