Aggiustai il colletto della camicia lisciandolo con le mani.
Vedevo il mio riflesso allo specchio come se fosse stato quello di qualcun altro.
Dovevo essere perfetto quella sera.
Le mie dita correvano attraverso i ricci sottili, scomposti. Il colore delle mie iridi era di una tonalità di verde più scura rispetto a quella mattina, macchiato un po' di rosso ai lati, ma nessuno ci avrebbe fatto caso perchè nessuno mi avrebbe guardato negli occhi.
Presi la giacca blu scura dal letto e la infilai velocemente, stando attento a non rovinare le cuciture. Si abbinava ai pantaloni e alla cravatta che avrei dovuto indossare di lì a poco, anche se proprio non ne avevo voglia, come al solito. Odiavo gli eventi importanti che mi costringevano in qualche tipo d'abito che non avrei potuto scegliere e soprattutto odiavo il fatto che da qualche mese non me ne importava più di cosa prima amassi o meno.
Faticavo a riconoscere me stesso.
Alcuni la chiamano crisi d'identità, ma penso sia un po' peggio di così. Io non riesco nemmeno a ricordare l'ultima volta in cui ho rivisto il ragazzino di sedici anni che mangiava cupcake e andava alle feste con gli amici. Io non sono più il ragazzino che canticchiava sotto la doccia, che scherzava e si divertiva in un pub qualsiasi. Quel ragazzo che faticavo a dimenticare e faticavo ancor di più a riportare in vita, era stato divorato dalla fama, dal business, dal successo e da lui.Era proprio dietro di me, a pochi passi, Louis Tomlinson, nel suo completo nero, con le vans che a lui permettevano di indossare e i capelli disordinati ad incorniciargli il viso. Quel viso che mi stava rovinando la vita.
-Ti aiuto a mettere la cravatta, ragazzo sexy?- mi chiese , con quella voce talmente bella che sembrava appartenesse ad un angelo. Non potei fare a meno di annuire alla vista degli occhi di cui ero follemente innamorato.
Ero caduto così in basso, così profondamente, che non riuscivo nemmeno più a parlare di fronte a lui. Non mi ero nemmeno accorto di amarlo finchè non era stato tanto evidente da non poterlo nascondere agli altri, figuriamoci a me stesso. Non sapevo se ero stato bravo a mascherarlo anche con lui o se l'avessi reso evidente e non sapevo nemmeno in quale tra le due opzioni sperare.
Io, che bravo non ero mai stato a niente, che mi sembravo sempre troppo poco, che le mie insicurezze dovevo sempre nasconderle sotto tappeti fatti di sorrisi a fossette perchè le sue erano più grandi e importanti. Per me.
-Sai, magari abbiamo un po' di tempo prima di andare.- Sapevo a cosa stesse alludendo con quel mezzo ghigno sul volto e divenne ancor più chiaro quando quel ragazzo basso di fronte a me si alzò sulle punte e cominciò a lasciare piccoli baci sulle guance, prima di baciare la mandibola, il collo, le clavicole. Il suo tocco leggero mi solleticava i fianchi già stretti in quella scomoda camicia e in quel momento giuro che non volevo altro, altro a parte lui, ma dovetti farlo smettere, allontanandolo brusco - Non ora Lou- e dirigendomi verso lo specchio per aggiustarmi un'ultima volta il colletto che aveva stropicciato.
- Senti Hazza...-provò a dire ma non glielo concessi. Lo zittii alzando una mano in aria.
- Dobbiamo andare-lo informai.
- Niall ci aspetta lì, Zayn e Liam vanno in macchina dall'aeroporto. Prendiamo la mia auto ?- mi chiese, ma già sapeva cosa stavo per dirgli, per questo abbassò lo sguardo e prese le chiavi dal comodino.
- Vado con la mia. Credo che accompagnerò anche Nick a casa, dopo, quindi è meglio così.-
Sperai, e questo fu il mio errore più grande.
Sperai di vederlo geloso, anche solo infastidito o dispiaciuto ma lui no, era sempre allegro, non gli importava.
Si sa, la speranza è l'ultima a morire e la prima ad abbandonarti ma rimasi deluso comunque quando con un sorriso disse che già, che forse era meglio, che avrebbe dovuto accompagnare Eleanor, dopo.
Il mio cuore smise di battere per qualche secondo, come ogni volta che sentivo le sue labbra pronunciare quel nome, ma non lo diedi a vedere, o forse lo feci ma lui non se ne accorse.
Non ci si accorge mai di ciò a cui non si dà importanza.
Lo vidi andarsene. Contai i suoi passi, sentii la porta aprirsi e chiudersi, perfino lo scricchiolio dell'ultimo gradino alla fine del porticato.
Non crollai, non potevo.
Semplicemente ignorai il respiro che si faceva mano a mano più pesante, ignorai gli occhi lucidi, presi telefono e chiavi e mi fiondai nella mia auto.
Chiamò Nick e mi disse che non c'era più bisogno lo passassi a prendere, così feci due giri a vuoto prima di fermare l'auto di fronte al locale dove si sarebbe tenuto l'evento.
Era una festa organizzata dalla BBC e non volevo proprio andarci ma i manager mi avevano praticamente costretto e Nick aveva continuato a dire, tutta la mattina e la sera prima, che sarebbe stata una festa grandiosa e che sarebbe stato fantastico andarci insieme, anche se non potevamo farci vedere come una coppia.
Già, una coppia, quando in realtà io non lo volevo.
E lo sapevo che gli stavo dando false speranze, che lo stavo illudendo, e potevo solo sentirmi male per questo ma dovevo accettare la realtà e guardare oltre.
Louis Tomlinson non mi avrebbe mai amato, Louis Tomlinson non si sarebbe mai dichiarato gay e così potevo solo andare avanti, sperando di averlo vicino il più possibile.
Perchè averlo in qualche modo era sempre meglio che non averlo affatto.
Anche solo un po' di lui, anche solo le briciole che mi dava, mi sarebbero bastate finchè fosse stato lui a darmele. Come il male che mi faceva, mi faceva bene, finchè fosse stato lui a farmelo.
Non ero completamente patetico, pensavo, perchè Louis aveva solo paura. Era spaventato dai pregiudizi della gente, dall'allontanamento delle fan, dal giudizio della famiglia, dai giornali di gossip. Doveva essere così, altrimenti non sarebbe tornato da me ogni sera. Diceva di non essere gay, di aver bisogno solo di qualcuno con cui condividere il letto, ma non condividevamo solo quello, la notte.
E allora quando facevamo l'amore per lui cos'era?
