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Fissare il soffitto la mattina prima di alzarmi, sdraiata ancora al calduccio tra le lenzuola, con i piccoli raggi di luce che illuminano leggermente la stanza, colorando l'ambiente del nuovo giorno.

Credo che questa sarà un'abitudine che non taglierò mai dalla mia vita. Forse perché è l'unico momento in cui riesco a non pensare a nulla, in cui riesco a dirmi "dai, oggi andrà meglio, oggi finalmente le cose cambieranno". Poi invece quando oltrepasso quelle sgualcite porte della mia orribile scuola tutti quei buoni propositi e speranze spariscono.

Mi fa strano pensare che non molto tempo fa era la mia seconda casa; ora, è solo il mio più grande incubo. Spintoni e gambe invisibili (di persone che fanno poi finta di niente, come se non fossero stati loro) che mi si ficcano tra i piedi facendomi inciampare sono all'ordine del giorno, sono la normalità, così come sguardi pieni di odio e ribrezzo.

Non è sempre stato così, e aver avuto un assaggio della mia vita precedente è ancora più straziante, perché ora so cosa mi sto perdendo.

C'è stato un tempo in cui ero una ragazza normale. Carina, a modo, simpatica, solare, la tipica ragazza un po' noiosa della porta affianco. Avevo un mio gruppetto di amici, eravamo "quelli popolari" quindi non avevamo mai un momento di buca. Ogni sera un festino, o organizzato da noi o da altri, al quale ci divertivamo e sfasciavamo a bestia, mi sembrava di vivere in un film.

Ci volevamo bene, ero davvero convinta che la nostra amicizia sarebbe durata per sempre, che quelle che erano le mie migliori amiche sarebbero diventate le zie dei miei figli e viceversa; o almeno così credevo. Non ci hanno infatti di certo pensato due volte prima di voltarmi le spalle ed usarmi come capo espiatorio di una cosa che non avevo fatto.

Non sono passati molti mesi da quella notte, ma a me sembrano già anni. Ricordo però anche i minimi particolari come fosse successo appena poche ore fa, e credo li ricorderò per tutta la vita. Era sabato, e come ogni sabato che si rispetti, avevamo organizzato una festa, una di quelle che si vedono nei film adolescenziali con il Beer Pong, musica, pizza, obbligo o verità e alcool in quei bicchieri di plastica rossi. Quella sera avevamo pensato in grande, principalmente perché volevamo far colpo anche sulle matricole (per fargli capire subito chi eravamo e a chi dovevano dare retta).Così quella maledetta festa la organizzammo, molto intelligentemente, nell'aula magna della scuola, naturalmente dopo l'orario di chiusura. Molto illegale, insomma, ma non mi sembra infatti di aver detto che eravamo dei santi e infondo a noi non ce ne fregava un fico secco, bastava il divertimento assicurato.

Ci stavamo divertendo come dei matti, avevamo fatto conoscenza di tutti i nuovi arrivati e inaspettatamente non sembravano stupidi o mezzi addormentati; le matricole degli anni precedenti all'inizio non ci avevano fatto una bella impressione.

Le note di un lento iniziarono ad inondare la stanza e Colin, come ogni altra volta, mi strinse a se spingendomi poi al centro della pista per ballare insieme e scambiarci smancerie varie... insomma le solite cose smielate da innamorati.

A proposito, credevo veramente di essere innamorata, di aver finalmente trovato la persona giusta, dopo tutti quei fischi e pali che mi ero presa prima, ma anche questa volta mi sbagliavo.

Colin era arrivato in città solo da qualche mese all'ora, ma era riuscito ad integrarsi e a farsi voler bene da tutti sin dai primi giorni. "E' stato amore a prima vista" dicevano le persone che ci vedevano mano nella mano per i corridoi della scuola, o avvinghiati l'uno all'altro dietro gli angoli o nei sgabuzzini.

Così entrò presto a far parte del nostro gruppo diventando quasi il leader, a ripensarci ora mi vengono i brividi, ma all' ora aveva un'area così ipnotica che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa e noi l'avremmo seguito... io poi ho preso la mia strada, gli altri invece hanno deciso di rimanere suoi segugi.

Emrys: il mondo risorgenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora