Capitolo 4

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Prima che potesse sfiorarmi, qualcosa lo fece spingere lontano da me, poi mi girai e vidi due figure davanti all'uscita; erano gli stessi tizzi vestiti in modo strano con croci altrettanto strane in mano, uno disse: <Ehi conte dei miei stivali! A quest'ora dovresti essere a nanna!>, l'altro invece si mise una mano in faccia: <Mi chiedo perché devo lavorare con un cretino simile!> poi si rivolse a me: <Ehi piccola, vattene finché sei in tempo!>, non me lo feci ripetere due volte e corsi verso l'uscita, lasciandomi tutto alle spalle.

L'adrenalina mi mise le ali ai pedi e in poco tempo arrivai fuori dal campo; una grossa esplosione mi fece cadere, girandomi, vidi che l'intero accampamento era avvolto dalle fiamme e un senso di disperazione mi avvolse come un treno in corsa. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quelle fiamme infernali, mi sentivo sola e perduta; non avevo nemmeno lacrime da versare.

Le fiamme avanzavano velocemente, mi costrinsero ad alzarmi e scappare da quell'inferno; nella mia mente c'erano solo due ricordi: il primo era la morte della mia famiglia e poi gli occhi maligni senza pietà di Gunter che mi fissavano; dentro di me sentivo il terrore e la tristezza, quella cosa che ti butta giù e ti fa desiderare di essere morto.

Vagai senza meta per molto tempo, non riuscivo a pensare a niente, la mia testa era completamente sgombra e quasi non sentii nemmeno la fame o la stanchezza. Non mi ero nemmeno resa conto di essermi persa in mezzo al nulla.

Un giorno, per la prima volta smisi di camminare, una vocina nella mia testa mi diceva di riprendermi, che non potevo andare avanti in quel modo, dovevo andare avanti e sopravvivere. Dopo aver pensato e ripensatoci, decisi che era meglio mettere qualcosa sotto i denti, morivo di fame anche se non sapevo dove fossi finita. Per quasi tutta la mattina girovagai a vuoto finché, addentrandomi nei cespugli, non incappai in una inferriata.

Un prete dall'aria serena, gli occhi blu come il mare e i capelli leggermente brizzolati, passava in mezzo alle lapidi, con in mano un libro con una croce e un rosario nell'altra; sgranò gli occhi non appena mi vide. Con prudenza si avvicinò e chiese con un tono rassicurante: <Ciao piccola, chi sei? Cosa ti è successo?>, stavo per rispondere quando il mio stomaco prese a brontolare, il prete sorrise e disse: <Immagino tu abbia fame, vieni con me!>, mi tese la mano e io, un pochino titubante, la presi. Non sapevo il motivo per cui accettai di prendere la sua mano, ma qualcosa mi diceva che potevo fidarmi di lui, sembrava una persona gentile, non solo dal fatto che fosse un prete ma anche dai suoi modi garbati e dal suo sguardo benevolo.

Mi portò dentro la sagrestia della cappella del cimitero e li, aprendo un mobile, ne tirò fuori del pane e del formaggio, le appoggiò su un tavolo e mi invitò a sedermi: <Vieni piccola e raccontami cosa ti è successo!>, mi avvicinai e, sedendomi sulla sedia, raccontai ogni cosa che fosse successa. Alle mie parole, il prete parve aggrottare la fronte, come stesse pensando a qualcosa oppure mi stava prendendo per pazza, ma perlomeno era stato gentile nell'aiutarmi e ascoltare quell'inferno che avevo visto; al termine del mio racconto il prete mi osservò per qualche secondo, con una espressione indecifrabile e poi disse sorridendo: <Posso solo immaginare cosa tu possa aver visto, ma ora sei al sicuro qui nella casa del Signore!>, le lacrime iniziarono a scendere copiose e poi dissi: <Loro erano la mia famiglia...adesso...sono sola...>, a quelle parole mi abbracciò portandomi a se e disse: <Non sei sola piccolina, adesso ci sono io qui! Ora piangi e sfogati.>, e così feci, consumai voce e lacrime in quell'abbraccio tanto paterno.

In quella stessa sera arrivarono degli agenti di polizia del paese, uno era alto con capelli composti rossi e due grossi baffi, occhi celesti e modi un po' scorbutici, mentre l'altro era più giovane, capelli castani e tirati all'indietro, occhi verde scuro e modi gentili; entrarono dentro la chiesa e allora, il prete gli si avvicinò: <Signori agenti, la bambina si trova nella sagrestia, temo sia sotto shock quindi vorrei che ci andaste piano!>, i due annuirono ed entrarono dentro. In quel momento, ero seduta su una sedia a fissare fuori da una finestra, il rosso si avvicinò cauto e salutò: <Ciao piccola, posso farti delle domande?>, mi girai lentamente per guardarlo e annuii, a quel punto prese una sedia e si sedette davanti a me e cominciò a chiedere: <Come ti chiami?>, con voce rotta risposi: <Mi chiamo Neera!> e lui: <Non hai un cognome?>, scossi la testa per negare, l'agente riprese: <Va bene Neera, quanti anni hai?> e io: <Ne ho 14!> e lui: <Ok e facevi parte del circo arrivato qualche giorno fa?> annuii e tornarono le lacrime, l'altro agente si avvicinò e disse per rassicurarmi: <Ehi ehi, va tutto bene! Sai dirci cosa è successo?>, in quel momento mi girai e risposi: <Ricordo che c'erano degli uomini, un sacco di morti e...il fuoco subito dopo!>, tornai a piangere come una fontana e allora i due, smisero con le domande e tornarono dal prete.

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