E' una giornata uggiosa, la coltre di nubi investe l'intera città mentre la pioggia solca le strade e picchietta sulla finestra della mia stanza. Il meteo è in perfetta armonia con la calamità naturale che mi porto dentro. Ho un terremoto alla bocca dello stomaco, trema tutto e non so quando si fermerà. Sbatte tutto dentro al mio cuore: porte, finestre, suppellettili. Prego invano affinché ci sia una fine. Il mio viso è terreno fertile per le lacrime che accrescono minuto dopo minuto. Sono così incastrata tra i sensi di colpa e la vita vera, talmente tanto ingarbugliata che non riesco ad intravedere un bagliore di luce. I pensieri si attorcigliano nella mia mente con il solo obiettivo di mettermi al tappeto, vogliono farmi impazzire. Vogliono punirmi. Nel bel mezzo di tutto questo dolore, ho ferito l'unica persona che in vita mia non ha mai preteso nulla da me. Una persona che non mi ha mai caricato sulle spalle il peso dei sensi di colpa o responsabilità. Ho sfigurato il cuore di qualcuno che, fino ad oggi, si è permesso soltanto di amarmi. Ho respinto il suo tocco, le sue parole gentili...Il suo amore. Sono stata egoista, non ho minimamente pensato come stesse Barış o che cosa stesse attraversando in quei momenti. Sono stata sorda al suo grido d'amore. Gli ho puntato addosso un coltello con un manico forgiato di mille promesse infrante e parole velenose. E lui...Lui ha incassato il colpo. Tre giorni senza contatto, non risponde alle mie chiamate tantomeno alle mie mail. Me lo meritavo e in parte stavo pagando il prezzo del mio egoismo. Era giusto così. Avrei voluto perdermi in quegli occhi blu oceano, tuffarmici dentro per raggiungere il fondale e riemergere per respirare a pieni polmoni. Avevo bisogno delle sue braccia attorno alle mie, le stesse che ho respinto pochi giorni fa. Così decisi di chiamare Savas nella vana speranza di ottenere qualche informazione in più.
Beep. Beep. Beep.
''Halo, Zeynep!'' rispose.
''Halo Savaş, nasilsin?'' domandai frettolosamente.
''Yiyim. Sen?''
''Ben de. Per farla breve ti sto chiamando perché Baris non risponde da giorni ai miei intenti di communicarmi con lui. Potresti dirgli che vorrei incontrarlo?'' una delle mie ultime speranze. Speravo accettasse.
''Zeynepcim, anche volendo non potrei. Barış si trova a Londra al momento, è partito per un meeting lavorativo!'
La sua voce era ansiosa, forse cercava invano di addolcirmi la pillola. Avrebbe preferito non dirmelo. Silenzio. Panico. Buio.
Se n'era andato. Era partito ed io non ne sapevo niente. Sarà partito per evadere da questa realtà? Da me? Si era stancato veramente? Le lacrime cominciarono a solcare nuovamente il mio viso. Sentivo tutto il dolore, la disperazione e la paura. Avevo paura di aver rotto un qualcosa che non poteva essere riaggiustata. Le parole hanno un peso e noi ce ne accorgiamo sempre troppo tardi. Con le parole si possono costruite imponenti muraglie con uno schiocco di dita. Abbatterle costa una vita intera e a volte, quelle mura, nonostante i svariati tentativi, non verranno mai più rase al suolo. Barış era avvezzo a questo, quando lo conobbi le aveva ben salde. Con il tempo l'amore le aveva erose...E ora? Speravo che non fossero impenetrabili, speravo potessero accogliermi un'ultima volta.
Scendo al piano di sotto, indosso un abbigliamento comodo: pantaloni e una felpa beige. Niente di appariscente, non ne avevo bisogno. Volevo soltanto stare tra le mura di casa. Trovo la tavola apparecchiata per il pranzo e un odore gradevole mi guida verso la cucina, dove mi appoggio allo stipite della porta mentre osservo Sultan abla che controlla la cottura del brodo. Mamma Sakine pela patate e Mamma Nermin lava le verdure. Ridono, si scambiano consigli di vita, si prendono bonariamente in giro...Si amano. Sono così belle nel loro nuovo equilibrio e dinanzi a questo quadro idilliaco, il cuore pare alleggerirsi un poco. Dopo qualche minuti si accorsero della mia presenza.
''Kizim, vuoi una spremuta d'arancia?'' si preoccupò Sultan Abla. Le mie madri osservarono soltanto. So che nelle loro teste albergavano un'infinità di punti interrogativi, tuttavia non avevo la forza di discutere. Sapevo che erano deluse.