Il momento giusto

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Era da poco iniziato il nuovo anno e nella sua camera in soffitta faceva molto freddo, Jasmine viveva in una larghissima camicia bianca che avvolgeva elegantemente tutte le sue insicurezze, non c'era nessuno lì con lei ma per sentirsi a suo agio davanti al grosso specchio posto accanto al letto necessitava di quel lungo strato il suo corpo, per lei come una seconda pelle.

Lo strato doveva rigorosamente coprire i segni del passato lungo le braccia, quella impercettibile ma troppo morbida pancia e quelle cosce, troppo sottili per la sua corporatura.

I capelli erano raccolti da una grande molletta che ne faceva fuoriuscire qualche ciocca e le pantofole grigie oscuravano le morbide calze di cotone che le erano state regalate per Natale da una zia che di lei conosceva solamente il nome.

Lei era in silenzio ma i suoi occhi neri gridavano aiuto, le sue gambe tremavano e le sue braccia cercavano un corpo in cui immergersi prima di perdere ogni fiducia negli uomini e nella felicità.

Jasmine era lì per preparare tutto l'occorrente, voleva essere organizzata per la prima e ultima volta della sua vita. Tremava, ma non percepiva più il freddo quell'esile corpo, tutto quel tremolio era dovuto dalla frenesia e dall'agitazione che si respirava tra quelle strettissime mura, così decise di aprile l'unica piccola finestra a disposizione per prendere una boccata di calore invernale.

Ora tutto era pronto ed in posizione, ogni oggetto era stato posizionato accuratamente secondo i suoi piani, lei non sapeva bene come funzionasse, aveva visto tutto solamente in qualche film, ma ora era lei la protagonista della scena più colma di terrore e suspense di questo film. Jasmine cercava di farsi forza tra un sospiro e l'altro ma sembrava tutto molto più complesso di quanto i film non facciano apparire.

Prima un piede e poi anche l'altro, si trovò così su quella sedia che avrebbe dovuto segnare il suo ultimo passo, ma in quei lunghissimi istanti la sua vita rallentava ed ogni secondo era lungo ed interminabile. La mente la ostacolava nel silenzio tra un respiro e l'altro, tutto ciò che la circondava la spingeva pesantemente su qualche piacevole ricordo, ma il corpo non voleva fermarsi, era stato così difficile raggiungere quel momento e quella preparazione mentale che ora non poteva e non voleva regredire. La mente però continuava e non si dava per vinta, pur di essere d'intralcio le proponeva continue immagini di serenità ma non era di certo sua quella vita che gli scorreva davanti: Una vita fatta di gioie, sorrisi, traguardi ed approvazione.

Davanti ai suoi occhi correvano momenti capaci di far sorridere più di tutte quelle fotografie che riempivano i vecchi album di famiglia ma a sorridere era sempre la persona più buona e vera che lei avesse mai conosciuto, sua mamma.

A lei andava ora ogni pensiero, il timore della sua tristezza, il terrore nel suo tremore, la colpevolezza della rabbia nelle sue urla ed un'accentuata disperazione che avrebbe spento quella magnifica curva sulle sue labbra per troppo tempo, o forse in eterno.

Una persona così dolce e straordinaria non meritava alcuna sofferenza, tanto meno se dovuta dalla vita che essa stessa aveva messo al mondo dandole tutto l'amore di cui aveva bisogno ed anche qualcosa di più. Sara ed è sempre stata la mamma ideale, quella che ogni bambina vorrebbe al suo fianco per essere aiutata con i compiti o con le ricerche per la scuola, così come per le corse in bici, le chiacchiere sui ragazzi più carini della scuola e per i momenti in cui solamente un abbraccio poteva ristabilire l'armonia nel suo cuore.

Sara era cresciuta in un piccolissimo paesino in cui aveva imparato il rispetto, il coraggio, l'amore e l'umiltà. Era sempre stata molto corteggiata in quel paesino, i suoi occhi blu non passavano di certo inosservati e seppur ricoperto da vecchi e usurati panni quel corpo nascondeva una inimitabile grazia ed eleganza. A scuola era la migliore della classe, sapeva sempre mettere d'accordo tutti e la sua amicizia era facile da ottenere così come la sua generosità. Anche se non era lei la figlia più grande, ella era comunque un punto di riferimento anche per sorelle maggiori ed era come un'amica ed una confidente per il fratellino più piccolo di lei di sei anni.

Non c'era un difetto in tutta quella perfezione se non l'uomo sbagliato che aveva scelto in matrimonio, un uomo freddo come l'inverno, pretenzioso e che mai accennava un sorriso. Stargli accanto non è mai stato facile per Jasmine, si volevano bene ma forse erano troppo simili per riuscire a capirlo, intorno a loro si insediavano enormi blocchi di ghiaccio che neppure la più calda estate sapeva come sciogliere.

Jasmine non credeva che lui potesse provare emozioni e tanto meno dispiacersi per la sua assenza, ma è proprio lui la persona a cui il suo cuore più si avvicinava.

Lui si chiamava Franco ed era l'unico figlio di una famiglia benestante, cresciuto nella disciplina e nell'ordine che lo avevano reso così impenetrabile dalle emozioni, o almeno questo era ciò che dava a vedere.

Di lui Jasmine non ha mai chiesto abbastanza ed abbastanza non ne ha mai neppure sentito parlare, pur vivendo nelle stesse mura da anni la loro conoscenza era molto ridotta ed il calore di un padre era ciò che Franco non era mai riuscito ad offrire. C'era molto di cui parlare ma era difficile farlo con uno specchio così fragile e delicato per Franco, eppure i suoi grandi occhi neri raccontavano una vita che celava difficoltà e malumori, erano gli occhi di un uomo stanco e sofferto, gli stessi occhi di Jasmine.

Non c'era nulla che non andava in loro e non c'era nulla che non andava in Jasmine, lei andava bene a scuola ed era amata dai professori, era in salute, carina e con molti ragazzi che le giravano assiduamente attorno, aveva delle buone amicizie con le quali condividere frivole situazioni giovanili ed uscite in discoteca, ma nessuno a cui raccontare il buio che la avvolgeva quando si trovava sola con il suo silenzio per minuti, ore e spesso anche giorni.

Quando veniva lasciata sola anche la stanza più luminosa iniziava a diventare sempre più cupa, i coloratissimi poster sui muri rappresentanti i suoi cantanti preferiti scomparivano lentamente così come ogni foto di famiglia sorridente, tutto l'arredamento diventava un contorno fuori fuoco ed al centro di ogni istante c'era il suo corpo immobile sul letto, il suo sguardo fisso sul vuoto ed una lacrima che scendeva lentamente fino al collo e poi scompariva.

In quegli istanti non aveva il controllo di se stessa e tantomeno del suo corpo, era una spettatrice della sua vita, delle sue azioni e dei suoi pensieri ai quali cercava di non regalare una folle vittoria.

Contava, contava più velocemente che poteva per non lasciar spazio a quei pensieri e quando contare non bastava cercava di ricoprire quei piccoli spiragli vuoti con l'immaginazione dando forma a quei numeri e cercando di ritrovare del colore tra tutto quel caos in bianco e nero .

Il colore tornava sempre ma questa volta era particolarmente difficile riuscire ad inserirlo in tutto l'atroce buio che la circondava.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 19, 2021 ⏰

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