~ through sound ~

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I polpastrelli, ormai incalliti, raschiavano violentemente contro l'acciaio delle corde che, pizzicate, tremavano producendo suoni gravi. Il piede destro, fasciato in un paio di sneakers, batteva il tempo con istintiva potenza sul tappetto di un viola scuro. La luce dei neon colorati, appesi lungo i bordi della camera, donava l'atmosfera di un nightclub. Le pareti rimbombavano ormai pregne delle note del basso che, dall'amplificatore nell'angusta stanza, si riversavano come melma dalle fessure lungo il corridoio in comune.

Chiuse gli occhi mentre una goccia di sudore le rigava il viso. Non le importavano affatto le condizioni in cui versava: i capelli scompigliati appiccicati al volto, i vestiti sudati e sgualciti, il trucco sbaffato. Niente aveva senso in quel momento se non la musica assordante che la circondava e che le faceva agitare il corpo in modo violento e scoordinato.

Il suono che segnava l'arrivo dell'ascensore al piano suonò e appena varcata la soglia la 1A si ritrovò immersa in quel mare di note. Tutti si guardarono tra loro sconvolti nel constatare che provenisse tutto da una sola stanza. Pietrificati, si interrogarono silenziosamente sul da farsi senza sapere come agire.

La situazione statica che si era andata a creare venne interrotta però da Bakugo che, percorrendo a grandi falcate il corridoio, raggiunse la porta incriminata.

Si fermò un attimo ad osservarla con il pugno sospeso, la potenza di quelle note pareva quasi scompigliargli i capelli. Furono solo una manciata di secondi ma bastarono al biondo per comprendere la situazione a pieno. Chiuse gli occhi sospirando prima di terminare il gesto che aveva interrotto a metà. Bussò con la solita aggressività che tanto lo caratterizzava.

-ORECCHIE MA TI SEI IMPAZZITA? ABBASSA QUESTA MALEDETTA MUSICA –

Urlò a squarcia gola, un po' per farsi sentire un po' per pura e semplice abitudine.

Non ricevendo alcuna risposta bussò di nuovo con i palmi scoppiettanti, ma anche questa volta non venne degnato di attenzioni. Lo fece ancora imprecando ad alta voce e per tutta risposta il volume aumentò.

Kyoka, infatti, nonostante fosse al centro di quel vortice, aveva udito il compagno fuori dalla porta inveirle contro ma non voleva ascoltarlo. Quello era il suo momento, non poteva permettersi di interrompere o anche solo di abbassare. Aveva come la ridicola impressione che se l'avesse fatto tutto quel dolore che ora le sgorgava attraverso le dita sanguinanti potesse tornare a stagnarlesi al centro del petto.

Scusami Bakugo ma fa troppo male.

Pregò invano che il biondo lasciasse perdere e se ne andasse.

Solo altri cinque minuti di libertà.

Era questo quello che pensava mentre continuava a pizzicare con sempre più forza quelle quattro corde.

La voce del compagno però non cessava e l'impressione che la magia potesse finire da un momento all'altro la spaventò così tanto da portarla istintivamente all'amplificatore. Con un rapido movimento girò la rotella del volume e riprese a suonare, scuotendo la testa come a poter così allontanare la realtà.

So che uscita da qui probabilmente mi farai esplodere ma ne ho bisogno. Non tutti siamo fortunati come te.

Pensando questo saltellò sul posto ingoiando il groppo che le si era andato a creare in gola.

Bakugo grugnì a quell'evidente segnale di ribellione e si allontanò da quella stanza con un cipiglio arrabbiato in volto. Con le mani in tasca e la solita postura scomposta fece ritorno verso la massa di comparse che, nel frattempo, erano rimaste vicino all'ascensore a guardare tutta la scena stupiti.

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