17) Dei e profezie

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Aurora arrivò a casa correndo e ansimando, con il cuore in gola e il fiato corto, piegandosi sulle ginocchia appena fu davanti alla porta e cercando di calmarsi, anche se faticava a respirare e aveva la fronte imperlata di sudore. Non le era mai capitato di trovarsi così stanca dopo una corsa, come se fosse totalmente fuori allenamento o avesse corso per chilometri e chilometri inseguita da qualche tata che cercava di impedirle di allenarsi, e il fatto di trovarsi in questo stato la spaventava ulteriormente, col timore che quella cosa che era successa prima a scuola le avesse prosciugato ogni energia, oltre che rafforzare quell'incubo contro cui stava combattendo.

«Mamma!» gridò quasi in un lamento, entrando in casa sbattendo la porta e cercando l'amazzone in ogni stanza «Mamma, mamma!»

Continuava a chiamarla con quell'appellativo con la voce rotta dal pianto, senza fare alcuno sforzo rispetto le altre volte e sentendo le parole uscirle di bocca spontaneamente, trasformandosi ad una corda a cui aggrapparsi per non cadere nella disperazione.
Non sapeva perché questa volta le venisse così facile riconoscere Diana come ciò che era realmente per lei, ma in quella situazione, circondata da quella paura verso ciò che poteva diventare, le dava una piccola sicurezza, una luce da seguire. Aveva sentito dire che le persone, quando stanno per morire o stanno molto male, tendono a chiamare la propria madre, indipendentemente che lei sia lì o meno, come se quella figura materna potesse salvarli da ogni male. Non sapeva se questo era vero o no, se aveva senso o era solo una reazione involontaria, ma in quel momento voleva solo correre da Diana e venire stretta tra le sue braccia.

«Aurora,» disse l'amazzone dei suoi pensieri, venendole in contro dopo aver sentito le sue grida «Cosa-»

Non riuscì a terminare la frase che la piccola le si fiondò tra le braccia, iniziando a piangere senza alcun freno e lasciando che le sue lacrime macchiassero la maglia della donna, che senza chiedere alcuna spiegazione la lasciò sfogare e le accarezzò delicatamente i capelli, stringendola a sé e non accennando a lasciarla andare finché il suo respiro non si fece più regolare.

«Sono un mostro» mormorò Aurora, con ancora il volto nascosto tra le vesti della madre «È per questo che Thor aveva timore di me, che le amazzoni non volevano che io mi addestrassi e che Loki mi informò sulla verità del mio lignaggio. Io sono un mostro, scatenerò il Ragnarok»

«Non azzardarti a dire una cosa del genere» la rimproverò Diana, pur cercando di tenere un tono di voce abbastanza dolce

«Ma-»

«Aurora,» riprese, sciogliendo quell'abbraccio e obbligando la bimba a guardarla in volto «Tu sei mia figlia, intesi? Questione chiusa. Non permettere a nessuno di giudicarti come "un mostro", chiaro?»

«Ho quasi ucciso dei ragazzi» confessò la giovane, abbassando il capo «Avevano preso in giro Freddy, così mi sono arrabbiata e poi... Poi non lo so cosa è successo, ma io-»

Non riuscì a terminare quella frase che alle sue spalle si aprì una breccia azzurra da cui uscirono Barry e Cisco, anche se parevano parecchio accigliati e nervosi, senza contare che il velocista aveva un paio di frecce conficcate nel braccio sinistro, che con molta calma stava cercando di togliere, mentre il suo amico era bagnato dalla testa ai piedi, con un'alga verde tra i capelli e la maglietta che continuava a gocciolare.

«Che vi è successo?» chiese la bimba, voltandosi a guardare i due e felice in parte di cambiare argomento «Sembrate reduci da una battaglia all'ultimo sangue in mare»

«Le vostre compatriote non sono simpatiche» rispose Allen, togliendosi una freccia e soffocando un grido «Cisco ha sbagliato due volte le coordinate e siamo finiti a Themyscira, durante una loro sessione di allenamento. Hanno un ottimo sistema di difesa, non c'è che dire»

IL NOSTRO PICCOLO GRANDE ERRORE ||Marvel & DC||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora