Stiles era tornato verso le undici e mezza, tra le mani lo zaino che lasciò cadere subito a terra una volta dentro la stanza, ed un sacchetto che invece fece cadere accanto a Derek.
Dentro c'erano altre garze, disinfettanti, e qualche pacchetto di medicine di chissà quale tipo. Medicine che sarebbero state comunque quasi del tutto inefficaci su di lui, ma non aveva il cuore di dirlo all'umano. 
«È stata tipo la giornata più brutta di sempre, davvero», sbottò sospirando, andandosi a sedere vicino a Derek, iniziando a controllare subito le sue ferite. 
L'uomo aggrottò la fronte, volendo sapere subito tutto quello che stava preoccupando l'altro, o cosa lo avesse portato ad avere quell'umore, ma non ci fu bisogno di chiedere dato che Stiles aveva iniziato a parlare a macchinetta.
«Quell'idiota di Harris ce l'ha con me, ne sono più che convinto, ci mancava poco che oggi mi beccavo un'altra punizione. Ma mi sono trattenuto, l'ho fatto per te, perché mio padre avrebbe potuto ucciderti, davvero. E non vogliamo mandare all'aria il mio tentativo, ben riuscito, di salvarti. Sono troppo orgoglioso del mio lavoro, stai guarendo a vista d'occhio», constatò meravigliato, notando che le ferite si erano notevolmente ridotte, anche se erano ancora ben presenti. 
Derek fu sollevato nell'apprendere che finalmente il suo processo di guarigione era iniziato, anche se non sapeva come avrebbe potuto spiegare al ragazzino che, probabilmente già dalla mattina dopo, sarebbe stato come nuovo. 
«Chi è Harris? E perché ce l'ha con te?», domandò realmente curioso, anche perché quel cognome l'aveva già sentito, anche se non si ricordava dove. 
«Il professore di chimica, e non lo so, ma sembra avercela con me e Scott, lo odio così tanto, ed io solitamente non odio mai nessuno, eh! Sia chiaro», si lamentò, sbuffando di tanto in tanto mentre richiudeva le garze sul petto di Derek. 
«Chi è Scott?», la domanda gli era uscita in modo del tutto naturale, senza riuscire a fermarsi. 
Stiles lo guardò ghignando divertito, un'espressione buffa sul suo viso. «Come mai così curioso, Hale?». 
Derek non seppe come reagire a quella domanda, infatti restò a guardarlo con un sopracciglio inarcato, senza spiccicare una parola prima di avere un lampo di genio.
«Puoi essere solo tu a fare domande?»
«Sì, perché sono io che ti ho portato in casa mia, devo sapere se nascondi qualcosa di losco. Potresti essere uno psicopatico, serial killer, con un'inclinazione per innocenti ragazzini logorroici. Potrei essere in grave pericolo», disse gesticolando, riuscendo a risultare piuttosto convincente. 
L'Hale ridacchiò, perché il ragazzino non poteva immaginare neanche lontanamente che tutto quello che aveva appena detto era la verità più pura.
Ma per fortuna Stiles parve non accorgersi di quella risata, troppo impegnato a tirare fuori dal sacchetto tutte le medicine che aveva sgraffignato dall'infermeria della sua scuola.
«Devi prenderle dopo pranzo, ma dovrai aspettare che mio padre vada via», disse il ragazzino, osservando l'altro da sopra la spalla.
Derek annuì, capendo.
Poi entrambi sentirono la porta della camera dello sceriffo aprirsi e poi richiudersi, e di nuovo, quell'espressione buffa piombò sul volto di Stiles. Subito scattò verso la porta, esattamente come quella stessa mattina, ed uscì richiudendosela poi alle spalle.

«Ben svegliato, sceriffo! Cosa desidera per pranzo?»

Lo sceriffo guardò il figlio con sguardo di nuovo assonnato e stanco. Sbadigliò, portandosi una mano sul volto stanco, e poi tornò a guardarlo.
«Caffè. Bistecca», mormorò.

Stiles rise, fingendo prima di prendere appunti, e poi di rileggere l'ordine.
«Oh, perfetto. Quindi decaffeinato ed insalata, eh? Arrivano subito!», e così corse giù per le scale, sapendo che il padre l'avrebbe seguito a ruota solo per lamentarsi.

Derek aspettò nella stanza per circa un'ora.
Un'ora nella quale non fece altro che cercare di capire di chi fosse quell'odore che sentiva nella stanza. Oltre quello suo, di Stiles, e dello sceriffo, ovviamente.
Sentiva qualcosa, e non riuscire a capire da chi fosse stato lasciato quell'odore lo stava facendo impazzire.
Ma l'arrivo di Stiles con il suo pranzo tra le mani lo distrassero, anche se non del tutto.

«Sono qui, Hale! Sta tranquillo, non mi sono dimenticato di te», ridacchiò, andando a poggiare il vassoio che aveva tra le mani direttamente sulle sue gambe.
Si meravigliò di non trovarsi lo stesso menù dello sceriffo; un'enorme fetta di carne già tagliata riempiva il piatto, con sotto di essa giusto un po' d'insalata, con un bicchiere di acqua frizzante.
Derek iniziò a mangiare senza farsi troppe domande, sotto lo sguardo divertito e soddisfatto di Stiles.
Restarono in silenzio per la durata di tutto il pasto del maggiore, anche se Stiles stava morendo dalla voglia di fargli altre mille domande e di più al giovane Hale.
Non appena finì tutto gli fece prendere una compressa, e poi portò tutto il vassoio al piano inferiore. Diede una sistemata veloce prima di afferrare dal freezer due ghiaccioli al limone e correre nuovamente su, dove ne porse uno al più grande. 

«Spero ti piaccia, ho solo questi in casa», ridacchiò il ragazzino, sedendosi poi sul letto di fianco a Derek che, come la sera prima, era ancora comodamente sdraiato.
Si era alzato poco, quando era rimasto solo in casa, giusto per andare in bagno e curiosare un po' in giro.
«Il limone va bene», rispose, cercando di riempire i silenzi urlanti di domande da parte del ragazzino.
Quegli occhi, dannazione. Riusciva a leggere tutte le domande che gli passavano per la mente, riusciva a vedere quanto frenetiche fossero, e non voleva dargli via libera. Non voleva rispondergli. Non voleva spaventarlo.
«Quindi, chi è Scott?», decise di deviare così ogni altra sua domanda, sperando che il suo cervello riuscisse a soffermarsi soltanto su quello.
Nel frattempo entrambi iniziarono ad aprire i loro ghiaccioli, mentre Stiles ridacchiava.
«Oh, Hale...non so con che tipo di persone hai avuto a che fare fin'ora, ma io sono davvero un osso duro», esordì con voce bassa e tranquilla, Stiles, alzando il capo per potere osservare Derek negli occhi.
Occhi che erano giusto un po' sgranati a causa di quell'uscita che aveva avuto il ragazzino.
A quanto pare, aveva ben capito il suo piano -apparentemente stupido- di provare a cambiare argomento.
O, forse, Stiles era troppo intelligente. Almeno, più di lui, di questo ne era quasi certo.
«Che intendi?», si lasciò sfuggire Derek, cercando di mantenere il tono di voce più calmo possibile. Un ultimo tentativo per riuscire a prendersi un'altro po' di tempo.
«Intendo che...», iniziò il ragazzino, leccando con fare annoiato il suo ghiacciolo per qualche istante prima di riprendere parola «...non sarai mai in grado di distrarmi, in nessun campo, in nessuna situazione. Se c'è una cosa che io voglio sapere, non mi fermo», concluse con un mezzo sorriso in volto, facendo rabbrividire chissà per quale malato motivo il povero Hale. 

Derek si ritrovò costretto a chiudere gli occhi qualche istante, sospirare, e poi tornare a guardare quel piccoletto che pareva atteggiarsi fin troppo a uomo vissuto.
«Senti, ragazzino. Non ti devo nessuna spiegazione, non ti ho chiesto io di portarmi qui. Per quanto mi riguarda avresti potuto lasciarmi lì dove mi hai trovato», ed anche se dire quelle parole così dure al ragazzino aveva fatto agitare il suo lupo, Derek provò a mantenere uno sguardo serio e minaccioso, riuscendoci anche piuttosto bene, abituato com'era.
Stiles però restò a fissarlo, adesso nei suoi occhi si leggeva soltanto sfida.
«Sarà per la prossima volta, ormai sei qui, quindi mi devi dare delle risposte», ribatté sorridendo, avvicinandosi di poco al corpo dell'altro.
«Non parlerò, soprattutto non con un ragazzino logorroico come te. Anzi, sai cosa? Credo che toglierò il disturbo», sbottò scontrosamente, iniziando a tirare giù le gambe dal letto, sorprendentemente con poca difficoltà.
Stiles sgranò gli occhi, offeso.
L'avrebbe lasciato andare via con molto piacere dopo quelle parole, ma purtroppo suo padre era nella stanza accanto, e non poteva assolutamente funzionare.
«Dove credi di andare? Ti ricordo che in casa c'è uno sceriffo barra padre iper protettivo armato, e reduce di molteplici notti insonni! Se non vuoi mandare a puttane tutto quello che ho fatto per salvarti il culo, ti conviene stare qui!», disse cercando di mantenere la voce bassa, ma con una serietà immane negli occhi. 
Derek non se l'aspettava. Ne rimase colpito, forse piacevolmente. Ancora non sapeva dirlo. Fatto sta che non provò neanche a muoversi di un'altro solo millimetro. 
A Derek, Stiles parve estremamente soddisfatto da quella sua reazione, ma non lo diede per niente a vedere. 
Anzi, riprese a parlare, adesso con tono più calmo. 
«Se non vuoi dirmi niente, va bene...è una tua decisione e la rispetto. Ma io non posso essere amico di una persona che non mi racconta niente della sua vita».
«Ma noi non siamo amici», rettificò rapidamente Derek, senza effettivamente neanche pensarci.
Stiles parve ferito da quelle parole, ma continuò a parlare.
«Infatti, grazie Sherlock. Ti stavo dicendo questo, appena guarisci del tutto puoi anche andartene e non farti vedere più, non m'importa». 
Dopo quelle parole calò il gelo nella stanza, nessuno dei due ebbe il coraggio di proferir parola. 


Il lupo di Derek fu irrequieto per tutto il resto della giornata.


Cure For Me || SterekDove le storie prendono vita. Scoprilo ora