Dora Genesio è un nome d'arte, gli hanno spiegato, e da allora Nino ha capito che l'arte deve essere un modo dove i cristiani vengono ribattezzati d nascono due volte. Nome nuovo, acconciuatura nuova, pensa Nino, non più capelli neri della mamma sciolti a grattarle le spalle, loberi e scompigliati se il vento ci urla dentro, ma con l'onda sul davanti, bombati, tenuti su la sera da un bigodino grosso e spinoso, adatto per dare la caccia ai topi. Da quando sono tornati in Sicilia la mamma hha cambiato nome, ha cambiato faccia e ha cambiato notti. A Londra anche se dice "yes"e si faceva chiamare "mummy" era più siciliana di adesso, richiudeva i grodsi seni in un'ingabbiatura di uccelli e gli silibava le favole dritto in faccia, piantandogli il fiato sugli occhi e costringendo a guardarci dentro. Diceva che così anche Nino avrebbe capito. Che le parole è solo questi di vederle muovere tra i denti. O di afferrarle nell'attimo stesso in cui nascono dalla gola. Donna Sarina dice che è tornata perché Londra non c'era più casa, non c'era uomo e non c'era lavoro. Nino glielo ha letto sulla bocca ma non ha fatto una piega, perché donna Sarina non smetta di parlottare in sua presenza credendo di non essere capita. Ma lui, Nino, legge le labbra. E legge gli occhi. E le mani che si stropicciano o le gambe che tremano. Legge tutto, Nino, e il corpo è per lui un immenso libro che spiega, che dice. Che rivela. Legge sotto le gonne che donna Sarina porta ancora grosse, nere, alle caviglie. E sul mozzicone di sigaretta che il bigliettaio succhia come una menta. Legge sugli attori che adesso passano accanto senza accorgersi di lui, e tra le scene delle quinte che vibrano spifferi introvabili, forse cacciati fuori dall'inferno. Legge anche quando gli altri tacciono, e qualunque linga usino. Inglese o non inglese, Nino sa che sopravvivere è forse come stare su quella nave che lo ha riportato in Sicilia senza preavviso. Che galleggia adattandosi a tutto, alla marea, all'onda, ai vortici e alla bonaccia. Dondolava, la nave, e lui e la mamma vi erano scivolati dentro con quattro cartoni stipati di vestiti e tenuti con lo spago. Si erano sistemati nella cabina del reparto femminile senza salire sul ponte a salutare l'Inghilterra. Nino le aveva visti rotolare dall'occhio una goccia che la rigava sbavando comd una lumaca. Dall'oblò, frattanto, veniva salire un rollìo di lavatura di piatti o schiuma da bucato. Sopo qualche minuto Portsmouth non si vedeva più. Le lacrime della mamma, invece, brillavano nel cuore della stiva.
Forse la mamma piangeva perché a Londra camminava su Ganton street col pastrano giallo e gli stivali, l'ombrello nel cesto della spesa, il mento alto a sfilare tra la nebbia, come in un sogno. Nino se la ricorda, Londra. Non poteva sentire i rombi dei cantieri, ma sapeva che erano a galleggiare sulle loro teste. E non notava mai il marciapiede mezzo dissestato dai bombardamenti, le signore con i carrozzini dei neonati, i lord intabarrati in bombette lucide e giornale sotto il braccio. No. Lui, Nino, guardava in alto, dove piroettavano gru e mattoni, dove squadre di muratori rimediavano al dissesto della guerra e dove la guerra, per Nino, si era a malapena posata. Cone i sogni della mamma. Ma bastava tornare nell'East End con trotto scalpicciante, bastava seguire i tacchetti lesti della mamma che rincassava sempre con apprensione, perché Nino si ricordasse della guerra. Nell'East End bande di ragazzini tracagnitti e anneriti di fuliggine occupavano i negozi dei vecchi merciai, sei venditori di avanza stoffa, dei commercianti il filo. Se qualcuno di loror aveva fortuna, si rivolgeva in stacchi di pezzd sfuggute ai bombardamenti, si riuniva in crocchi attorno al fuoco, si inventava un tana lì, dove i pochi sarti rimasti avevano levato le tende e si erano rifugiati svelti in Newburgh street, Beak street, Kingly street. La mamma non li sa dire i nomi delle strade e Nino le leggeva le labbra tosse di belletto cge incespicano, cge invece di dire "street" dicono "stretto", e che invece di sussurars "milord", arruffano un "millòn" che pare una vua di mezzo tra un "milione" e "carillon".
(da pagina 14 a pagina 20)
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Effatà di Simona Lo Iacono
General FictionNino è figlio di un'attrice del teatro Luna di Siracusa e passa il suo tempo fra la pensione di donna Sarina, dove alloggiani da quando hanno lasciato l'Inghilterra, e il palco su cui la madre prova ogni giorno. È sordomuto, ma è un bambino sveglio...