respiri tramite sigarette, respiri affaticati quasi tenui che non riuscivano a smuovere nemmeno un fiorellino.
parlavo dell'ultima sigaretta come se l'astensione da essa provocasse una specie di agiatezza in me.
non è nemmeno dipendenza ma assuefazione, quella strana negligenza che la nicotina porge all'anima mia.
io che m'oblio additando le mie pene, i miei tormenti, la mia croce.
vorrei ben far tacere questa voce, quella che mi dice di accendere lo zippo e avvicinarlo alla mia bocca che tiene salda l'ultima paglia.
era l'ultima sigaretta, ricordo tutte le speme che l'accompagnarono.
mi sento sparire in quella nebbia di fumo in a iosa, mi sento sparare dal tiro del sigaro.
mentre osservo il vespro mi chiedo se è giusto riversare su di essa la colpa della mia incapacità, la colpa della mia noncuranza.
ne accendo un'altra concedendo alla mia intelligenza di prendere ciò detto prima, lasciandole la facoltà di attingere quel che perduto e me ne pento.
mi ripeti che è chimerico farmi lasciar prender dalla morte lenta con una boccata di fumo, me ne pento.
congedo la mia mente con un banale saluto, lascio che essa si prenda una pausa mentre io fumo ancora la mia ultima ed infinita sigaretta.