Oh, Guardiano della notte,
fammi entrare nel tuo regno,
istruiscimi a distinguere i particolari di un paesaggio
che ha smarrito i suoi contorni
nel buio di una sera senza nome.
Torvo, il tuo sguardo, gravita verso il mio bulbo oculare.
Dei tuoi magnetici occhi faccio le mie ali per librarmi, in volo,
nella coltre densa della notte.
Lì dove i miei piedi si fermano,
la mia mente, irrefrenabile, percorre, svestita, spazi estesi e uniformi
per setacciare, dall'alto,
i cocuzzoli amorfi delle colline.
E sono umani quegli arbusti che, inclinando i rami verso il loro fusto,
mi salutano dabbasso
come a porgere un lieto inchino
ai viandanti della sera.
V.M.