Capitolo 2

129 13 4
                                    

Siamo stati lì a fissarci per minuti e minuti; non c'era bisogno di accennare una singola parola, ci capivamo con lo sguardo. Forse quello sono stati i secondi più belli della mia vita.
Ad un certo punto lui si alzò e mi abbracciò anche se io ero ancora stesa. Poi fece qualche altro passo e si stese accanto a me, nonostante il letto fosse da una piazza.
Poco più tardi si fece sera; io mi addormentai tra le sue braccia e lui fece lo stesso.
Mi risvegliai di colpo durante la notte e notai che lui non era più lì con me. Subito mi spaventai e chiamai immediatamente l'infermiera. Mi spiegò che era andato in un'altra stanza per donarmi del sangue, con delle analisi che avevano fatto anche a me mentre dormivo sotto anestesia. Mi disse anche che si era offerto lui stesso di farlo; sarebbe stato un rischio, perché gli avrebbero prelevato molto sangue, ma lui rispose "farei di tutto per lei, la sua vita vale di più della mia".
A quelle parole mi si spezzò il cuore. "E se non ce l'avesse fatta?" "Come farei io senza di lui?"
I miei pensieri furono subito interrotti. Il mio cuore iniziò a battere molto velocemente, stavo perdendo il controllo del mio corpo. La macchina a cui ero attaccata stava impazzendo e sentii gridare "Stanza 103 codice rosso" da tutti i corridoi dell'ospedale. La mia vista si offuscò ed iniziai a sentire più voci nello stesso momento, non distinguevo più quelle della mia testa da quelle dei dottori.
Prima di chiudere gli occhi, forse per sempre, vidi che attorno a me c'erano un sacco di infermiere che mi attaccarono una specie di respiratore. Pensai che fosse troppo tardi. No vidi più nulla. Non sentii più nulla.
Sentivo soltanto che la mia anima stava lentamente abbandonando il mio corpo.

Riacquisii l'udito dopo un po' di tempo, e i miei occhi riuscirono ad intravedere uno spiraglio di luce. Lui era lì davanti a me, seduta in una piccola poltroncina con in mano un mazzo di fiori. Si era addormentato, probabilmente era lì da molto tempo. Era così bello quando dormiva. Avevo paura di svegliarlo e non volevo infastidirlo, ma non riuscii a trattenermi.
<<Buongiorno>> dissi con tutte le forze che avevo.
Si risveglio dopo poco, rimase lì fermo a guardarmi. Lo lessi direttamente dagli occhi ciò che stava pensando. Aveva pianto tutta la notte, le sue pupille dilatate ed i capillari arrossati lo confermavano. Era sollevato del fatto che io mi fossi risvegliata.
<<Buongiorno, questi sono per te>> disse con una voce rauca mentre poggiava dentro un piccolo vaso il mazzo di fiori. Erano di vari colori; gialli, fucsia, lilla e arancioni; i miei colori preferiti. Profumavano, erano freschi, ma riuscivo a sentire ancora il suo profumo.
Fece per tornare a sedersi sulla poltrona, ma la presa e la appoggiò vicino al mio letto.
Poi prima di riposarsi venne in piedi vicino al mio letto e mi baciò a fronte.
I miei occhi spararono scintille, feci un sorriso smagliante per dimostrare quanto io fossi felice.

<<Ti voglio bene>> mi disse. Non avevo abbastanza forze per rispondere, e questo lui lo sapeva. Cercai quindi di fargli segno di venire vicino a me. In quell'esatto momento mi scese una lacrima che mi segnò tutto il viso. La fermò con un dito, prima che arrivasse al collo.
Gli sorrisi ancora più di prima. Poi si sedette sulla piccola poltrona vicino a me.

Avevo bisogno di riposare, era ancora molto presto. Mi addormentai. Sognai mia nonna, in un grande prato di rose. Lei era morta un anno e mezzo fa e quindi rivederla mi fece un certo effetto. Lei, coi suoi modi dolci e garbati, si avvicinò a me e mi diede una carezza così spontanea che il mio cuore si riempì di tenerezza.
Mi risvegliai. Lui mi stava accarezzando la guancia, proprio come mia nonna aveva appena fatto nel sogno. Poi vidi che sul comodino c'era una grande teglia con la mia colazione.
<<Questa l'ho preparata per te>> disse <<ho saputo che ti piace tanto>>.
Cercai con tutta me stessa di allungare le mani e prendere il mio cibo ma non ci riuscii.

Lui lo notò subito.
Spostò il mio cuscino sulla sponda dietro il mio letto e prendendomi dalla schiena mi fece sedere; poi prese qualcosa e mi aiutò a mangiare. Io soffro di un DCA e questo lui lo sa. Mi sforzai di mangiare qualcosa per renderlo felice. Vidi i suoi occhi riempirsi di gioia già dal primo boccone. Diede qualcosa a me poi mi aiutò a finire la colazione mangiando qualcosa anche lui.
<<Non permetterò mai che ti succeda qualcosa>> <<io sarò sempre qui per te>> disse, prima di andarsene.

Passai tutto il resto della mattina da sola, a pensare e pensare. Poi iniziai a leggere per l'ennesima volta il mio libro preferito "piccole donne". Me lo regalò la mamma quando ero più piccola e me ne innamorai fin da subito. Così oggi ho deciso di rileggerlo per ricordare quei bei tempi quando ancora non avevo tutti questi problemi "adolescenziali" come gli altri li chiamano.

Poco dopo, prima di pranzo lui arrivò nella stanza e mi sorrise. Fu subito seguito dalla mia infermiera preferita, Katy, di cui avevo già parlato. Mi sorrisero entrambi e lei portò in camera un carrello col pranzo di entrambi. Mi parlò delle medicine che avrei dovuto prendere il pomeriggio, poi ci lasciò soli.
Lui si sedette nella stessa poltrona e iniziò a mangiare. Io non avevo fame, come al solito.
Stavo lì, ferma, a fissare il mio piatto, poi lui che consumava il suo cibo.
Non feci mano di chiedergli ciò che avrei sempre voluto chiedergli;

<<Perché stai facendo tutto questo per me?>>

Lui esitò un attimo, mi guardò e poi rispose
<<Sai, io ho molte ragazze che mi cercano sempre perché mi reputano carino. Io in realtà mi reputo un semplice ragazzo come tutti gli altri. Ormai tutte nella scuola vogliono cercare di avvicinarsi a me. Poi un giorno nei corridoi ti ho vista; in realtà non ti avevo mai notata prima, sei sempre stata quella ragazza riservata e abbastanza timida. Non avevo il coraggio di parlarti ma è stato come un..>>

Si fermò e tacque per un secondo

<<colpo di fulmine>> sussurrammo contemporaneamente.

Poi voltò lo sguardo verso il cielo.
<<So che ami il sole>> disse
<<sì>> risposi
<<il sole mi ricorda te>> si fermò; fece un piccolo sospiro poi continuò <<bella come il sole>>
Rimasi senza fiato.
Prese la forchetta e raccolse un po' della pasta che era nel mio piatto. La fece roteare in aria e poi me la fece mangiare. Continuò così per 5/6 volte finché io non lo fermai.
<<grazie>> gli dissi.
Mi osservò le labbra poi mi baciò.

Non ebbi il tempo di continuare quel bacio.
Prima di andarsene mi sfiorò le labbra con un dito. Lo guardai come a pregarlo di restare ma lui non rispose al mio segnale e chiuse la porta.

Durante tutto il resto della giornata non ci fu più niente di interessante da raccontare. Alle 5 in punto Rose venne nella mia camera e mi tenne un po' di compagnia durante il suo tempo libero. Poi chiamò la signora Preskot, la psicologa, e parlai con lei fino all'ora di cena.
Attesi un po' prima di assaggiare il mio cibo, lo stavo aspettando. Per mia sorpresa lui non arrivò.
Una lacrima attraversò il mio viso.
Riuscii a mangiare 2/3 pezzi della carne che mi avevano dato da sola.
Mentre mangiavo tornò Rose. Le si leggeva in faccia che non aveva qualcosa di bello da dirmi. Questa volta i suoi occhi erano spenti, il suo sorriso era sparito. Si avvicinò a me e mi parlò con un tono calmo.
<<Forse ti sarai chiesta perché lui oggi non è venuto a mangiare con te..>> si interruppe e si guardò intorno; <<la prelevazione del sangue non è andata a buon fine..>>
La mia faccia si impallidì. Continuò <<sembrava andasse tutto bene, poi, oggi pomeriggio abbiamo ricontrollato la sua cartella clinica riguardante la prelevazione del sangue e abbiamo visto che la sua salute si sarebbe potuta ribaltare da un minuto all'altro>>
Iniziai a pensare al peggio. <<Appena abbiamo letto ciò siamo corsi nella camera dove lui dorme la notte ma lì non c'era. Abbiamo percorso tutto l'ospedale. Lo abbiamo trovato disteso a terra, Forse svenuto. Ora è in rianimazione ma cara..>> guardò in basso e trattenne le lacrime <<non ci sono molte speranze per lui in questo momento>>
Ero paralizzata su me stessa. Non riuscivo a spiccicare parola. Niente usciva dalle mie labbra.
Come se lei avesse subito capito quello che io avessi da dire pronunciò soltanto un numero "302". Era la stanza dove adesso era ricoverato ma per le mie condizioni non ci sarebbe stato modo di andarci.

Stanza 103Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora