Entrata

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[ON]

Non son sicuro di aver attivato correttamente il dispositivo; ho seguito alla lettera ogni singolo passaggio, ma conoscendomi dovrò ripetere l'operazione.
Lettore Neurale eh? Beh... come ogni scettico non mi resterà che constatare la sua funzionalità io stesso, una volta tornato a casa; se tutto sarà scritto in un file di testo vorrà dire che l'Azienda non mentiva. Dovrà valerne la pena dal momento che una rete neurale artificiale, chiamata dai suoi creatori "rete neuromorfica", mi sta lentamente crescendo sulla superficie celebrale come un involucro perfettamente aderente che replica il sistema nervoso centrale in ogni sua parte; il tutto è collegato all'interno della calotta tramite una fibra a base di carbonio, inossidabile e a prova di rigetto da parte dell'organismo.
Pensare che lo studio alla base del Lettore Neurale, inizialmente, si proponeva di monitorare costantemente i sistemi che influivano sulla possibile comparsa di malattie neurologiche degenerative, suddividendo i vari impulsi sinaptici e cercando eventuali incongruenze e anomalie.
Era sicuramente qualcosa di nuovo e innovativo, ma negli anni si fece di più; le ricerche sul fronte medico continuarono ma, parallelamente, si iniziò a comprendere che tramite il dispositivo era possibile leggere il pensiero, andando a concentrarsi sulle funzioni dell'ippocampo.
Venne brevettato, approvato e realizzato il modello LN.01-2, ancora grezzo e collegato unicamente a sistemi di immagazzinamento dati dei centri di ricerca e sviluppo; il modello LN0.1-4X fu il primo in commercio, qualche anno fa, in grado di monitorare e registrare su un cloud le onde neurali per conoscere, in maniera rapida e alla portata di tutti, parametri come qualità del sonno e in parte le sensazioni provate nei sogni. Ad ora, con il modello LN.01-6 è possibile, o almeno così sembra, se tutti i passaggi di avviamento sono stati svolti correttamente, trascrivere i pensieri su un cloud di testo, nuova funzione implementata a quelle precedenti.
Controllerò appena arrivato a casa. Devo ricomprare il sale. Da quel giorno di tempo ne è passato, e ora mi ritrovo con una biotecnologia in testa. Buffo, visto e considerato che son sempre stato restio ad acquistare oggetti che favorissero il capitalismo; e ancora più buffo, dal momento che chiunque inizialmente non fu d'accordo sulla commercializzazione di un apparecchio che, a detta di molti, ledeva violentemente la privacy. Inspiegabilmente però, o forse no, le azioni salivano a dismisura, in pochi mesi la quotazione in borsa era quasi quintuplicata, e tutto ebbe una spinta ancora più violenta durante i saldi primaverili portando anche me a cedere.
Mi son ritrovato anch'io stretto in questa feroce morsa che non lascia scampo, che ti circonda ogni giorno, alla quale siamo tutti inevitabilmente condannati, a meno che non sia opinione comune boicott...

[OFF]

[ON]

Come sospettavo mi son ritrovato a svolgere tutti i passaggi per riaccendere il Lettore.
Probabilmente, come scritto sul manuale contenuto nella scatola, le prime accensioni non sono ancora abbastanza stabili da permettere un collegamento costante con l'ippocampo, ma sinceramente poco m'importa in questo momento: il caldo mi sta facendo girare la testa. Forse è per questo che si è scollegato il Lettore.
Ci sto pensando troppo.
Devo pensare a cercare una fontana e riempire la borraccia prima di arrivare allo zoo. Manca poco all'ingresso ma se non bevo prima di entrare rischio un colpo di cal...

[OFF]

[ON]

Ora dovrebbe funzionare di nuovo.
Sicuramente non è un dispositivo difettoso, ma di nuovo c'è stato un sovraccarico. Mi auguro che la stabilizzazione avvenga in poco tempo, mi son stufato di riaccendere il Lettore.
Perlomeno ho adocchiato una fontana ad un centinaio di metri da qui, lungo la via; meglio così, cercarla altrove sarebbe stato peggio.
Il caldo umido, più di prima, mi si attacca addosso, i vestiti passo dopo passo sembrano più pesanti a causa del sudore che ne impregna le fibre. E' come affogare: l'aria, ad ogni boccata, esce ma non rientra, riempiendo i polmoni di calore e nient'altro. Un caldo così aggressivo prima dell'effettivo arrivo dell'estate è conseguenza di un passato che non si è curato delle sorti dell'unica casa che abbiamo e che, a dispetto delle illusioni, è ancora oggi l'unica.
Mi son sempre domandato come sia stato possibile che, chi ha calpestato questo suolo prima di noi, non abbia avuto un minimo di autoconservazione, tutela. E' come se fosse mancato loro l'istinto di sopravvivenza intrinseco e indissolubile nello stato di natura di qualsiasi animale; sembra quasi fosse sparito a livello neurologico e biologico, paradossalmente come se la loro amigdala si fosse atrofizzata facendo scomparire ogni traccia di quella che banalmente viene definita paura, ma che ha un senso sicuramente più ampio.
Ho imparato che gli animali sono portati a gestire in maniere differenti il pericolo, in base alla loro stazza, all'ambiente, al pericolo di fronte il quale si trovano; tutti però accomunano le loro reazioni sotto la "regola delle tre F" : Fight, Fly or Freeze. Chi è in pericolo è portato a combattere, scappare o immobilizzarsi; tutto dipende dal temperamento del singolo individuo, e dalla paura suscitata dall'aggressore.
Sto esprimendo il tutto in senso minimalistico ovviamente, a causa del mio personale piacere di divagare ogni qualvolta io parli a me stesso, e nulla di più. Ecco, penso che questo sistema di autodifesa fosse scomparso in chi è venuto prima di noi, fondendosi inevitabilmente alla totale indifferenza ed alla rassegnazione per la loro sorte, per quella dei posteri e per quella del paradiso che stavano distruggendo.
C'è ancora vegetazione, che regolarmente svolge la sua funzione, ma è indubbiamente meno rispetto a quella che c'era in passato: il "Polmone del Mondo" è collassato, mangiato da un cancro inarrestabile e dalle sue metastasi, che si sono diramate ovunque. L'acqua, scendendo lungo l'esofago, è come se raffreddasse bollenti superfici di metallo producendo denso vapore. Quasi mi viene da tossire ma ne ingurgito il più possibile, come se non potessi più berne per le prossime ore; riempio la borraccia e riprendo il cammino.
Svoltato l'angolo in fondo alla via mi ritrovo finalmente di fronte i cancelli dello zoo: l'inaugurazione è avvenuta pochi giorni fa, ma nessuna testata giornalistica ha ancora rilasciato articoli riguardo le attrazioni all'interno.
Venendo qui mi son reso conto di conoscerne unicamente l'indirizzo e l'aspetto, avendo visto qualche foto panoramica durante la costruzione, prima che fossero portati gli animali al suo interno; da ciò che ricordo si presenta come un grande spazio costruito sul versante del monte, che declivia dolcemente verso il mare.
La zona che si apre oltre i cancelli è fitta di vegetazione di ogni sorta, dalla macchia mediterranea alla foresta tropicale, in punti specifici dell'area, intervallata da radure, boschetti, corsi d'acqua sovrastati da ponti in pietra o in legno e strade in terra battuta o in pietrisco che serpeggiano tra i vari settori di quello che a tutti gli effetti è considerabile un parco di grandissime dimensioni. Ho memoria, oltretutto, di una grossa sfera di vetro e metallo in mezzo all'acqua, a poche decine di metri dalla riva e raggiungibile tramite un larga banchina in legno bianco, ai tempi non ancora ultimata e sprovvista di parapetti e corrimano.
Ma dove hanno preso questa pietra?
Non sembra recente. E' quasi corrosa dal tempo.
Strano, lo zoo è stato inaugurato un mese fa. O di più? Non ricordo...
La signora alla biglietteria, dietro il vetro spesso e con un buco che permette di ritirare il biglietto e poggiare il polpastrello su un dispositivo per i pagamenti, è grassoccia e vestita di un sottile abito lungo e bianco; ai polsi porta pesanti bracciali e le sue mani, piene di rughe e macchie, terminano in lunghe unghie dipinte di un rosso che ricorda il mosto.
Sta grondando sudore nonostante l'ombra fresca della pietra.
Non c'è fila.
Chiedo un biglietto e la vecchia, nel consegnarmelo dopo averlo strappato da un rotolo cigolante mi sorride svogliata: ha i denti troppo bianchi, che spuntano dalle labbra cadenti.
La ringrazio con un cenno del capo, non scambiamo una parola.
Mi avvio all'interno superando i cancelli in ferro battuto fissi al grande arco, sulla cui chiave di volta è inciso, direttamente nella pietra, il simbolo della Prisma, l'azienda a capo del parco.
Una lunga scalinata, nella stessa pietra dell'ingresso, scende fino a un piazzale con una fontana, ad un centinaio di metri di distanza; lungo la scala si aprono dei sentieri, contrassegnati da cartelli, il primo a una decina di metri.
Mi giro verso l'arco, mi guardo intorno: possibile che non ci sia una mappa del parco?
Niente? Da nessuna parte?
Non c'è nemmeno un tavolino dal quale prendere una cartina che indichi i percorsi. Probabilmente c'è stato un ritardo con le stampe o qualcosa di simile.
Mi volto verso la scala, deciso a procedere verso la prima deviazione lungo la discesa.
L'aria è meno asfissiante, qui. Sarà grazie agli alberi che si accumulano, accatastati lungo il pendio; ormai è raro trovare zone così vaste ricoperte di chiome.
Scendendo noto un piccolo gruppetto di persone che procede verso di me; nessuno parla, nemmeno a bassa voce.
Tutti hanno la testa bassa, tranne uno: ha gli occhi sgranati, suda e trema forte, in maniera convulsa; sembra stravolto ed emotivamente a pezzi. Mi passano accanto, e mi rendo conto che sul viso dell'uomo, oltre al sudore, colano lacrime dense. Appena mi superano mi volto e qualcosa brilla sulla loro nuca: anche loro hanno il Lettore Neurale.
Scrollo la testa, riportando lo sguardo lungo la rampa fino all'imboccatura della traversa, priva di dislivello rispetto alla larga scala.
Noto un cartello alla mia destra, in metallo, sul quale è presente una sola parola incisa a laser: Erbivori.
Lo supero, e l'aria si rinfresca ulteriormente appena compio qualche passo all'interno del bosco che ora mi circonda; la particolarità risiede nel vasto assortimento di alberi: vi sono pini, salici, castagni, betulle ma anche alberi che mai prima ho visto, nemmeno sui libri di botanica di mia sorella.
Mia sorella, chissà come sta, non la sento da troppo...
Continuo a camminare, il sentiero in terra battuta è dritto e leggermente in salita; non si muove una foglia nonostante una leggera brezza sembra giungere dalla costa.
Dopo pochi minuti noto sulla destra una sorta di rientranza, come se il bosco si ritirasse lasciando spazio a qualcosa di brillante alla luce del sole a picco. Guidato dal riflesso di quello che sembra uno schermo mi avvicino, rendendomi conto che si tratta di una cupola in vetro, alta all'incirca quattro metri. Non distinguo nient'altro che i contorni di ciò che si trova all'interno.
La base della cupola sembra fasciata da una muratura che copre il perimetro, percorsa da tubi e collegata ad un pannello, targato Prisma, sul quale è posto un paio di occhiali dalle lenti nere, con accanto un piccolo pulsante bianco. Prendo in mano gli occhiali staccandoli dal pannello al quale sono agganciati tramite una sicura.
Un cavo, anch'esso nero, è assicurato agli occhiali e rientra nel pannello tramite un piccolo buco posto al di sotto della sicura .
Una voce inizia a parlare con voce gentile, dalle inflessioni metalliche: proviene dagli occhiali.

Benvenuti alla Gabbia E11-342Dv.
Per avviare il programma premere il pulsante e indossare il dispositivo unendo le estremità dietro la nuca.
Qualsiasi spettatore sprovvisto di dispositivo assisterà indirettamente premendo il pulsante presente sul pannello.
Buona visione.

Premo il pulsante bianco, sentendo la voce affermare: «Programma avviato».
Ora riesco a vedere chiaramente all'interno della cupola.
C'è un uomo sulla sessantina. Mi fissa con occhi spenti, immobile.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 16, 2023 ⏰

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