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Ricordo ancora quando amici e parenti da piccolo mi chiedevano di te, "Ma quel tuo amichetto quest'anno non arriva?". Non so se era giusto definirti amico, dopotutto ti vedevo solo tre mesi all'anno (solo per l'estate e poi d'inverno scomparivamo entrambi) il che andava a nostro sfavore, visto che nè io e nè te facevamo parte della vita dell'altro, della vita reale, concreta. Da piccolo non mi sono mai posto questi problemi -di come definirti intendo-, ora sì, perchè forse col passare del tempo si perde quell'ingenuità infantile e si inizia a dare più peso alle cose, anche quelle futili.

Non so se adesso posso considerarti il mio amichetto del cuore come ti consideravo a 6 anni, Louis. A quel tempo tutti ci invidiavano per il bellissimo rapporto che avevamo, lo vedevo nei bambini del villaggio che volevano un amichetto del cuore solo per copiarci.

Tu sei più grande di me, Lou, di circa due anni no? Quindi ho sempre pensato di essere per te il "bambino da proteggere dai bulli", credevo che stessi con me per pietà, ma non mi dispiaceva. Era così bello stare con te Lou, mi sentivo sempre protetto, spensierato e sapevo per certo che non mi sarebbe successo nulla.

Mi ricordo ancora che tu arrivavi ogni anno lo stesso giorno, il 17 di giugno. Che fosse lunedì, domenica, giovedì, tu e la tua numerosa famiglia arrivavate ogni anno il 17 giugno e puntualmente, per le 16:05, correvi sotto casa mia, gridavi il mio nome e andavamo sul lungomare.

A 14 anni credo che qualcosa nel nostro rapporto sia cambiato, o forse ero io che mi sono accorto di qualcosa che tu probabilmente avevi già notato. Il 17 di quell'anno, del 2008, alle 17:30 non eri ancora arrivato. Ricordo che andai da mia madre, quasi sul punto di piangere, e le raccontai del tuo ritardo. Mi rassegnai subito e andai a piangere in camera mia. Non capivo il perchè di quel pianto. Mi mancavi? Non lo so, o meglio, all'ora non lo sapevo ora sì. Verso le 19, mentre leggevo, sentii delle pietre schiantarsi contro la mia finestra, mi affacciai. Eri tu.

"LOUIS!" quasi gridai e tu mi dicesti sussurrando di non fare rumore.

"Come stai?" mi chiedesti subito. Ero indeciso se dirti la verità -ovvero che avevo pianto per le ultime due ore perchè non arrivavi- o dirti che

"sì sto bene e tu?". Optai ovviamente per la seconda e tu risposi che era tutto okay. Dopo una breve pausa di silenzio parlasti

"Haz, vuoi scendere così facciamo una passeggiata? Ti devo raccontare un mucchio di cose!". Non esitai molto prima di risponderti

"sì, mi vesto e arrivo".

Perciò gridai a mia madre che sarei uscito, scesi da te e tu mi abbracciasti. Non capì perché lo avessi fatto, Louis, e non mi spiegai neanche il motivo per cui tremavo anche se faceva caldo. Ancora oggi credo e spero che tu non te ne sia accorto. Quella sera passeggiammo per il villaggio a parlare del più e del meno. Mi raccontasti della tua prima volta e di quanto ti abbia fatto schifo, del fatto che avevi lasciato la scuola, che avevi imparato a suonare la chitarra e ti scusasti del ritardo di quel giorno con testuali parole

"Harold lo so che hai pianto fino ad ora perchè non mi hai visto arrivare. In mia discolpa stavo aiutando papà a mettere a posto. Però Harry, la prossima volta che piangi per me non farmelo notare altrimenti mi sento in colpa" dicesti col tuo solito modo di fare che amo e odio,

"Non ho pianto per te, testa di cazzo" ti tirai un pugnetto. Era così ovvio Lou? Dimmelo, ero così ovvio e scontato? Si vedevano davvero i segni delle lacrime e gli occhi erano ancora rossi e gonfi oppure hai tirato a caso solo per stuzzicarmi?

"Va bene Haz, lasciami pensare che hai davvero pianto per me"

"Come sei odioso ed egocentrico!"

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𝘤𝘩𝘦𝘳𝘳𝘺 𝘵𝘳𝘦𝘦🌿// 𝘓𝘢𝘳𝘳𝘺 𝘚𝘵𝘺𝘭𝘪𝘯𝘴𝘰𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora