Nana, la tua voce… Ora riesco a sentirla.
La folla di Londra, meno composta ed ordinata di quella di Tokyo, riesce a calmarmi. Ed in quella stessa folla, che a volte, mi appaiono i tuoi occhi. Fari nella notte mi indicano la via.
Corro verso il locale dove lavoro. Piove, non ho l’ombrello… E’ ironico, ogni volta ti chiedo un passaggio.
Odio la pioggia, è così rumorosa.
Il pianista lascia che io prenda fiato, tra un sorso di vino rosso e un tiro alla sigaretta, poi riprende a suonare.
Jazz, malinconico e profondo. Non ho più né la forza né la rabbia per il Punk, né riuscirei a cantare accompagnata dalla chitarra di nessun altro…
«Hey baby, oggi sei stata magnifica… Ecco, questa te la sei meritata… Arrivo tra un attimo» Il gestore del locale mi infila in tasca la mia nivea ricompensa.
Ren sto per raggiungerti.
Stendo una pista sul lavabo, inspiro; Ed eccoti… Chiudo gli occhi e tu sei con me.
L’uomo alle mie spalle, una volta chiusa a chiave la porta, mi solleva il vestito sfilandomi l’intimo. Pochi istanti e prendi il posto di quell’estraneo. Facciamo l’amore. Riesco a vederti, riesco a sentire le tue mani su di me… Non fermarti.
La vita senza te, giorno dopo giorno, è sempre più insostenibile. Osservo il mare, ogni onda è per me un richiamo irresistibile, al quale però, non posso ancora cedere. La vita, il limite che mi divide ancora de te, è la mia punizione. Devo espiare tutti i miei errori, tutto il mio egoismo e poi potrò raggiungerti.
Mi serve un’altra dose. Due, tre minuti e poi il dolore scompare, lasciando posto alla tua immagine.
Anche per te Ren, la mia assenza era così insopportabile? Anche tu scacciavi i tuoi demoni con questo stesso esorcismo? Eppure ero tua allora, come lo sono adesso.
Ogni volta ci spero: Una partita tagliata male, un’overdose. La lucidità ormai, sopraggiunge sempre troppo presto.
Quando vidi le tue mani fredde stringere il plettro dei Trapnest, tutto ciò che pensai era che, alla fine, avessi scelto ancora loro. La tua morte riscriveva per l’ennesima volta il tuo abbandono.
Credevo avrei potuto superarla aggrappandomi ai miei sogni, sarei andata avanti cantando. Ma io, che mai volli ammettere la vera natura delle mie ambizioni, mi resi presto conto che cantare, era il solo modo per raggiungere quel sole splendente, per raggiungere te, che ai miei occhi, parevi irraggiungibile.
Cantare, ora, non ha più alcun senso.
Chiudo gli occhi, il cuscino profuma della nostra acqua colonia. Fino a poco tempo fa, questo mi bastava, riuscivo a dormire.
Ti ho finalmente perdonato Ren, e forse, sto riuscendo a perdonare anche me stessa.
I nostri ricordi sono come lame affilate che dilaniano la mia anima. Il respiro mi si rompe e sprofondo ancora annaspando. Lascia che io muoia adesso, ti prego; Ma ogni volta tu mi riporti indietro. Sento le tue labbra soffiare sulle mie, bere le mie lacrime e piano i miei battiti tornare regolari. Perché Ren? Ma tu non vuoi che io venga da te. Non ancora.
Domani sarà il mio compleanno e quest’anno, ho deciso di farmi un regalo. Un biglietto di sola andata per Tokyo. Ho lasciato la chitarra, porterò con me solo le sigarette.
Nana, questa vita che tu hai salvato, è venuta a riscattare il suo debito.
Nell’appartamento 707, come nel mio cuore, il tempo si è fermato a quei giorni. Solo adesso capisco che il nostro incontro è davvero stato decretato dal destino.
Spengo la sigaretta, lascio la mia chiave e un biglietto sul tavolo. “Voglio vedere il mare”
Addio Nana.
Sulle mura di quel vecchio magazzino dismesso del porto, ci sono ancora scritti i nostri nomi, ci sono ancora i segni dell’impatto.
Finalmente nevica.
Ren, sono tornata a casa. Ho abbandonato orgoglio e vanità; Mi è passata anche la voglia di cantare.
Quel sogno, di vivere insieme per sempre, sta per realizzarsi.
Mi spoglio. I vestiti pesano sul quel corpo, che mai come adesso, mi costringe in prigionia. Tutto qui parla di noi e rivive del nostro amore.
La nostra vasca è ancora lì. Troppo stretta per entrambi, ci costringeva a stringerci.
Mi immergo nell’acqua calda e tra i vapori, mi sembra di distinguere il tuo viso. Mi sorridi.
Questa volta, mi porterai con te e io potrò seguirti.
Sprofondo tra le increspature dell’acqua appena il respiro affannato comincia a mancarmi. Ecco, ti sento. Posso toccarti. Il tuo bacio finalmente mi porta via.
L’acqua copre tutto, inghiotte la stanza, allaga il dolore.
E tu sei lì ad aspettarmi sulle rive del Sanzu, mi tendi la mano e io posso afferrarla per non lasciarla andare mai più.
«Senti, Ren se io dovessi morire, moriresti con me?» «Certo.»