prologo: riflessioni..

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Ai miei occhi nessun altro aveva fatto fiorire quell'immagine filtrata in rosa come sei riuscito a fare tu, dandomi l'opportunità di sperimentare dei sentimenti che pensavo fossero inadeguati alla mia persona. Le mie conoscenze, già esperte, mi facevano patire la differenza fra un cuore aperto alle gioie e sano, verso uno scheggiato da mille turbolenze. E ora, come una brezza primaverile, posso sussurrare alle lande silenziose il mio amore per te, Min Yoongi.

Tutto nacque fra le quattro mura del tuo studio. Ero molto più giovane e inesperto del me attuale, tant'è che non ti guardavo come una persona alla mia pari, bensì come le vesti in cui ti conobbi ai tempi, ovvero da psicologo. Era la tua parlata lenta e risoluta a farmi ragionare fra i rovi che ingarbugliavano la mia mente. Mi resi conto di come stare comodamente sdraiato su quel divanetto in pelle era divenuta una necessità, non un obbligo.

La prima volta che ti conobbi ero l'esempio del cane randagio con la coda fra le gambe. Mi scrutasti con interesse, con un lieve sorriso sulle labbra e lo sguardo di chi aveva appena trovato pane per i suoi denti.
«Lieto di conoscerti, Kim Taehyung. Da oggi in poi sarò il tuo psicologo, Min, ma puoi chiamarmi come preferisci» la sua mano sinistra scivolò via dalla cartellina che teneva fermamente con entrambe, porgendomela.
Io osservai per qualche secondo e poi con un ghigno in volto mi decisi a rispondergli «Sto facendo un patto col diavolo o mi sbaglio?».
La risata secca che mi venne data in risposta mi diede ai nervi. A ripensarci, ora, comprendo esattamente il motivo: mi sentivo giudicato come sciocco. Non perché Min Yoongi mi vedesse come tale, quanto perché dal suo intelletto ricco di nozioni e dal suo modo di fare adulto, io risultavo un moccioso ribelle.
Gli strinsi comunque la mano, notandone i dettagli: affusolata e pallida, sembrava davvero portatrice dei segreti più oscuri dell'inferno stesso. Decisi, però, d'ignorare l'ultimo dettaglio e sedermi per l'inizio "dell'avventura".

Ricordo ancora il suo scribacchiare rumoroso a ogni momento cruciale dei miei racconti personali. Il suo volto immutabile, mentre prestava ambo le orecchie ai miei sentimenti spezzati alla pari della mia voce. Quel sentimento di comprensione m'era nuovo, ai tempi. Il suo sguardo accarezzava le lacrime che mi scendevano in volto, spingendosi talvolta al lato della sua poltrona e porgendomi dei fazzoletti con quel profumo sobrio che mi cullava via il mal di testa. Certo, era tutto un modo d'essere professionale il suo, ma di chi l'amore non l'aveva mai percepito nemmeno tramite i piccoli gesti quotidiani, quello era l'indescrivibile primo rapporto con qualcuno che non voltava la testa altrove.

Per due lunghi anni mi presentai alla porta del suo studio in diverse sfumature. Forse la peggiore fu quella in blu, dettata dalla profonda tristezza che portavo con me. E anche in quel momento dove credevo che sarei rimasto desolato, lui riuscì a ricalibrarmi dall'esterno con le giuste parole:
«Kim, detto francamente, l'amore verso sé stessi parte da dentro il nostro contenitore di pelle ed ossa. Se tu stesso guardando il riflesso del cumulo di sabbia rovente e capricci che sei non provi quell'affetto che ti gioverà una vita vicina alla luce, ma lontana dal sole per non bruciarti, chi pensi lo farà? Ogni persona ha dei tagli — e per quanto possa risultare esilarante per qualcuno di poco poetico come te — che vanno curati con amore, non con odio. Non sarà seppellendo chi sei attualmente che il passato svanirà. Trattati come una persona e non come un cane, come dici spesso d'essere».

Tutt'ora le ricordo perché se non sono più un cane, nell'esattezza, è perché mi sono svegliato da quel lungo sonno d'odio e sono riuscito a maturare un Kim Taehyung che cammina a testa alta e veste di stoffa intera, non più di stracci bucati e colori poco vibranti. Questo non per dire che i vestiti fossero un problema; quanto lo specchio dell'immagine che avevo di me, cioè qualcosa che necessitava d'essere colmato.

Da allora sono passati tre anni. Non vedo Min Yoongi da tanto tempo, con la promessa d'affrontarlo qualora avessi imparato ad essere qualcuno di più coscienzioso. I giorni passati a stringere i denti e piangere sono tanti, nelle mie memorie, e tutt'ora mi vergogno per come ho fatto soffrire la gioventù mia con dei modi di fare così gelidi che nemmeno gennaio col suo pieno inverno è capace di farmi seccare la pelle così tanto.
C'è da dire però che senza gennaio non sarei arrivato a proseguire il mio percorso e mi sarei soffermato su novembre... Questo, poi, avrà un significato successivo. Quel che le mie parole vogliono far comprendere, seppur in modo poco chiaro, è che tutto l'impegno verso me stesso l'ho raggiunto grazie alla figura del dottor Min; e con questo caloroso pensiero che porto in tasca, ho compreso in aggiunta che non è solo gratitudine, la mia, bensì amore.
Quelle ciocche che incorniciavano perfettamente il suo viso, quelle labbra tumide, il taglio d'occhi affilato che lo rendeva un ipotetico gatto nel mio immaginario, quegli occhiali che portava su con l'indice della destra e, infine, quel sorriso luminoso che mi faceva perdere sempre qualche battito.




"Il nostro incontro iniziò proprio durante un bellissimo aprile. E sai cos'altro succede ad aprile, Yoongi? I fiori di ciliegio sbocciano risvegliandosi dalla lunga attesa di scacciare la brina e lasciare col fiato sospeso gli innamorati che passano fra i lunghi viali verso l'intreccio delle proprie anime. Mi auguro che anche noi finiremo su quel cammino".
A Min Yoongi, giugno d'un anno e mezzo dopo la prima seduta.

aprile ed i suoi capricci [taegi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora