1: alice arrivò ad un bivio

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Le tapparelle lasciavano filtrare la luce calda del sole che baciava la fronte imperlata di Taehyung, facendolo brontolare dal fastidio. Con un solo occhio, ancora incatenato al sonno, sbirciò per controllare l'orario sulla sveglia digitale. S'era svegliato cinque minuti prima della sveglia. Probabilmente era troppo nervoso per aspettare l'effettivo orario e ormai, essendo già bello che sveglio, aveva optato per scivolare via dalle coperte e iniziare la mattinata con delle ciambelle glassate.

Questo non era l'ennesimo lunedì di novembre; era il tanto atteso giorno per cui il suo miglioramento aveva atteso d'essere mostrato alla giusta persona. Dal tavolo al centro del cucinino provenne una vibrazione. Sapeva già di chi si trattasse ma controllò per sicurezza."'Giorno tigrotto, in ansia?" Jimin, il suo migliore amico, era arrivato per stuzzicarlo quanto più possibile cosciente del suo stomaco debole. Non che fosse fatto con cattiveria, ma il divertimento era palesemente percettibile.
"Mentirei se dicessi il contrario" si mise a rovistare fra le cialde per il caffè, domandandosi quale sfruttare per darsi una svegliata una volta per tutte. Il caffè nero era fuori discussione per diversi motivi, fra cui l'amarezza pungente.
"Non ti stai preparando il caffè, vero? A meno che non hai un cesso chimico in zona" si sentì spiato e offeso da quanto Jimin lo conosceva.
Non era uno ch'ignorava le conseguenze, ma sotto stress gli riusciva difficilmente prendere delle buone scelte che non lo mettessero in una posizione scomoda.
Sospirò, "M'hai salvato in tempo, non ci credo" mettendo via la cialda.
Forse era meglio optare per un tè caldo? Almeno questo non gli avrebbe messo in subbuglio ulteriormente lo stomaco.
"Vestiti da sexy tigrotto e poi chiamami quando piangerai" ignorò il messaggio, finendo l'ultimo boccone della ciambella e sospirando una seconda volta.

In piedi, davanti al largo specchio in stanza, osservò come il cappotto nocciola abbracciasse la sua figura in modo tale che risultasse ancor più slanciata, dandogli un'aria affascinante. I ricci capricciosi ricadevano sul suo volto olivastro, facendo percorrere la curva delle sua mascella fino al collo circondato dal lembo del maglione — grigio, per rimanere con colori scuri — che lo teneva al caldo. I pantaloni non erano troppo stretti al cavallo e le scarpe, seppur fuori dal suo quotidiano, le trovava di stile. Tutte quelle riviste di Vogue l'avevano aiutato, in un qualche modo.

Ma era davvero pronto all'uscita? Sentiva un nodo dentro sé, che lo teneva coi piedi saldi al parquet della camera e gli metteva ancor più agitazione in corpo.
"E se... Mi rifiutasse?" Il pensiero l'attanagliava più di quanto avesse ammesso a voce; facendogli salire sempre più dubbi su quanto la scelta presa fosse, magari, troppo azzardata. Lo sguardo riflesso dinanzi lo faceva sentire alla pari di un coniglio predato. Prese un grosso respiro e da quel timore incastonato nell'iridi tirò fuori la rabbia del lupo, cambiando la faccia della moneta.
«No, non lo farà. Lui stesso ha detto "Trattati come una persona e non come un cane" e io oggi gli proverò che non sto più a quattro zampe» con una voce solenne recitò queste parole, aumentando il coraggio che gli mancava.
Impugnò le chiavi di casa come se fossero un coltello e come una tempesta estiva corse giù per le scale del condominio, non guardandosi indietro. Una volta raggiunta l'auto e sedendosi al posto del guidatore, con le mani attorno al volante, alzò il volume della radio al massimo, sprofondando nelle note di Lavender.

S'era parcheggiato con fin troppa precisione, cercando di temporeggiare pur di calmare la sua anima in pena. Tenne la radio in sottofondo con lo speaker che narrava vicende imbarazzanti, abbassando il finestrino permettendogli di respirare a pieni polmoni il rimasuglio di una leggera rugiada ormai andata. Tutto questo lo faceva sentire cullato, pronto alla vicenda.
Dinanzi ai suoi occhi era presente lo studio del Dr. Min Yoongi. Percepiva il cuore in gola insieme ai battiti accelerati e la prima domanda che si pose era anche la più scoraggiante: si ricorderà di me?
Stanco di mettersi tutta quella pressione addosso scese dall'auto, attento a non sbattere la testa nell'impresa. Camminò con sicurezza verso l'entrata, con un finto appuntamento registrato col nome di Park Jimin, perché l'entrata in scena inaspettata voleva che lo colpisse il più possibile.
Una volta entrato lo salutò la sua segretaria, una giovane graziosa, che educatamente lo invitò ad entrare mentre l'adocchiava. Taehyung, in quel momento, si rese conto che probabilmente le aveva dato un'aria familiare che non avrebbe ricollegato con quel nome falso registrato nel suo laptop.

Il corridoio che dava alla stanza dei suoi interessi sembrava restringersi a ogni passo. La vaga sensazione che i quadri di Van Gogh si muovessero come le onde del mare lo infastidiva: non gli girava la testa, era solo l'ansia a giocargli brutti scherzi. Eppure, cosciente di ciò, non riusciva ad ignorare completamente quelle sensazioni fastidiose. L'ultimo passo venne avanzato dal piede destro, giusto in tempo per sentire quella voce esile tanto attesa, che lo invitò ad entrare con un «Prego, avanti».
La presa sulla maniglia fu di passaggio, dal momento che fremeva nell'incrociare il suo sguardo, tant'è che s'infilò dentro alla stanza con una velocità inaspettata e una volta che il volto del più grande gli era ben visibile si soffermò, lasciando tutto il peso sui talloni come per ancorarsi momentaneamente.
«Non hai affatto l'aspetto da Park Jimin» iniziò ironicamente «potevi tranquillamente dare il tuo nome, sai? M'avresti sorpreso lo stesso». Le sue labbra piegate dalla nostalgia gli regalarono la visione di un Min Yoongi ceduto al passato, governato dai sentimenti più delicati che non sarebbe riuscito ad immaginare di testa sua. Possibile che gli fosse rimasto impresso il nome di Taehyung? Sembrava quasi la pellicola d'un film.
«Dall'espressione che hai in volto, non si direbbe» Taehyung s'avvicinò a passi ferini fino a raggiungere dove stava seduto comodamente Yoongi, che con la stessa compostezza di sempre l'osservò taciturno tutt'a un tratto. Le mani di Taehyung si posarono su ambo i braccioli della poltroncina su cui era seduto, avvicinandosi pericolosamente al suo volto ricambiando il suo silenzio.
«Cosa vuoi, Kim Taehyung?» Una mano a mo' di pugno si posò sotto al mento di Yoongi. Gli occhi affamati di Taehyung erano ben riflessi sulle lenti chiare del più grande, permettendogli di vedersi sotto la prospettiva di chi riusciva a tirare fuori tutta la lussuria che raramente lasciava trapelare.
Sbuffò delicatamente, raggiungendo la pelle dinanzi, bagnandosi le labbra con la lingua prima di parlare «Ho prenotato uno dei ristoranti più lussuosi della città, per domani notte. Vorrei la tua compagnia fra un bicchiere di vino e l'altro».
In quell'esatto momento il meccanismo che portava avanti il suo cuore cessò di funzionare come di quotidiano, abbandonandolo alla graffiante ansia di star realizzando il presente. Deglutì senza rendersene conto, senza mai distogliere lo sguardo di dosso alla figura longilinea, pregando di non dargli un'aria stressata e di risultare quanto più sicuro di sé. Sapeva che questo l'avrebbe fatto cedere.
«Mhh, dunque» la suspense lo stava uccidendo «uscire con un mio vecchio paziente non va forse fuori dall'etichetta di "professionale"?».
I denti cedettero alla gravità, serrando la mascella e spazientendosi «Min Yoongi, dannazione al paradiso, trovi la mia disperazione d'intrattenimento?» e non ci volle molto per ricevere un «No» secco, seguito da «non oserei mai, volevo solo constatare quanto fossi serio. Non pensavo di rubare i cuori in città».
Le labbra di Taehyung si strinsero in un sorriso amareggiato, rizzando la schiena e distanziandosi dal volto in porcellana di Yoongi. Aveva bisogno di focalizzarsi altrove.
«Non voglio parlare nel dettaglio in questo posto, quindi dammi una risposta» infilò le mani in tasca, nascondendo la pressione ch'aveva addossato a quest'ultime.
«Dovresti conoscermi, non accetto subito se non sono convinto. Ma comunque, sì, verrò con te al ristorante. Conosci il mio numero di telefono, no? Inviami l'indirizzo e mi troverai là alle 8:10, puntuale».
Gli lanciò un'ultima occhiata. Non per intimorirlo o metterlo sotto pressione, quanto per vedere che tipo d'espressione potesse essere dipinta sul suo volto e la trovò incantevole: le labbra tirate lievemente su, con le gote cremisi. Dava un'aria così gentile che gli veniva difficile nutrire del nervoso nei suoi confronti, persino nei momenti come quello: dove stava sulle spine, dolorante. Notò la sua mandritta stringere di poco il bordo del suo colletto, quasi per distogliere i suoi pensieri dalla testa annebbiata.
"Per essere sulla trentina, è così giovanile" pensò, Taehyung, sempre più invaghito.

Decise di salutarlo educatamente, ricevendo a sua volta un saluto, camminando svelto verso l'uscita del palazzo. Ansia? Nervosismo? No. Taehyung esplodeva dall'emozione. Si sentiva una bomba ad orologeria che non riusciva a trattenere oltre l'incredulità d'essersi fatto avanti quel giorno. Niente più sogni, discussioni tremende con Jimin per gettarsi, o più semplicemente ricordi di un Yoongi più giovane e inesperto di quello rivisto in quel momento. Stanotte, sicuro, l'avrebbe incorniciato fra mille rose sfumate e sognato come il principe azzurro ch'era ai suoi enormi e innamorati occhi.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 17, 2021 ⏰

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aprile ed i suoi capricci [taegi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora