2. Sei sicuro che sarai un campione?

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Zoe

«Ehi, bella, scendi con quelle chiappe sporche dalla mia macchina. Come osi poggiarle sul mio gioiellino?»

Scoppiai a ridere mentre Sally imitava una voce maschile e si comportava come un uomo. Era dal giorno prima che non smetteva di fare la scema, da quando le avevo detto della scusa che avevo usato con quel ragazzo, Andrew. Ero certa che comunque non se la fosse bevuta troppo, però era stato gentile a non continuare.

«Sei su un taxi, Sally. Non farmi fare figuracce.»

Avevo scritto a quel Jack appena mi ero svegliata la mattina successiva e mi aveva risposto dicendomi di andare a ritirare la macchina nel pomeriggio, così Sally si era presa due ore libere per accompagnarmi, per poi andare dritta a lavorare nella sua amata libreria.

Dopo essersi accostato, Sally pagò il tassista e mi raggiunse, così entrambe restammo a fissare l'entrata di 'quell'officina'. Sembrava più una discarica, con macchine parcheggiate dappertutto, anche accatastate pericolosamente tra di loro, con pneumatici in mezzo ai piedi, insieme a sportelli e altri pezzi di parti meccaniche che non ero in grado di riconoscere.

Sally sgranò gli occhi. «Guarda che moto!»

Seguii il suo sguardo e fischiai nel vedere una Ducati rossa fiammeggiante parcheggiata tra altre vetture rotte o malandate.

«Chi di voi è Zoe?»

Sia io che Sally ci voltammo verso la voce maschile e per poco non scoppiai a ridere quando riconobbi quel tizio. Sally lo conosceva e ci aveva discusso un giorno in libreria perché continuava a dire che lei sistemava i libri in modo sbagliato e che alcuni gialli in realtà erano horror e così via.

«Ma guarda chi si rivede.»

Mi era sembrato familiare quel nome, ma c'erano migliaia di 'Jack' a New York, eppure era proprio lui: Jack Anderson, giocatore in prima linea di basket alla NYU. «Sempre un piacere incontrarti» borbottò per poi concentrarsi su di me. «Vieni, la macchina è qui.»

Mentre lo seguivamo, Sally si guardò intorno e disse: «Sai, Jack, credo che quelle macchine non dovrebbero andare lì.»

Roteai gli occhi, ma non potei non trattenere un sorriso.

«Quella è troppo verde e rovina l'armonia. Dovresti metterla con le altre dello stesso colore.»

Alzai la mano e mi batté il cinque, scoppiando a ridere.

«Ridi pure, Fontana. Il mio orgoglio è troppo grande per essere scalfito da una che non sa vendere libri.»

«Disse l'analfabeta.»

Altro "batti cinque".

Se c'era bisogno di rispondere a muso duro su Sally si poteva contare al cento per cento. Ricordavo che il primo anno voleva aprire una propria agenzia, "Botta e Risposta Fontana", io le dissi che non avrei alzato un soldo per aiutarla. Sally era così: se non cambiavi atteggiamento da subito, partiva in quarta.

Jack mi condusse dalla mia bambina e fui così contenta di riavere la mia Toyota tra le mani. Certo, questa macchina non valeva milioni e non era nuova, ma io e Sally ce ne eravamo innamorate per via del prezzo che pagammo per comprarla.

Jack mi diede le chiavi e mi disse quello che aveva fatto, poi aggiunse che il suo amico Andrew si scusava e, in modo forzato, che era stato un piacere conoscermi.

Io, il piacere, non l'avevo avuto. Lo trovavo un ragazzo maleducato, soprattutto con Sally. Se fosse stata un'altra ragazza, molto probabilmente non avrebbe risposto a tono e le avrebbe distrutto l'autostima al lavoro. In più, non lo aiutava neppure la bellezza o un aspetto gradevole.

Puoi trovarmi a New York (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora