Rational Madness

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•  Rational Madness •

Tutto era iniziato come iniziano sempre le questioni di gelosia: con una scintilla.
Con una fiammella, un innesco, un piccolo fuoco che mano a mano divora intere foreste. E inizialmente Eren non gli aveva dato peso, perché, dopotutto, cos'era mai una cena fra colleghi anche se i colleghi erano solo due e quella era già la terza quel mese?
Niente, appunto. Di che cosa doveva preoccuparsi quando Levi tornava comunque a casa da lui?
Neppure si era accorto di aver iniziato a tenere il conto. Forse la situazione iniziava ad essere un po' più seria di quanto credesse e che, in quella situazione, non ci stesse poi così comodo come pensava.
Dopotutto c'era sempre stato un enorme non detto fra loro, un argomento tabù tanto scottante che Eren aveva deciso di segregare nei meandri della sua mente e lì confinarlo per la vita: la loro differenza di età. Benché potesse sembrare piuttosto sciocco preoccuparsi di un qualcosa di questo tipo quando si è la parte giovane, focosa e desiderabile, Eren non riusciva a darsi pace ipotizzando congetture secondo le quali Levi stesse ricercando una compagnia più al suo livello. Magari un uomo fatto e finito come lui che aveva molto più da offrirgli di quanto avrebbe mai fatto uno specializzando.
La tasca dei suoi pantaloni vibrò due volte di fila e Eren finì di caricare la spesa in macchina prima di estrarre il cellulare e leggere un messaggio da parte di Levi dove lo avvisava che non sarebbe venuto a cena perché sarebbe rimasto con Erwin. Ancora una volta.
E con quella erano saliti a quattro in un mese. Ma non stava tenendo il conto. Poteva farcela. La situazione non era così tragica come sembrava ai suoi occhi nel panico.



La sconcertante certezza che qualcosa fra loro stesse prendendo una piega diversa dal solito, fu quando una sera, Levi optò per del comunissimo – ma comunque appagante – sesso alla vaniglia piuttosto che legarlo e frustarlo come loro solito.
Inizialmente non ci fece troppo caso, anzi non gli diede poi tutta quell'importanza che meritava. Avevano fatto sesso alla vaniglia un sacco di volte, perché allora era così in ansia?
Cercò di calmare il suo cuore impazzito e godersi il momento a pieno, mentre Levi gli scivolava dentro con urgenza e si prendeva il suo piacere con le unghie e con i denti.
Eren gemette forte e si avvicinò con il viso al suo alla ricerca di un bacio, ma l'altro lo rispedì con la schiena contro il materasso e affondò nel suo corpo con l'implacabile crudeltà di chi è prossimo all'orgasmo.
Eren seguì l'orgasmo di Levi liberando tutto il suo piacere sul proprio petto, sentendo la testa leggera e le membra intorpidite. Si diede dello sciocco per aver dubitato di lui, dei suoi sentimenti e di quello che li legava soltanto per una scopata un po' meno violenta del solito.
Fece per accoccolarglisi in grembo come era solito fare quando facevano sesso alla vaniglia, ma Levi lo scacciò via pretendendo che stesse nella sua parte di letto perché aveva mal di schiena.
Eren nel letto di Levi non si era mai sentito solo come in quel momento. Fra loro sentiva come se fosse stato eretto un muro impenetrabile e, anche se non poteva vederlo, avrebbe potuto descriverlo alla perfezione, con il filo spinato sulla sommità, qualche sentinella allerta di vedetta e i mattoni rossi arancio che gli precludevano la vista di Levi.
Strinse le coperte con i pugni e cercò di non pensarci, cercò di accantonare ogni supplizio che la sua mente aveva evocato, ma era ben conscio che quel piccolo e insignificante seme di gelosia avesse appena ricevuto un bel terreno fertile e della limpida acqua sorgiva come alimentazione.



"Sapevi che Erwin e Levi stavano insieme?" La domanda di Armin lo punse come avrebbe fatto una rosa con le sue spine.
Eren balzò dalla sedia preso sul vivo, sgranando gli occhi verdi smeraldo che, era certo, sembravano quelli di un assassino senza scrupoli in quel momento.
"Quando?" Gli chiese di rimando con una voce imperativa che lasciava ben poche scelte fra rispondere e rispondere subito.
"Qualche anno fa. Pare che stessero progettando di andare a vivere insieme, ma poi si sono lasciati."
"Chi te lo ha detto?"
"La dottoressa Hanji."
Eren ingoiò il groppo in gola che sentiva crescere forte e lo percepì depositarglisi sul petto implacabile.
Hanji era una fonte certa di pettegolezzi accuratamente collaudati. Non apriva mai bocca se non erano notizie vere e succulente. Se non fosse diventata un chirurgo, avrebbe di certo fatto la giornalista su una qualche rivistaccia di gossip delle star.
"Hai sentito di quello specializzando bravo?"
"No, cosa?"
"Dicono che vada a letto con il chirurgo... erm... non ricordo il nome, ma è quello con lo sguardo sempre severo."
Le voci alle sue spalle catturarono la sua attenzione più dei pettegolezzi di Armin e presto quel groppo si trasformò in un macigno enorme.
Forse la situazione gli stava sfuggendo di mano. Forse gli era già sfuggita da un po' di tempo e nemmeno se ne era accorto.
Solo una cosa era piuttosto certa: quel pomeriggio negli spogliatoi dell'ospedale, mentre si cambiava per tornare a casa, aveva appreso due notizie pericolose.
Se la sua gelosia e la sua ansia erano sbocciati in un fuocherello di medie dimensioni e del tutto contenibile, dopo quella rivelazione Eren si accorse di aver appena dato fuoco a casa continuando pure a viverci dentro.
Poteva andare peggio? Ah sì, ovvio, la sua relazione con Levi era appena stata scoperta e adesso rischiava il posto di lavoro.
Fantastico.



La mano gli tremava mentre finiva di compilare il modulo sotto lo sguardo serio e severo del direttore. Eren non osò incrociare i suoi occhi per paura che la sua maschera si sgretolasse in un pianto a dirotto molto infantile, ma non poteva negare che nel profondo del suo cuore sentisse i battiti rallentare.
"Credevo che neurochirurgia fosse la tua strada, Eren." Osservò l'uomo arrotolandosi uno dei folti baffi su un dito. Eren firmò il documento e lo porse dinanzi al direttore con annessa la penna. Il cadavere e l'arma del delitto.
"Non fa per me, ho capito di aver preso un abbaglio."
"I tuoi voti in effetti sono un po' calati negli ultimi tempi..."
"Ultimamente si è fatta più difficile e mi sono reso conto che non è la specializzazione che mi interessa." Concluse la conversazione con un sorriso tirato di circostanza e girò i tacchi senza guardarsi indietro.
Ormai era fatta.



Le braccia iniziarono ad intorpidirsi costrette in quella posizione scomoda. I polsi legati dalle corde di canapa erano già stati marchiati e i segni rossi sulla sua pelle svettavano come scie peccaminose di un segreto che sarebbe dovuto restare tale.
La corda era stata legata ad un gancio che gli teneva anche le caviglie costringendolo in ginocchio come il misero servitore che era.
L'unico dispositivo che non gli forniva alcun problema di scomodità era la benda calata sugli occhi che gli impediva di vedere qualunque cosa lo circondasse.
Sapeva dove si trovava, sapeva che così legato alla colonna in metallo montata nel bel mezzo della stanza, con le gambe impunemente divaricate e l'erezione che svettava insolente da almeno un'ora, era l'unico modo in cui Levi avrebbe voluto vederlo.
Si sentì fremere all'idea e desiderò potersi toccare per alleviare un minimo le sue sofferenze. Ma forse proprio la frustrazione derivante dal non potersi muovere liberamente, non potersi dare sollievo, mischiata al dolore fisico e all'umiliazione di sentirsi così totalmente esposto e inerme dinanzi a lui erano un connubio letale e pericoloso per Eren.
Deglutì senza fiato. La gola secca e la mente offuscata da un tripudio di idee e aspettative che tardavano ad essere assecondate.
Di Levi nemmeno l'ombra. Lo aveva legato lì nel soggiorno del suo appartamento e poi lo aveva lasciato a cuocersi nel suo stesso brodo. E Eren era esattamente quello che aveva fatto. Aveva atteso pazientemente come solo un cane fedele attende il suo padrone, alimentando quei momenti di silenziosa solitudine con il ricordo delle migliori scopate mai fatte con lui.
Perché voleva farsi trovare pronto, Eren, bello duro e eccitato. Lo avrebbe sedotto standosene fermo e contenendo tutto il suo ardore, lo avrebbe compiaciuto assecondandolo, acconsentendo ad ogni suo desiderio e infine avrebbe tratto la massima soddisfazione possibile nell'obbedirgli senza remore.
La serratura di casa scattò improvvisa e la chiave girò nella toppa tre volte. Eren riconobbe in quel rumore la consuetudine del suo compagno: le chiavi che si posavano nel piattino in ceramica di fianco alla porta, i suoi passi nell'ingresso di casa, poi nel corridoio e infine in salotto.
Un fruscio di veste gli aveva fatto intendere che si doveva essere allentato la cravatta e non aveva bisogno della vista per sapere che stava sorridendo soddisfatto. Deglutì un grumo di saliva che sembrava non volergli scendere in gola. Si sentì infiammare all'idea di averlo compiaciuto ancora, ancora una volta e gli venne istintivo tentare di chiudere le cosce e cercare un po' di sollievo.
"Fermo." La sua voce lo inchiodò sul posto e allora Eren non osò nemmeno riaprire le gambe svergognatamente come prima, le lasciò lì dove erano, immobili come lui stesso era nella perfetta imitazione di una statua. Forse aveva persino smesso di respirare per non infastidirlo.
"Mi hai aspettato qui buono buono per tutto il tempo?" Domandò Levi e Eren annuì forte con la testa guardandosi bene dal parlare perché dopotutto non gli aveva ancora dato il permesso.
Un fruscio e qualche passo gli fecero intuire che Levi si stesse muovendo all'interno della stanza, ma Eren non riusciva proprio a capire dove stesse andando.
Si concentrò allora sul rumore dei suoi passi, sulle suole delle sue scarpe eleganti che incontravano il pavimento e da dove provenisse quel rumore. Intuì che gli stesse girando intorno, forse per ammirarlo, forse per controllarlo, e non poté fare a meno di alzare leggermente il mento ed inarcare la schiena fino a sentire il freddo metallo della colonna fra le natiche. Se c'era una cosa che bramava in quel momento, oltre a sentire il cazzo di Levi su per il suo culo o giù per la sua gola, quello era il suo sguardo. O l'idea di esso. Avere i suoi splendidi occhi grigi solo per sé, farsi ammirare, mangiare, divorare, per il pezzo di carne quale era forse era il suo bisogno più impellente in quel momento. Desiderò non avere la benda, guardarlo e divorarlo a sua volta, comunicargli tutti i suoi bisogni solo con un'occhiata languida e attendere pazientemente che Levi li ignorasse finché gli pareva e piaceva.
La stoccata sul suo petto arrivò a tradimento. Il frustino di cuoio lo sfregiò con crudeltà, sferzandogli entrambi i capezzoli turgidi e facendolo gemere dal dolore- o forse dal piacere? Sentì un formicolio formarsi alla base del collo e diramarsi lungo tutta la schiena. Il punto dove Levi lo aveva frustato frizzava intensamente e lo sentiva scaldarsi sempre di più mentre i capezzoli, era certo, gli avrebbero preso fuoco in un momento.
"Ti avevo detto di stare fermo o sbaglio?" Gli fece notare con la voce incrinata dal disappunto e Eren allora tornò immobile, con l'erezione prepotentemente protesa in avanti, mentre cercava di contenersi il più possibile.
"Ero in ospedale fino a poco fa." Lo informò e Eren iniziò a sentire il proprio respiro farsi più pesante.
"Mi hanno informato che uno dei miei specializzandi ha deciso di passare a cardiochirurgia." Continuò ancora e Eren si morse l'interno della guancia fino a sentire il sangue in bocca.
Percepì Levi spostarsi ancora e poi le molle della poltrona cigolare sofferte, segno che si era appena seduto in attesa. Il lato positivo era che non aveva sentito tintinnare alcun bicchiere di vetro, quindi, facendo due più due, se non era ancora arrivato all'aiuto del whisky per digerire la questione non doveva essere poi così grave.
"Immaginerai la mia sorpresa quando ho scoperto che si trattava proprio di te." Carezzo quelle ultime parole con la lentezza estenuante di chi vuole marcarle ben bene e al contempo sputarle vie.
Eren rabbrividì all'idea di averlo offeso in qualche modo e, inconsciamente, si ritrovò a pensare al frustino di prima, a quella sferzata a tradimento e a quanto lo avesse eccitato da pazzi.
"Dunque voglio sentirlo uscire dalla tua cazzo di bocca il motivo di questa scelta." Aggiunse infine dopo qualche secondo di silenzio e Eren non era certo di volergli rispondere sul serio. Levi non era mai volgare. Mai. Nemmeno nelle loro litigate più brutali, nemmeno nel loro sesso più violento. Mai. Non amava gli sproloqui e giudicava aspramente chi li utilizzava nel linguaggio di tutti i giorni. Motivo per cui, se aveva appena osato dire cazzo, la situazione era persino più grave di quanto Eren credesse.
Si era ben oltre il whisky, quella era una situazione da terza guerra mondiale.
Deglutì a vuoto per quella che gli parve solo l'ennesima di tante volte e infine parlò perché infastidirlo ulteriormente non gli sembrava poi quella grande idea.
"Neurochirurgia non è come mi aspettavo e voglio provare cardio-..!"
La sferzata della frusta stavolta lo prese in orizzontale, dalla spalla destra fino al fianco sinistro e Eren si morse la lingua per non urlare.
"Risparmia le cazzate per chi ci crede." Gli aveva sussurrato ad un centimetro dal viso. Il suo profumo fresco, il suo alito di alcol, lo investirono come un treno nello stesso momento in cui realizzò di averlo fatto incazzare sul serio.
Non lo aveva nemmeno sentito alzarsi dal divano, ma continuava a percepirlo mentre si muoveva per la stanza come un leone in gabbia. Bellissimo e arrabbiato, che ruggiva contro qualunque cosa e mostrava i denti letali da fiera.
"Riprova, moccioso." Gli concesse e Eren non si fece scappare quell'occasione.
"Girano voci fra gli specializzandi... su te e me... su di noi... mi sembrava la cosa giusta da fare."
Stavolta fu come vederlo arrivare. Il colpo della frusta sferzò ancora il suo petto, con la precisione millimetrica di chi ha intenzione di prendere in pieno, e ancora una volta, entrambi i capezzoli.
Eren sobbalzò e protese il petto in avanti inarcando la schiena come a voler inseguire il frustino il più possibile.
Ansimò forte stavolta, quando il contatto con il cuoio gli mancò del tutto e portò la testa indietro fino a farla scontrare contro la colonna d'acciaio.
"Non hai pensato al fatto che questo tuo gesto possa solo alimentarle?"
"N-no... è stata una cosa graduale e pensata. Ho iniziato a lamentarmi delle lezioni già da qualche settimana e i miei voti sono calati anche se di poco. Nemmeno il capo ne era sorpreso quando ho fatto domanda."
Levi non rispose. Non replicò affatto in nessun modo. Eren iniziò quasi a pensare che se ne fosse andato di nuovo lasciandolo lì così.
Si sorprese quando gli sfilò la benda con un unico movimento della mano, una carezza languida e crudele allo stesso tempo. Una carezza che lambì la sua guancia, scivolò in alto sfiorandogli la tempia e s'incastrò fra i suoi capelli afferrandoli e tirandone le ciocche.
Eren sbatté le palpebre due o tre volte per abituarsi di nuovo alla luce, ma non ne ebbe il tempo dato che con uno strattone Levi gli reclinò la testa all'indietro talmente tanto da riuscire a toccare il palo di acciaio con la fronte. Eren in risposta gemette per il dolore ed il suo uccello ebbe un guizzo di gioia. Dio, quanto gli piaceva quando Levi gli tirava i capelli in quel modo!
Poi due iridi grigie come nubi che promettono tempesta, si frapposero ai suoi occhi. Lo scrutarono a lungo, silenti, come a voler cercare le parole migliori per condannare la sua infima esistenza.
"Perché non me ne hai parlato?" Chiese invece, contro ogni pronostico più fantasioso che aveva attraversato la mente di Eren.
"Non volevo tediarti con degli stupidi pettegolezzi." Rispose sinceramente e il ghigno sprezzante e pregno di derisione in risposta di Levi fu quanto di più splendido vide Eren quel giorno.
Le loro labbra si scontrarono in un bacio violento. Vorace. La bocca di Levi sembrava voler scavare nella sua, la lingua implacabile pronta a fendere e guarire, i morsi dati a tradimento di chi voleva infliggere una punizione più che meritata. E Eren sentiva di meritarsela tutta quella punizione. Fino in fondo, fino all'ultimo secondo di supplizio che Levi gli avrebbe inferto.
"Questo è per la tua premura." Gli bisbigliò sulle labbra con veemenza. Il suo alito caldo era un toccasana per le labbra ingiuriate dai suoi morsi.
Poi si eresse dritto, in piedi in tutta la sua figura squadrandolo dall'alto in basso e facendolo sentire un misero pezzo di carne appeso lì. L'uccello di Eren vibrò forte dopo l'ennesima umiliazione e a stento riuscì a trattenere un gemito che sapeva tanto di "ancora".
Vide caricare il braccio con il frustino in cuoio con una lentezza quasi estenuante. Si concentrò su di esso, su quello strumento che sapeva sferzargli la pelle provocandogli fitte di dolore finanche troppo piacevoli. Gli sembrava di non averlo mai visto... che fosse nuovo? Levi si era fermato appositamente a comprarlo per lui? Per quell'occasione?
All'idea si infiammò ancora di più, ma mantenne imperterrito lo sguardo sul frustino desiderando – anelando, morendo letteralmente dalla voglia – sentire la sua pelle infiammarsi per Levi sotto alle sferzate crudeli che solo lui sapeva infliggergli.
Come assaporato e pregustato, il frustino scese implacabile sulla pelle già segnata del suo petto e la marcò ancora con prepotenza.
Un'altra striscia rossa si andava aggiungendo alle altre gemelle e Eren inarcò così tanto la testa per andare incontro a quel bruciore disarmante che sentì quasi le vertebre scricchiolare.
Poi un'altra, un'altra e un'altra ancora. Levi lo colpiva su tutto l'addome con forza, gemendo per lo sforzo e con gli occhi offuscati da una serie di sentimenti che Eren non seppe distinguere. Non del tutto per lo meno.
Dal canto suo, ad Eren pareva di essere appena atterrato in paradiso senza nemmeno essere morto. Il dolore, il bruciore ed il frizzore che sentiva ad ogni stoccata si erano andati sommando l'uno all'altro in un exploit di appagamento e frustrazione mischiati assieme.
E dovette accorgersene Levi, forse dopo l'ennesimo guizzo del suo cazzo o forse per qualche goccia di sperma che aveva già iniziato a colargli dalla punta ignorata.
Arrestò le frustate di colpo, squadrandolo ancora coni suoi occhi di ghiaccio che ardevano come braci incandescenti.
"Come osi sporcare il mio pavimento?!" Trasalì mangiandosi le parole tanto era scocciato. Eren ansimò forte per l'ennesima volta e temette davvero di non avere scampo. Si sentiva eccitato da impazzire, stimolato fino alla pazzia e di questo passo, se non l'avesse fatto venire nel giro di qualche minuto, Levi avrebbe dovuto punirlo per qualcosa di più concreto che qualche goccia di liquido sul pavimento.
Lo vide aggirarlo, andargli alle spalle e slegare il nodo che teneva fermi i suoi polsi. Eren ansimò di piacere e portò finalmente le braccia in avanti per dare un po' di tregua ai suoi muscoli ormai rigidi. Ma una mano, grande e forte, si abbatté sulla sua nuca come la scure di un boia. Lo trascinò con sé per tutto il vuoto che lo separava dal pavimento e infine Eren andò ad impattare proprio con la guancia contro il legno chiaro del parquet.
Sostituì alla mano un piede e premette forte sulla sua cute schiacciandogli la guancia a terra a pochi millimetri dalla macchia di sperma.
Eren rimase confuso dal suo comportamento un po' infantile, ma decise di attendere e aspettare che cosa sarebbe mai accaduto.
E quando Levi dette l'ordine con quella sua voce roca e sexy che preannuncia una serata di sesso davvero fenomenale, Eren fu certo di essere finito in paradiso.
"Lecca." Gli disse serio ed Eren allungò la lingua per ripulire dal pavimento quelle due misere gocce di sperma.
Il suo stesso sapore sulla sua lingua era curiosamente familiare. Levi gli faceva spesso ripulire dove sporcava e Eren era piuttosto entusiasta di farlo.
Alzò gli occhi su di lui, ammirandolo dal basso e attendendo con pazienza un cenno di lusinga che purtroppo per lui non arrivò.
"Che hai da guardare, moccioso?" Gli chiese con voce sferzante, ma Eren sapeva benissimo che quella domanda altro non era che un rimprovero malcelato.
Piegato in quel modo, con le natiche aperte esposte e le gambe ancora intrappolate dalla corda, Eren sperò con tutto sé stesso di essere scopato lì, schiacciato a terra e umiliato ancora e ancora.
Ma Levi aveva ben altri piani. Si allontanò da lui liberando la guancia dalla suola elegante delle sue scarpe e si avvicinò invece al mobiletto degli alcolici, dove all'interno, un minifrigo faceva bella mostra di sé.
Levi vi estrasse qualcosa che a Eren dal rumore parve ghiaccio e poi tornò da lui con un ghigno sadico stampato sulle labbra. Molti sarebbero stati spaventati dalle sue espressioni, ma Eren le trovava estremamente eccitanti. Era un po' come giocare con il fuoco sperando di bruciarsi. E con Levi non si trattava di qualche bruciatura leggera, no, con lui erano ustioni belle e buone, di quelle che portano via la pelle e bruciano per mesi interi. Ma Levi era un buono sotto sotto e, dopo averlo lanciato fra le fiamme, poi era solito spalmare le creme sulle bruciature e prendersi cura di lui. E Eren aspettava trepidante proprio quel momento, quando Levi stanco e provato abbandonava l'armatura da guerriero e diventava umano.
Si sistemò alle sue spalle e Eren non fu più in grado di vederlo, ma l'idea che gli stesse guardando il culo esposto e aperto lo fece contrarre d'eccitazione.
"Se i tuoi colleghi vedessero quello che vedo io avrebbero molto da spettegolare." Lo informò e Eren tremò quasi di piacere. Levi era sempre estremamente descrittivo e crudele. Parlava molto durante il sesso, lo informava, gli diceva quello che pensava e non poneva più alcun filtro fra la sua bocca e il mondo esterno. E Eren era contento di sentirlo. No solo perché avesse una voce davvero bella, così roca e seriosa, ma perché gli sembrava di ascoltare il vero Levi, quello autentico e anche un po' burbero.
Poi lo sentì afferrargli una natica e aprirla verso l'esterno. Eren guaì come una cagna in calore pregustando l'allettante prospettiva di essere brutalmente penetrato.
Invece del cazzo duro e caldo di Levi, il suo pertugio voglioso fu deflorato da qualcosa di gelido, davvero molto freddo, che lo fece rabbrividire in un batter d'occhio.
E grande. Non era un cubetto di ghiaccio, nemmeno due o tre, quello che sentiva sembrava più una stalattite lunga e possente che s'infilava fra le she pieghe vogliose senza dargli tregua.
Gemette forte perché non aveva avuto alcun genere di preparazione e Levi sembrava volergli spaccare il culo a metà con quel coso gelido.
Il gemito divenne un urlo strozzato e infine, quando l'altro spinse l'oggetto fino in fondo con un'ultima spinta crudele, Eren gridò il suo dolore alla stanza silenziosa. Il dolore si mescolò all'eccitazione, l'eccitazione ad altra eccitazione, aspettativa, divenendo magicamente appagamento sensoriale.
Il suo cazzo dritto ebbe un'ultimo spasmo, più acuto, più forte e in un guizzo di ribellione sputò fuori tutto il suo piacere riversandolo sul pavimento immacolato di Levi.
"Quando ti avrei dato il permesso di venire?" Gli chiese in tono quasi retorico, cantilenante per certi versi e Eren riuscì solo a rispondere con un rantolo disperato in cerca d'aria per i suoi poveri polmoni.
La stessa mano di prima lo strattonò di nuovo per i capelli, stavolta tirandolo verso l'alto fino a farlo tornare in ginocchio. Eren strinse le natiche sentendole fremere per via di quell'intrusione gigantesca fra di esse.
Levi ghignò nel constatare il disastro sul suo prezioso pavimento, ma soprattutto per il cazzo di Eren sempre dritto e fiero che si ergeva fra le sue gambe come se neppure fosse venuto un attimo prima.
Il suo primo pensiero fu beata gioventù, ma il secondo fu una serie di azioni calibrate al fine di fargli pagare caro quell'affronto ingiustificabile.
"Sembra che il mio nuovo giocattolo non ti sia piaciuto abbastanza." Constatò con voce roca dritta sulla sua nuca e Eren chiuse gli occhi rabbrividendo all'istante.
Non solo Levi aveva un effetto distruttivo su di sé, sul suo corpo e la sua mente, ma quel benedetto bastardo era pure solito giocarci da buon sadico, portandolo al limite anche solo con una carezza.
E fu proprio quello che fece.
La mano sulla sua testa, arpionata ai suoi capelli, scese lenta in una carezza languida e peccaminosa. Gli lambì il collo, la spalla, lo sterno, il fianco e infine volò via staccandosi dal suo corpo solo per riapprodare sulla sommità umida e vogliosa e sensibile del suo uccello.
Eren guaì di nuovo, stringendo i pugni sulle sue cosce e lasciando fluire via le lacrime di quella tortura frustrante e appagante al tempo stesso.
Le dita di Levi si mossero dolci e soavi sulla sua cappella, carezzandone la punta sensibile con devozione e sfregando lievemente sull'apertura fino ad aprirla quel tanto che bastava per fargli sentire dolore.
Eren respirò più forte, più a lungo, conscio di quello che sarebbe successo a breve perché Levi ultimamente ne era ossessionato. L'altra mano, quella che aveva spinto quella stalattite su per il suo povero culo, si andò ad aggiungere all'altra brandendo un dilatatore simile ad uno spillone lungo e sottile come fosse stato una spada.
Le dita di Levi si mossero gentili su di lui, lubrificando il dilatatore con il suo stesso sperma e lasciandolo scivolare dentro al suo cazzo come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Eren si costrinse a restare immobile nel mentre quell'aggeggio maledetto gli scivolò dentro praticamente per inerzia fino a metà. Fece un respiro profondo e si preparò alla mano di Levi che, veloce e precisa, glielo spinse dentro fino in fondo e lo chiuse assicurandolo con un gancetto intorno alla sua cappella. Eren strillò dal dolore come ogni volta e il suo cazzo si dimenò contorcendosi per il bruciore intenso e il piacere scaturitovi di conseguenza.
Gettò lo sguardo in basso, giusto per dare un'occhiata alla museruola che teneva ingabbiata la sua cappella e Levi parve accorgersene perché gli sorrise piano all'orecchio sussurrandogli quanto gli piacesse vederlo in quel modo, rosso e gonfio, senza possibilità di fuga.
Eren arrossì di conseguenza, ma non disse niente. Che altro poteva dire?
Ci pensò Levi a farlo parlare, spingendo il dildo nel suo culo più in profondità.
Eren gemette un misto di dolore e piacere, mentre i suoi occhi lacrimavano senza sosta. Si accartocciò su sé stesso dopo la seconda spinta, donandogli le natiche slabbrate come un trofeo appena conquistato e senza vergogna alcuna per quella posizione.
Levi grugnì qualcosa che l'altro non riuscì a comprendere prima di estrarre quasi del tutto quel dildo freddo e rinfilarglielo dentro senza un attimo di tregua.
Eren gridò. Levi sorrise di soddisfazione nel vederlo contorcersi su sé stesso come un verme. Gli scopò il culo per minuti interi, implacabile e intransigente come il sadico che era.
Volle attendere il momento giusto, quello propizio, come un sacerdote attende le stelle giuste nella volta celeste per compiere un sacrificio.
E Levi riconobbe quel momento arrivare da lontanissimo. I segnali vi erano tutti. Inequivocabili.
Eren iniziò a tremare così forte che le gambe non riuscivano nemmeno più a reggerlo. La testa reclinata all'indietro alla stregua di un posseduto sul punto di spezzarsi l'osso del collo e la sua voce più simile al rantolo di un moribondo.
Ghignò quando quella voce si plasmò per pronunciare le sole parole che lo avrebbero soddisfatto del tutto.
"Ti prego..." e si beò del loro suono soave, si unse di quelle parole, ci cadde dentro immergendocisi fino al collo e andò anche sotto con la testa perché, dopotutto, perché limitarsi?
Ringhiò forte in risposta, acciuffandolo di nuovo per i capelli e riportandolo in ginocchio con la schiena contro il suo petto mentre con la mano non aveva ancora smesso di estrarre e reinserire il dildo dal suo pertugio.
Con l'altra mano invece giunse sul davanti, armeggiando velocemente con la chiusura di quel dilatatore che aveva incendiato le sue più fervide fantasia, e liberando il cazzo di Eren dalla sua costrizione.
L'altro venne subito, per la seconda volta, mentre estraeva lo spillone dalla sua uretra con un unico, fluido, movimento.
E a quel punto Levi fu soddisfatto vedendolo diventare l'ombra di sé stesso, stanco e provato, pallido e distrutto come un fantasma.
Lo spinse a terra di nuovo e tolse il dildo dal suo culo. Eren guaì ancora prima di voltarsi per guardare che cosa effettivamente avesse scaturito il suo piacere.
Un fallo enorme di vetro dal diametro mostruoso svettava fra le mani di Levi che non riuscivano a circondarlo per intero. Un secondo soltanto la sua mente corse a preoccuparsi per il suo culo, per quanto dovesse essere ridotto male, così slabbrato e aperto, se era riuscito a prendere un cazzo finto di quelle dimensioni.
I suoi occhi seguirono i movimenti di Levi finché quell'arma di distruzione di culi non fu sul pavimento e a quel punto si concesse di rivolgerglisi – solo dopo averlo visto disarmato - con tutto lo stupore che aveva per lui.
"Mi hai ficcato quel coso nel culo senza prepararmi?!"
Levi ghignò in risposta, un sorriso talmente storto da somigliare al ringhio di una fiera.
"Ero di pessimo umore." Si giustificò l'altro alzando le spalle mentre si sbottonava i pantaloni eleganti rivelando l'erezione prorompente al di sotto di essi.
Eren gli sorrise complice, quasi sereno mentre pronunciava la sua risposta.
"Potrei vendicarmi lasciandoti così insoddisfatto." Lanciò la sfida e Levi la raccolse con entrambe le mani congiunte a coppa.
Prese il frustino abbandonato alle sue spalle e d'improvviso sferzò la natica sinistra di Eren con il cuoio.
L'altro guizzò gemendo forte appena l'ondata di dolore mutò in piacere.
"Mi hai già fatto incazzare, non so se riuscirò a tollerare tutta questa tua insolenza." Lo ammonì rispedendolo al proprio posto, in ginocchio sotto di lui a compiacerlo.
E in effetti fu proprio quello che successe. Levi si alzò in piedi disponendosi dinanzi ad un Eren inginocchiato e gli ficcò l'uccello in gola senza troppe cerimonie.
Eren lo assecondò accogliendolo nella bocca, schiudendo le labbra come la corolla di un fiore e inglobandolo fino in fondo, fino alla gola dove Levi affondò spezzandogli il fiato.
Calde lacrime scesero dai suoi occhi per la stimolazione eccessiva sulla sua faringe, ma nemmeno per un momento gli venne l'intenzione di spostarsi. Non mentre Levi gli scopava la bocca affondandoci dentro con stoccate di bacino sempre più fonde. Non mentre Levi godeva prendendosi tutto di sé, tutto quello che ancora Eren non gli aveva concesso e allora Levi glielo strappava via, non mentre la sua bocca accoglieva quel cazzo duro e bollente ma tanto agognato, non mentre perfino il suo respiro veniva meno. Ma a chi importa di soffocare quando si ha lo spettacolo in anteprima dell'estasi sul volto di Levi?
E l'altro venne in un tempo piuttosto breve per i suoi precedenti, tirandosi fuori dalla sua bocca proprio a metà orgasmo e insozzandogli le labbra, il mento e la guancia destra.
Il restante sperma, Eren lo ingoiò senza problemi, sorridendogli soddisfatto poi come un bambino conscio di aver fatto qualcosa di buono.
Levi si chinò allora alla sua altezza e gli stampò un bacio veloce su quelle labbra peccaminose che meritavano di essere celebrate in quel momento.
Gli sorrise ad un palmo dal naso e poi aggiungere con un filo di voce "Hai fatto un casino assurdo, quando torno voglio trovare tutto pulito." Prima di alzarsi e girare i tacchi.
"Perché dove vai?" Gli venne naturale uggiolare con una punta di malcelata lagna.
"A rimediare all'altro bel casino che hai fatto cambiando specializzazione."
"Ma le voci..."
"Non me ne potrebbe fregare di meno di quello che dicono gli idioti dei tuoi colleghi, Eren" e lo disse fermandosi un momento e voltandosi per guardarlo in faccia mentre si sistemava la patta dei pantaloni. A Eren mancò quasi il fiato, ma cercò comunque di dissimulare perché era dannatamente imbarazzante che quanto gli piacesse affiorasse dalle sue guance ogni volta che si guardavano un po' più a lungo.
"Ma la dottores-..."
"Hanji se ne farà una ragione, non rinuncio al mio specializzando migliore per qualche pettegolezzo." Lo disse inasprendo la voce, piuttosto irritato e Eren capì quanto avesse sbagliato a non parlargli delle voci e quant'altro. Invece che cercare insieme una soluzione, aveva preso e agito da solo con un bel colpo di testa dritto nei denti dell'avversario, incurante che fosse un bel fallo da espulsione. Eppure non riusciva a pentirsene per niente, non se Levi, incazzato come non mai, rientrava in casa e lo scopava facendogli perfino dimenticare il suo stesso nome.
La porta di casa venne chiusa con un brusco strattone e il rumore si espanse per tutta la casa ormai silenziosa.
Eren sbuffò fra sé e sé guardando il macello di sperma a terra fra le sue gambe. In alcuni punti aveva già iniziato a seccare incrostandosi, e nonostante l'idea di grattare via dal pavimento dello sperma secco, Eren non riuscì comunque a perdere quel sorriso idiota che gli era nato sulle labbra appena Levi aveva finito di parlare.
Lo considerava il suo specializzando migliore. Non glielo aveva mai detto, anzi non gli aveva mai fatto nemmeno un complimento e, ci avrebbe scommesso qualsiasi cosa, quello appena pronunciato gli era sfuggito di bocca per sbaglio come un segreto che doveva restare tale.
Il sorriso scemo sulle sue labbra si ampliò. Avevano un sacco di segreti loro. La loro relazione non era propriamente la più lecita, consona e benvoluta dalla società. E le inclinazioni che aveva preso grazie alle loro preferenze sessuali era ancora più complicata e scabrosa. Se con chiunque avesse potuto avere un pasticcino ripieno di crema, dolce e tenero tanto da far ballare le sue papille gustative, Eren aveva scelto di tuffarsi nella salsa piccate di prima mattina, gustandola con peperoncini infuocati. Rischiavano grosso, entrambi. Ma avevano scelto di continuare su quel percorso scosceso anche se sarebbero precipitati insieme e non era forse quella la relazione più bella del mondo? Quando si ha tutto da perdere e poco da guardare ma si resta comunque uniti?
E poteva pensarci quante volte volesse, arrovellarcisi il cervello a più non posso, ma era innegabile che avrebbe comunque scelto Levi. Sempre.
Quindi che senso aveva avuto agire per sotterfugi, facendo tutto di testa propria, abbassando i propri voti quel tanto che bastava per giustificare il suo cambio di specializzazione? Nessuno, appunto.
La sua voglia di proteggere quel loro insieme era stata più prorompente di qualunque altra necessità e, una volta incontrata la sua stupidità, avevano finito per compiere il misfatto insieme a braccetto come buone amiche.
Si sentiva un perfetto coglione in quel momento, sul pavimento ormai troppo freddo e scomodo, inerme, mentre Levi era in ospedale a rimediare alle sue cazzate.
Bel lavoro. Davvero. Non era la prima volta che per cercare di risolvere qualcosa finiva per peggiorarla, ma stavolta sentiva il giogo stretto sul collo fin quasi a mozzargli il respiro. Perché poteva fingere quanto volesse, ma la neurochirurgia era la sua passione, la sua strada. Si era sentito completo nel momento esatto in cui, anni prima, aveva tenuto in mano un cervello umano per la prima volta e quella sensazione non era diminuita nemmeno un pochino da allora.
Ma era pronto a rinunciare a tutto per Levi. Era pronto a cambiare specializzazione come si cambia una maglietta pur di continuare a stare con lui, a bearsi ogni giorno dei suoi occhi grigi e severi come nuvole che promettono pioggia.
Fece per alzarsi dimenticandosi per un momento di avere le caviglie legate, ma ci pensò la gravità a ricordarglielo, quando l'equilibrio venne meno e Eren ricadde dritto con la faccia proprio sulla chiazza di sperma sul pavimento.
Fantastico.



Il fatto che fossero le otto e mezza passate non doveva essere un problema. Non un problema grosso quantomeno. Levi faceva spesso tardi per cena e Eren non se ne stupiva più di tanto. Aveva imparato piuttosto velocemente ad adeguarsi e mangiare da solo quando sapeva che era a lavoro.
Il fatto era che si trovasse da Erwin, nel suo ufficio, a discutere di quel bel casino che aveva fatto lui cambiando specializzazione perché troppo codardo per avere le palle di affrontare il problema insieme a Levi e non piuttosto ad operare qualcuno, gli creava un certo non so che di ansia. Non troppo per il problema in sé che lui stesso aveva causato quanto perché la risoluzione di quest'ultimo doveva passare proprio attraverso Erwin – collega e ex amante di Levi.
Non aveva mai osato chiedere com'erano andate le cose fra loro – o come stessero davvero – aveva preso per buona la notizia che tanto non stavano più insieme e tanti saluti mondo.
Però diventava incredibilmente nervoso quando si trattava di lui. Temeva in un ritorno di fiamma da quando aveva scoperto che erano stati insieme, ma non aveva il coraggio di esternare questa sua paura per timore di allontanare Levi da sé.
Inutile negarlo, la differenza di età era un bell'ostacolo per loro. Per Eren quantomeno. Cercava di trascorrere le giornate in serenità, ma spesso si ritrovava a fare i conti con un mondo che gli era totalmente estraneo. E poco importava che Levi avesse scelto lui e continuasse a sceglierlo ogni giorno. Vederlo allontanarsi scocciato era fra le sue più nitide e probabili paure.
Dunque, confessargli di essere geloso di Erwin non avrebbe solo anticipato una sua possibile scoglionatura? Dopotutto le sue insicurezze derivavano proprio dalla differenza di età, cosa che con Erwin non aveva mai avuto... e confessargli di essere insicuro riguardo ad una cosa così banale, non era un po' infantile?
Per questo aveva taciuto. Questo argomento come tanti altri, primo fra tutti – nonché più attuale – quello dei pettegolezzi.
Aveva deciso di risolvere la cosa da solo perché, dopotutto, a Levi non doveva niente ed era un adulto in grado di risolvere la questione con le sue stesse mani.
Gran bella cazzata.
Ma il discorso era un altro, più insidioso e contorno di quanto gli sarebbe piaciuto ammettere. Il fatto era che ci aveva pure pensato, di dirlo a Levi, ma alla fine aveva optato per il voler sbrigare da solo il lavoro prendendo sotto gamba una situazione delicata già di per sé e sradicandola completamente come avrebbe fatto con una vecchia pianta rinsecchita.
L'idea di non disturbarlo gli era venuta dopo – molto dopo, così almeno avrebbe avuto la coscienza in pace per aver trovato una sorta di scusa.
La verità era ben altra appunto. Il perché dietro alle sue azioni era una spirale di devastante delirio che aveva toccato il suo culmine appena aveva eluso e deciso di ignorare le motivazioni che muovevano i fili delle sue azioni.
E forse perché alla fine era tutto irrimediabilmente imbarazzante o forse perché non era ancora sceso a patti con la realtà nuda e cruda che Levi gli piaceva un casino. Levi gli piaceva da matti. Si era innamorato di Levi e nemmeno se ne era accorto e l'idea di vederlo allontanare era una devastante certezza che si abbatteva sulle sue giornate come la scure di un boia.
Sommato al nervosismo di un ritorno di fiamma, ecco che Eren non faceva altro che vivere d'angoscia e fare una marea di cazzate una dopo l'altra.
Alla fine, pensandoci bene, era finito per farlo allontanare lui stesso con quell'ultima trovata.
Complimenti. Bel lavoro.
La chiave nella serratura scattò improvvisa e Eren balzò in piedi come se fosse appena stato punto da una vespa.
Attese di vederlo comparire in cucina con un ghigno talmente irritato che lo avrebbe inchiodato sul posto, ma nulla di ciò accadde e Levi fece il suo ingresso in cucina con gli occhiali inforcati sul naso e l'espressione stanca.
Lo scrutò confuso per un minuto buono e infine decise di parlare.
"Che ci fai ancora sveglio?" Quelle parole lo presero in contropiede, così Eren alzò lo sguardo sull'orologio leggendovi le una di notte.
Wow, aveva atteso pazientemente come un cane il ritorno del suo padrone. Si poteva essere più patetici? O più dipendenti? Ai posteri l'ardua sentenza.
"Ti aspettavo." Rispose alzando le spalle con normalità, come se non avesse passato tutte quelle ore ad arrovellarsi lo stomaco con una miriade di seghe mentali.
"Ci ho messo un sacco perché la tua domanda era già stata inoltrata alla segreteria dell'università e Hanji aveva già accettato di prenderti come specializzando." Spiegò brevemente tralasciando i particolari: le chiamate ad Hanji che non rispondeva al telefono praticamente mai e l'università che continuava a non volerlo aiutare perché ormai quel che è fatto è fatto.
"Mi dispiace di aver creato tutti questi problemi..." uggiolò piano, come il miagolio di un gattino, mentre si voltava verso il frigo cercando qualcosa da fare che non fosse farsi logorare dal senso di colpa.
"L'importante è che si è risolto tutto." Concluse l'altro andandogli vicino e iniziando a trafficare con dei contenitori di plastica.
Eren lo guardò per un secondo e quando capì che Levi stava riponendo la cena in frigo, una domanda gli sorse spontanea dalle labbra.
"Non ceni?"
"Mi sono fermato a mangiare qualcosa con Erwin." Udendo quelle parole, l'intera figura di Eren tremò come un budino durante un terremoto. E una domanda gli nacque spontanea e crudele proprio come le altre mille con le quali si era torturato fino al suo ritorno: perché proprio con lui?
"Stai bene? Sei pallido."
"S-sto bene." Rispose troppo sbrigativo e incerto per non destare sospetti e infatti Levi corse a dissipare ogni dubbio.
"Ti trema la voce quando menti." Gli fece notare acciuffandolo per un braccio giusto un attimo prima che Eren se la desse a gambe.
"N-non è vero!" Lo smentì, ma la sua voce tremula e quel sopracciglio inarcato di Levi erano la smentita delle sue stesse parole.
"Ero in ansia per te." Più o meno. Non era una menzogna ma nemmeno una bugia, piuttosto una mezza verità.
"Avrei dovuto avvisare che facevo tardi, scusa." Eren si lasciò scivolare addosso quelle parole come un balsamo per le sue ferite. Lasciò che lambissero il suo orgoglio, il suo carattere ammaccato e che lo coccolassero come avrebbe tanto voluto. Come ne sentiva la necessità da un po' di tempo a quella parte.
E forse il turbinio di emozioni che sentiva era troppo da sopportare in quel momento, forse era solo tanto stanco di sentirsi sempre sul filo del rasoio o semplicemente era tutto davvero troppo. Fatto sta che iniziò a piangere piano come un bambino, dando un bel calcio a quel divario fra loro che sentiva e ampliandolo anche di più.
"Eren?" Lo chiamò allarmato Levi, perché Eren che piangeva era una cosa strana quanto inusuale. O meglio, non era un evento poi così raro, ma Eren piangeva solo di frustrazione o quando la rabbia diventava solo troppa per potersi sfogare. Vederlo piangere come un bambino, per niente apparentemente, gli strinse il cuore in una morsa crudele.
"Perché proprio lui?" Voleva soffocarle quelle parole, voleva ingoiarle e non vomitarle mai più, ma ormai avevano vinto loro, avevano premuto quel tanto che bastava per vincere la strenua difesa delle sue labbra.
"Chi?" Chiese Levi confuso aggrottando le sopracciglia.
"Erwin." Specificò l'altro tirando su con il naso.
"Perché proprio il tuo ex?"
"Sei geloso?"
"Da morire!" Glielo sputò in faccia quasi urlando, sentendosi immensamente più leggero attimo dopo attimo.
"Siete stati insieme e continuate a frequentarvi come se nulla fosse e questa cosa mi manda ai pazzi!"
"Eren."
"Oltretutto resti spesso con lui, dopo il lavoro, e mi escludi sempre quando si tratta di voi due, come se aveste un qualche segreto del cazzo!"
"Eren!" Lo chiamò alzando la voce non mascherando una punta di rimprovero per quello sproloquio usato.
"Erwin è un buon amico e basta. Siamo stati insieme ed è finita, quella relazione me la sono lasciato alle spalle. Ora sei te che voglio." Spiegò risoluto Levi, stringendogli la mano sul polso con più enfasi e Eren si ritrovò a tirare su con il naso ancora una volta incapace però di guardarlo negli occhi.
Ecco, perché adesso se ne usciva con quella dichiarazione proprio quando lui ne aveva bisogno? Non valeva così.
"Eppure sei rimasto con lui."
"Perché mi ha parlato delle voci fra gli specializzandi." Gettò la bomba e attese che Eren fosse abbastanza curioso da venire a vedere la miccia. Non tardò molto infatti prima che i suoi occhi verdi bellissimi si specchiassero nei suoi già pronti a ghermirli.
"Non erano riferite a noi, ma ad Erwin e Armin."
"Cosa? Armin?"
"Stanno insieme da qualche mese, solo che sono stati visti da alcuni specializzandi." Spiegò lesto, lasciando all'altro il compito di vergognarsi per le sue sciocche insicurezze.
"Mi spieghi perché ti preoccupi? Cosa dovrebbe mai succedere fra noi che mi spinga fra le braccia di un mio ex?!"
Eren strattonò il braccio e lo liberò dalla presa dell'altro, ma Levi fu previdente e giunse ad un palmo dal suo naso intrappolandolo contro il tavolo.
"Allora?" Lo incalzò e Eren sospirò stremato la sua resa.
"Spesso penso che ti manchi stare con qualcuno della tua età." Gettò la spugna esausto, sentendosi infinitamente piccolo e insignificante fra le sue braccia.
Levi gli sorrise bonario ad un palmo dalle labbra e poggiò la fronte contro quella del ragazzo in modo tenero e affettuoso.
Inspirò il profumo dei suoi capelli e della sua pelle e poi gli schioccò un bacio leggero a fior di labbra.
"Sorvolerò sul fatto che mi hai appena dato del vecchio." Iniziò e Eren rise debolmente senza rendersi conto di risultare più infantile di quel che già era.
"Non mi interessa avere un rapporto con un tizio qualunque della mia età quando posso avere te." Confessò docile, ammorbidendo la voce e carezzando quelle parole con la lingua, infondendovi all'interno tutti i suoi sentimenti.
Eren gli circondò il collo con le braccia e lo strinse a sé piano. Era il suo modo di scusarsi quando aveva finito le parole e non aveva più modo di replicare.
"Comunque le tue insicurezze sono legittime, avresti dovuto parlarmene." Gli fece notare Levi e Eren annuì piano pensando che sì, avrebbe davvero dovuto parlargliene a suo tempo, quando la gelosia aveva iniziato a corroderlo, quando i suoi dubbi erano diventati insormontabili. Ecco, se magari avesse avuto il buon senso di farlo, forse sarebbe rimasto tranquillo non appena aveva udito quei pettegolezzi negli spogliatoi e non sarebbe invece andato totalmente nel panico iniziando la sequenza di cazzate che lo avevano condotto fino a quel momento.
Anche se non riusciva a pensare di aver sbagliato completamente se Levi lo stringeva a sé in quel modo così dolce come se avesse potuto proteggerlo da tutti i mali del mondo.

Quella notte nel letto, in mezzo a loro, Eren non sentì il solito muro insormontabile, ma bensì una distesa d'erba rigogliosa, un prato fiorito che profumava di speranza e futuro.

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