Carolina era una bambina sola. Non aveva sorelle né fratelli.
Aveva però una gatta rossa che si chiamava Marilù e un'amica che si chiamava Betta.
La sua casa con terrazza era di fronte alla casa con terrazza di Betta. Così loro si parlavano da una terrazza all'altra.
«Che fai oggi, Betta?»
Chiese un giorno Carolina dalla terrazza.
«Vado al fiume con mia sorella Rita.»
Betta aveva tre fratelli e tre sorelle e di queste Rita era la maggiore.
«Andiamo a cercare l'oro dei briganti.» Rispose Betta.
«Posso venire anch'io a cercare l'oro dei briganti ?»
Volle sapere Carolina.
«Domando a Rita.»
Disse Betta, tornando in casa.
Poco dopo uscì di nuovo sulla terrazza e rispose:
«Si, puoi venire ha detto Rita.
Ti aspetto sulla scala.»
L'appartamento di Betta, insieme a quello di sua zia Lucia, era stato costruito sul garage e su un'antica stalla dello stabile. Una scala di mattoni rossi portava a livello degli appartamenti.
«Può venire anche Marilù?» Domandò ancora Carolina.
«Non lo so,» disse Betta,
«forse si perde se viene.»
«Ma no! È una gatta brava.» Rispose Carolina.
«Allora la puoi portare.» Concluse Betta.
Così Carolina, Betta e Rita cammina, cammina arrivarono al fiume.
Appena arrivate, Carolina batté le mani per la gioia. Il fiume era grande quanto suo padre. L'acqua era verde pallido, come gli occhi di sua madre e il sole giallo e splendente come i suoi capelli. Disse subito:
«Andiamo!»
«No!» Rispose Betta.
«Non vedi quanto è forte?
Ci annega!»
«Tocchiamo l'acqua,» continuò Carolina, «se è calda andiamo,
se è fredda restiamo.»
Rita era rimasta silenziosa fino a quel momento, ma toccò l'acqua per prima e disse:
«È calda! Forse possiamo andare. Papà ha detto che se camminiamo e camminiamo,
troviamo che il fiume diventa piccolo e basso e lì passiamo dall'altra parte e andiamo alle grotte dei briganti e cerchiamo il tesoro, ha detto papà.
E quando l'abbiamo trovato,
lui ci viene a prendere e ci porta pane e marmellata.»
«Che bello! Andiamo a cercare subito il fiume piccolo.»
Urlò Carolina.
Così le tre bambine si misero in cammino e finalmente trovarono, che il fiume si era ristretto e l'acqua era così bassa che arrivava solo alle caviglie ed era così limpida da poter veder i pesci, che ad ogni loro passo fuggivano in tutte le direzioni.
Attraversarono il fiume. Arrivate sull'altra sponda, siccome erano un po' stanche, si sedettero a riposare.
Rita guardava lontano, Betta si sdraiò, Carolina affondò le mani nella sabbia.
«È come la cipria della mamma!» Disse entusiasta. Marilù sulla riva del fiume, si limitava a tenere d'occhio i pesci, che avrebbe tanto voluto mangiare, ma la paura dell'acqua la tratteneva dal piombare loro addosso.
Dopo un po' Rita disse: «Andiamo a cercare le caverne dei briganti, se no, papà non sarà contento.»
Così le tre bambine si alzarono e lasciando il fiume alle spalle, andarono verso la collina.
Ne vedevano in alto solo la sua parte rotonda.
I piedi della collina erano coperti da alberi, cespugli ed erba e di tanto in tanto dalla vegetazione spuntavano delle mura non tanto alte, ma tanto vecchie.
«Rita, che sono?»
Domandò Betta, indicando le mura.
«Papà ha detto che sono le mura dei giardini.»
«Ah! E i giardini dove sono?» Chiese interessata Betta.
A me la mamma ha detto,che i giardini sono gli alberi, i fiori e l'erba.» Si intromise Carolina.
«Anche a me,» aggiunse Rita,
«allora sono questi i giardini.» Concluse, ma poi continuò dicendo:
«Mamma, mi ha raccontato che il tesoro dei briganti è una catena d'oro, ma grossa quanto Marilù. I briganti, che stavano nelle caverne, ci appendevano la pentola sul fuoco per fare la polenta. Questo mi ha detto mamma. E io ho detto:
"Allora un giorno andiamo a cercarla così diventiamo ricchi!"
Mamma si è messa a ridere e dopo scuoteva la testa. Io però c'ho pensato tutta la notte e la mattina l'ho raccontato a Betta e a papà e io e Betta abbiamo deciso di venire qua a cercare e papà ha detto sì, ma non dovevamo venire quel giorno, ma il giorno dopo, che è oggi. Perciò ora cerchiamo le caverne dei briganti e anche il tesoro.»
Così dicendo ripresero a camminare tra le piante verso la collina. Ad un tratto davanti a loro si alzò una parete a picco tanto alta e larga, che non ne vedevano la fine e giù in basso si aprivano dei buchi. Le bimbe si avvicinarono ed entrarono in uno di essi. La caverna che trovarono all'interno aveva un pavimento ricoperto di sabbia dorata e morbida, che la faceva sembrare un lettone. Le pareti erano anch'esse di sabbia, ma dura e a toccarle era come passare la mano sul velluto.
Le bambine dalla prima grotta attraverso un cunicolo, uscirono in un'altra caverna e poi in altri cunicoli e in altre caverne qualche volta più grandi, qualche volta più piccole della prima, ma sempre avevano il pavimento di morbida sabbia, su cui si misero a fare capriole, come sul grande letto dei genitori. Nelle pareti c'erano delle nicchie e qua e là dalla sabbia del pavimento spuntavano degli orci di tutte le dimensioni.
Marilù, che aveva seguito le bambine un po' camminando e un po' in braccio a ognuna di loro, arrivata nelle caverne sembrò impazzire. Correva dappertutto sollevando mulinelli di sabbia.Tendeva agguati agli orci e vi ci si nascondeva.
Fu così che Carolina perse di vista Marilù e cominciò a cercarla. Guardò nelle nicchie, nei cumuli di sabbia e anche negli orci. Guardò in tutti quelli che trovò e alla fine nel più piccolo di essi sentì un miagolio disperato: Marilù era rimasta incastrata nell'orcio e non riusciva ad uscirne.
Carolina era molto triste, non sapeva che fare per aiutare Marilù e Betta e Rita, anche loro erano tristi.
Si fermarono a pensare a Marilù, non sapendo cosa fare, quando Carolina disse:
«Sapete che è successo un giorno alla mamma?
Che si mise a cuocere le lenticchie in un orcetto come questi, vicino al fuoco del camino. Quando le lenticchie erano cotte, prese l'orcetto per il manico e questo era così caldo, ma così caldo, che la mamma fece cadere l'orcetto. L'orcetto si spaccò e tutte le lenticchie cadevano a terra e io e papà ridevamo. Mamma era arrabbiata. Se facciamo anche noi che l'orcio di Marilù scotta, lo prendiamo per il manico e lo facciamo cadere, il pentolino si spacca e Marilù esce fuori.»
«Si, si, si!»
Approvarono felici le altre due lasciando cadere l'orcio, ma l'orcio non si spaccò.
«E ora?» Esclamò Rita.
Si misero a piangere insieme.
Infine Rita smise di piangere e il suo piccolo viso si illuminò.
«Ma tua madre il pentolino l'ha rotto sul pavimento! Non lo dobbiamo rompere sulla sabbia, ma su un sasso!»
Fece notare Rita.
Uscirono di corsa dalle caverne.
«Presto, presto!»
Gridava, piangendo Carolina. Fuori dalle caverne trovarono un masso grande. Portarono là sopra l'orcio con il gatto che ormai miagolava piano, piano. Gettarono l'orcio sopra il masso. Ci fu un gran rumore, ma dall'orcio rotto uscì Marilù, che con un balzo saltò in braccio a Carolina, aggrappandosi a lei terrorizzata. Dopo tutto quello spavento, ritornò a poco a poco la calma. Le due bambine più piccole si sedettero a riposare e voleva farlo anche Rita, ma essendo più alta delle altre due poteva vedere bene ciò che era rimasto sul masso e qualcosa attirò la sua attenzione.
Si avvicinò e frugando tra i cocci trovò un sacchetto azzurro. Lo apri e ne verso' il contenuto sul masso. Rotolarono fuori tre oggetti luccicanti: un anello con pietra rossa, un braccialetto con pietra verde e un braccialetto con pietra azzurra.
«Carolina, Betta, venite,venite!» Gridò Rita.
Le bambine accorsero e quale non fu la loro grande meraviglia (come si dice in tutte le favole che si rispettino)nel vedere quei meravigliosi ornamenti.
Erano felici.
«È il tesoro dei briganti!»
Si dissero a vicenda, restando a guardare a bocca spalancata. Erano così intente, che non sentirono nemmeno dei rumori che provenivano dal fiume.
Poi però le bambine si voltarono verso l'argine e videro i loro papà e le loro mamme venire verso di loro, attraversando il fiume con il somarello dei genitori di Betta e Rita. Era pomeriggio inoltrato, ma il sole voleva restare ancora con Carolina, Betta e Rita e i loro papà e le loro mamme e naturalmente anche con Marilù e l'asinello. Così le mamme presero i cesti della merenda, stesero sulla sabbia una bella tovaglia a quadri rossi e tirarono fuori salame, pane, marmellata e un'anguria rossa,rossa. Apparvero anche delle bottiglie di succo di lamponi per le bambine e di succo d'uva per i grandi.
Appena seduti mangiarono tutti di gusto, anche Marilù, che finalmente poté avventarsi sul pesce, portato per lei dalla mamma di Carolina.
L'asinello invece di muso nel sacco della biada non prestava attenzione a nessuno.
«Mamma, papà, abbiamo trovato il tesoro dei briganti! Rita, fai vedere il sacchetto.»
Disse Carolina appena riusci a smettere per un po' di mangiare.
«Davvero?»
Dissero i genitori,mentre i due papà si davano di gomito.
Tutti si chinarono a guardare i tre luccicanti oggetti sparpagliati sulla tovaglia.
«Che tesoro di tesoro!»
Dissero le mamme. E i papà: «Chissà quanto valgono queste cose!»
Poi tutti scoppiarono a ridere. Marilù riprese a rotolarsi nella sabbia, ormai dimentica dei pesci del fiume. L'asinello, che si chiamava Cesare, si mise a ragliare partecipe della contentezza generale.
«Ma come mai,» si chiede chi racconta la favola e che assistette di nascosto a tutto ciò che accadde, «i due papà si dettero di gomito?»
Quando tutti insieme tornarono a casa, Cesare fu portato nella sua stalla e Marilù nella sua cuccia. Le bambine felici ma stanche andarono nei loro lettini e ognuna di loro ormai quasi dormendo, disse al papà e alla mamma:
«Grazie.»
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CAROLINA E IL TESORO DEI BRIGANTI
Short StoryÈ la favola di una bambina,che con le sue amiche attraversa un fiume per conquistare un tesoro.