1. OLYMPIA

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Il corso del vero amore non è mai
andato liscio.

William Shakespeare.

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C'erano una volta due fratelli, il più piccolo con occhi d'ambra, il più grande con gli occhi di ghiaccio.

Purtroppo, questi due bambini non erano riusciti a crescere spensierati come tutti gli altri, c'erano dei mostri che li perseguitavano.

Nonostante cercassero di combattere e rimanere uniti, la sorte gli divise, costringendoli a continuare le loro battaglie separati.

Decisero che era più facile fuggire, incolpare l'altro del proprio destino. E funzionò, per un pò, ma era arrivato il tempo di tornare a riprendersi ciò che avevano lasciato indietro.

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Hailey

Cosa?

Avevo ripetuto quella parola per una decina di volte con lo sguardo fisso su quel foglio ingiallito. Nelle occasioni in cui avevo provato a tornare indietro con la memoria fino a quel giorno, uno dei ricordi che mi apparivano meno reali era quello di Susy e Brendon che mi scuotevano le spalle mentre scandivo per l'ennesima volta quelle quattro lettere. Un'immagine dall'alto, in bianco a nero, esattamente come mi ero sentita in quei mesi.

«Hailey...»

«Hailey!!»

«Cosa c'è?!»

«Rispondi!!»

Brendon mi strappò il foglio dalle mani tremolanti. Riuscì a fatica, perché nonostante il tremolio le mie dita serravano quel pezzo di carta.
Nella mente di Brendon quella scena doveva essere stampata ancora più vividamente.
Mi ero sollevata dal divano e, senza espressione, lo avevo raggiunto.
Tutte le settimane, i giorni, i minuti, i secondi trascorsi a mandare giù ogni emozione si erano accumulati e concentrati su Brendon.
«Perché lo hai fatto? È venuto in ospedale, è venuto da me! E tu e Troy lo avete mandato via? E avete avuto anche la faccia tosta di fare finta di nulla e mentirmi spudoratamente!! Mi avete lasciato pensare che fosse un mostro!»
«Lo è...»
«Non osare...» I miei pugni erano serrati, ero pronta a lanciarmi su di lui.
«Volevo dire, lo era... ma tutta la sua famiglia non è cambiata come ha fatto lui. Ero all'oscuro del ragionamento dietro alle sue azioni esattamente come te. Sapevo solo che saresti potuta morire in quell'incidente ed era colpa sua!»
«Tu lo sapevi?» Mi rivolsi a Susy.
Il suo sguardo non aveva bisogno di essere accompagnato da parole.
Non riuscii a sostenere un'altra bugia, mi riappropriai della lettera e me ne andai.
Non provarono a fermarmi.
Stavo letteralmente scappando, attraversai il bosco fino alla strada e mi trascinai per inerzia fino alla prima fermata dell'autobus. Il gesso non me lo aveva impedito, non provavo nulla di fisico, se non il fuoco. Risaliva dalle vene insieme al sangue appropriandosi di tutto il corpo, il cuore lo pompava ancora più in fretta fino alla testa. Mi scoppiava come non mai, ne sentivo ogni battito sulle tempie.
L'autobus aveva fatto tutto il giro prima di accostarsi alla fermata da me indicata.

Mi fiondai sul suo tesoro nascosto, pensai al fatto che le sue mani avevano fatto lo stesso mio percorso qualche giorno prima. Come descritto dalla lettera trovai un Mp3 bianco a cui si aggrovigliavano un paio di cuffie. Attaccato c'era un post-it: Ascoltami. Quando lo sollevai dal cassetto feci uscire allo scoperto due polaroid, un momento perfetto di noi due. Nonché l'anticipazione della fine. Vinnie aveva stampato le foto scattate sulla spiaggia, le tenni sotto gli occhi mentre il primo brano partiva. Riconobbi subito quelle note angeliche, una canzone privata in cui lui mi aveva dato la possibilità di entrare. Le mie guance iniziarono a bagnarsi.
Dentro quel piccolo oggetto c'era inserita tutta la nostra storia.

RAISED IN HELLDove le storie prendono vita. Scoprilo ora