Capitolo 1

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C’era puzza di sangue.

Per qualche ragione che non riuscivo a spiegarmi, quell’odore mi era familiare. Era come annusare il profumo di una vecchia amante, i capelli appena lavati della propria figlia prima di portarla a scuola.

Questo, però, era un odore più forte, come limatura di ferro rimasticata sul fondo del palato.

Rispedii al mittente un conato di vomito e lo stomaco si rivoltò, come una creatura viva ormai staccata dal mio corpo.

C’era freddo e buio attorno a me. Ero rannicchiato in posizione fetale. Stringevo così forte le gambe al petto che le giunture cominciavano a lanciare lampi di dolore.

Dov’ero finito? E come ci ero arrivato?

Frugai dentro di me in cerca di risposte, ma trovai solo un gorgoglio amorfo di domande inabissate in una pozza di catrame buio come la notte.

Cercai di schiarirmi la vista. Una costellazione di luci pulsanti come un miliardo di soli mi danzavano davanti agli occhi. Strinsi le palpebre e quando le riaprii il contorno di un volto familiare si delineò davanti a me, come un’incisione di luce intagliata su un velo di velluto scuro.

Conoscevo quella persona.

«Ehi!» chiamai, ma al posto della mia solita voce uscì un rantolo che sapeva di polvere e sabbia rovente.

Mi mossi sui gomiti per raggiungere l’immagine mentre le tenebre si diradavano poco a poco. «Aiuto», chiamai ancora.

Ero debole e stanco e assetato, ma c’era un bisogno più profondo che reclamava, un bisogno di cui non avevo ancora piena cognizione, ma che strisciava sul fondo del mio cervello come un serpente. La sua pelle lucida e liscia rifletteva il bagliore del volto luminoso davanti a me.

«Fermati», dissi muovendomi sui gomiti.

Il pavimento era disseminato di cocci di vetri rotti e bossoli di proiettili. Sì, oltre al sangue c’era anche odore di polvere da sparo: certi profumi erano indissolubili, come amanti aggrovigliati sotto le coperte in una notte di tempesta.

Distesi la mano e afferrai qualcosa, il primo appiglio in un oceano di disperazione. Afferrai il bordo del lavandino e mi issai come un moribondo. Ero ferito.

Mi coprii gli occhi per proteggermi dai faretti disposti in circolo attorno allo specchio. Era quella la luce che mi aveva riportato indietro. Non un’apparizione mistica, né una guida angelica da seguire sulle scale del Paradiso. Solo luce elettrica. Era la storia della mia vita.

Mi chinai sul lavandino e aprii l’acqua. Era fresca e pulita. Forse l’unica vera fonte della giovinezza che zampillava nel cuore di una città morta.

La faccia tumefatta dall’altra parte dello specchio mi guardò con i suoi occhi logori e iniettati di sangue. Alzai la mano per toccarmi la guancia e l’immagine mi imitò. Seguiva i miei movimenti alla perfezione, eppure c’era qualcosa di sbagliato, una dissonanza che mi rimbombava nelle tempie con la forza di una bomba atomica.

Chi era l’uomo dall’altra parte dello specchio?

Se ero io, allora perché non mi riconoscevo?

Chi diavolo ero io?

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 07, 2015 ⏰

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