Capitolo 2

26 2 0
                                    

Brandon

Sono passati tre giorni dal compleanno di Andrei. Sono riuscito a trovare il momento giusto per parlargli, e, per fortuna, lui sembra aver capito, anche se mi viene spontaneo chiedermi quanto durerà questa volta.
Raggiunta la sede di Vogue, trovo la mia ragazza ad aspettarmi di fronte all’ingresso.
«Buongiorno», mi saluta con un sorriso dolce, venendomi incontro.
Una volta di fronte a me, non esito un solo secondo prima di stringerla contro il mio corpo e baciarla.
«Buongiorno», ricambio contro la sua bocca. Per diversi minuti rimaniamo l’uno fra le braccia dell’altra; le labbra che non la smettono di mangiarsi e le lingue che si intrecciano con passione.
«Mmh…» mugolo, mentre controvoglia mi stacco da lei. «Se continuiamo così, credo che non sarò nelle condizioni di lavorare», le sussurro divertito.
Una risatina maliziosa lascia la bocca di Carol. «Stasera vengo da te…» mormora al mio orecchio, languida.
Trattengo un gemito. «Non vedo l’ora».
Dopo esserci ricomposti, entriamo nell’edificio. Lei mi accompagna nella stanza del servizio fotografico.
«Quindi… mi hai detto che sono sei modelli in tutto, giusto?» le chiedo.
«Sì, esatto. Dovresti riuscire tranquillamente a finire per le sei. Tanto si tratta di due o tre outfit a testa, così poi possiamo andare a casa insieme».
«Va benissimo», la saluto con l’ennesimo bacio.
Quando entro nella stanza, trovo già il direttore artistico e il resto dello staff.
«Oh, Brandon, ben arrivato!»
«Salve, Jacob. Come sta?» sorrido all’uomo sulla sessantina che seguirà il servizio.
«Bene, grazie. Tu?»
«Quando si tratta di far il mio lavoro, va sempre bene».
L’altro annuisce. «Ci vorrebbero più persone come te».
Mi mordo il labbro. Io e i complimenti non andiamo tanto d’accordo, così cambio discorso: «Vogliamo iniziare?»
«Certamente», conferma Jacob.

Continuo a scattare senza sosta. Sono nel mio mondo, e gli unici momenti di pausa sono stati per bere un po’ d’acqua o per mangiare qualcosa al volo. Solo verso le quattro, quando Jacob mi raggiunge, mi rendo conto di quanto sia stanco e affamato.
«Brandon, abbiamo un problema».
Mi passo una mano fra i capelli. «Ovvero?»
«Il modello che dovrebbe esserci ora, Christopher, si è sentito male e non è in grado di fare il servizio. Abbiamo chiamato la sua agenzia, e mi hanno detto che l’unico sostituto che può prendere il suo posto per altezza, corporatura e tutto il resto non può arrivare prima di un altro paio d’ore. Tu potresti rimanere?» chiede in tono quasi disperato. «Altrimenti dovresti tornare domani e fare le ultime foto con Chris, sempre che stia meglio».
«Domani sono fuori città per un matrimonio, quindi non riuscirei. Aspetterò l’altro modello». Non ho scelta.
«Grazie mille! Ovviamente ti pagheremo gli extra», mi rassicura Jacob.
Vorrei spiegargli che non è un problema di soldi, ma che vorrei solo tornare a casa con la mia ragazza, cenare e poi parlare fino a notte fonda, e non arrivare a casa chissà a che ora… Ma si tratta pur sempre di lavoro, e non posso fare altro.
«Non preoccuparti. Ma ho bisogno di una pausa, se possibile».
«Certo, fai pure. Nel frattempo avviso l’agenzia che può far venire Jayden».
Annuisco, sistemo la mia macchina fotografica nella custodia, prendo lo zainetto e lascio l’edificio per una boccata d’aria.
Passeggio senza una meta, mangiando il panino che mi sono portato per il pranzo e ne approfitto per rispondere ai messaggi che mi sono arrivati, avvisando anche Andrei dell’inconveniente giusto per sfogarmi. Poi mi soffermo a lungo nella chat di Carol. Preferirei andare nel suo ufficio per parlarle, ma ho paura di disturbarla. Mentre decido cosa fare, mi arriva una chiamata di Andrei e sospiro sollevato.
«Hey, bro», lo saluto.
«Hey. Mi dispiace per l’imprevisto, ma vedrai che questo Jayden non ti farà perdere troppo tempo», prova a tirarmi su di morale.
«Lo spero. Ho davvero bisogno di passare una serata con la mia ragazza», ammetto sconsolato, mentre mi siedo sul muretto che contorna il parcheggio.
«Immagino… ma non abbatterti. Sai benissimo che poi lavori male e perdi il doppio del tempo».
Sento il rumore di un book che viene lasciato cadere sulla scrivania e penso a quanto preferirei essere nel mio studio in questo momento, avere la certezza di staccare alle sei e poi andare a casa con Carol.
«Hai ragione». Quando sono nervoso non do mai il meglio di me.
«Su con la vita, Brad!» Sento altri rumori in sottofondo e mi chiedo cosa sta combinando.
«La fai facile tu…»
«E se ci prendessimo un weekend e andassimo da qualche parte? Così, giusto per staccare un po’», mi propone.
Sorrido all’idea. Da quando sono arrivato a Londra cinque anni fa, Andrei è diventato il fratello che non ho mai avuto, e, nonostante i suoi difetti, nessuno potrebbe mai sostituirlo.
L’ho conosciuto proprio lavorando per Vogue. Lui era lì da pochi mesi, mentre io avevo chiesto il trasferimento dalla sede di Milano a quella di Londra, ottenendolo abbastanza in fretta. Lavorare con Andrei è stato subito facile. Ci capiamo con un solo sguardo, ed è stato anche per questo che dopo un anno, visti i risparmi di entrambi, abbiamo deciso di fare un salto nel vuoto e aprire il nostro studio fotografico, l’Artistic Photo’s World, che ci sta dando infinite soddisfazioni.
«Siamo pieni di lavoro fino al collo», rispondo tristemente. «Non credo che riusciremmo a partire facilmente».
«E se assumessimo un assistente?» dice di punto in bianco. «Potrebbe darci una mano con lo studio e occuparsi di sistemare le foto, spedirle, eccetera… Che ne dici?»
«Ci avevo già pensato, ma ne riparliamo a quattr’occhi, okay?»
«Certo. Mi scrivi quando finisci così mi fai sapere com’è andata?» La sua premura nei miei confronti mi lascia sempre senza parole.
Sorrido, anche se non può vedermi. «Sì, ti scrivo dopo».
Andrei mi augura buon lavoro e poi attacca, lasciandomi solo con i miei dubbi.
Sono ancora sulla chat di Carol.
Scuoto la testa. Meglio affrontarla faccia a faccia.
Controvoglia torno alla sede di Vogue. Mi faccio indicare dalla receptionist dove si trova l’ufficio di Carol e la raggiungo.
«Stasera farai tardi, vero?» chiede lei diretta, non appena entro nella stanza e nota la mia espressione.
«Già, purtroppo», ammetto.
«Cos’è successo?» Si alza dalla scrivania e mi viene incontro. Non esito e l’abbraccio, ispirando a fondo il suo profumo, poi le spiego l’accaduto.
«Dai, amore, non fa niente. Appena arrivi a casa ti raggiungo. Magari, nel frattempo, vado a farmi un drink con Bella o con Jasmine», mi rassicura, accarezzandomi la schiena.
Mi stacco appena per guardarla in quegli occhi verdi che hanno sempre avuto il potere di calmarmi. Non sono come i miei, che tendono al color smeraldo. No. Il suo sembra più il colore del prato in primavera.
«Sicura?» le chiedo.
«Sicurissima. Adesso vai, che stai perdendo tempo», mi fa notare, mentre mi dà un colpetto sul naso con l’indice.
Scuoto la testa con un piccolo sorriso prima di baciarla.
«Come farei senza di te?» le chiedo in un sussurro.
«Non dovresti impazzire ogni volta perché sono una paranoica assurda». Prova a dirlo scherzando, ma non ci riesce.
«Sai benissimo che non è così, peste», mormoro, prima di unire le nostre labbra.
Mi sento finalmente a casa.
Lei è stata una delle prime persone che ho conosciuto quando ho iniziato la mia avventura in Inghilterra.
Un giorno stavo facendo un servizio fotografico proprio qui, quando m’informano che di lì a qualche minuto sarebbe arrivata una scolaresca che stava visitando tutta l’azienda. Carol era fra quei ragazzi. Appena diciottenne, era emozionata, faceva mille domande e poi era meravigliosa, coi capelli stretti in una treccia, una camicetta in raso rosa che faceva contrasto con la giacca e la gonna a tubino nere. Ero rimasto così colpito che non avevo potuto fare a meno, a fine giro, di raggiungerla nella hall e, con la scusa di rispondere ad altre sue domande, le avevo lasciato il mio numero. Lei mi aveva scritto quello stesso pomeriggio, e ci eravamo accordati per vederci il giorno successivo per un tè.
Il tempo trascorso insieme era volato, e non ero riuscito a trattenermi, quando lei doveva andarsene, dal chiederle di rivederci.
All’inizio era solo un’amicizia, ma, dopo sei mesi di frequentazione, era stato impossibile negare che fra noi ci fosse qualcosa in più, e le avevo chiesto di diventare la mia ragazza. Ero certo mi avrebbe detto di no, invece mi aveva stupito baciandomi. Da quel momento siamo diventati inseparabili, lei è la sola persona con la quale riesco a immaginare il mio futuro.

Non so quanto tempo abbiamo passato abbracciati, senza parlare, e ci stacchiamo solo quando sentiamo qualcuno bussare alla porta.
«Avanti», dice Carol.
Jasmine, la sua collega, una ragazza mingherlina dai capelli biondo cenere e grandi occhi azzurri, fa capolino.
«Oh, scusatemi…» dice intimidita, quando si accorge della mia presenza.
«Tranquilla. Dimmi pure», la incoraggia Carol.
«Logan ha chiesto se hai finito di scrivere l’articolo che dovevi consegnare entro stasera. Voleva leggerlo», la informa.
«Sì. Digli che arrivo subito».
La ragazza annuisce e ci lascia di nuovo soli.
«Allora ti chiamo quando finisco?» le chiedo speranzoso.
Mi lascia un bacio a stampo. «Certo. Buon lavoro».
«Anche a te, amore».
Col cuore molto più leggero, raggiungo la stanza del servizio fotografico.
«Eccoti qui!» dice Jacob non appena mi vede. «Jayden sta per arrivare. Posso garantirti che è uno dei modelli più professionali dell’ultimo decennio e non ti darà alcun tipo di problema».
Mi trattengo dal dirgli quanto mi sembri solo il classico incoraggiamento che si fa quando, invece, qualcuno è l’esatto opposto e annuisco.
«Perfetto! Vedrai, sarà un gioco da ragazzi» afferma, prima di uscire dalla stanza.
Mi ritrovo così ad aspettare Jayden.
Mi rendo conto solo ora di essermi scordato di domandare a Jacob il suo cognome, dal momento che avrei voluto cercarlo su internet e farmi un’idea di chi sia, quando alle mie spalle sento una voce già conosciuta: «Beh, se avessi saputo prima che il fotografo eri tu, non sarei stato affatto tentennante nell’accettare questo servizio!» afferma divertito.
Il mio cuore comincia ad accelerare.
No, no, no! Non può essere lui! Non reggerei un intero servizio.
«Matteo?!» esclamo, voltandomi.
«Ciao, moretto. Felice di rivederti», mi saluta con quel sorrisetto spavaldo che già detesto.
Questo servizio sarà un disastro!

Take back your lifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora