Patroclo è morto

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Patroclo è morto mi dicono.
No, no, no, non lui, non qui, non ora...
Achille va tutto bene? li sento dire.
No che non va tutto bene, penso. Vorrei urlarglielo in faccia, ma non ho più forza nella voce. Ogni cosa è sfocata alla vista, ogni suono ovattato, come se mi trovassi sott'acqua...
Patroclo è morto.
Parole distanti, surreali, la mia mente si rifiuta di assimilarle, il mio cuore di accettarle.
Patroclo è morto.
Non è vero, non è vero, non è vero, smetti di ripeterlo, smettila, smettila, ma...
Alla fine lo vedo.
Lo portano su per il colle, trascinandolo per le braccia, il corpo inerme, le membra stanche, l'incarnato pallido come... come un cadavere.
È vero, penso, è tutto vero.
Patroclo è morto.
Patroclo è morto.
Patroclo è...

Sono morto. È strano da pensare, difficile da ammettere a me stesso. Ma è così. Tutto intorno a me è sfocato, i suoni ovattati, come se mi trovassi sott'acqua. Nella confusione che possiede il mio essere, scorgo il mio corpo senza vita che viene trascinato dai miei compagni. Dove mi state portando? chiedo, ma la mia domanda si perde nell'aria, troppo debole per giungunere alle loro orecchie...

Portatelo qui, dico, ma non riescono a sentirmi, la mia voce è strozzata dall'angoscia. È Odisseo a venire in mio aiuto e ordina di depositare il corpo di Patroclo ai miei piedi.
Il corpo... di Patroclo...
Eccolo, penso. È proprio lui non c'è dubbio.
È troppo.
Cado in ginocchio e piango, piango e piango, le lacrime mi rigano le guance. La mia mano afferra la spada, la sguaina, non mi rendo conto di cosa sto facendo. La lama poggia sul mio collo, è fredda. Qualcuno mi trattiene il braccio, non so chi sia, ma io quasi non me ne accorgo, stringo forte l'elsa. Lasciatemi, grido, lasciatemi, ma riescono a farmi mollare la presa. La spada cade in terra con in suono metallico...

Avrei voluto fermarlo, ma come potevo? Non sono niente, meno dell'ombra dell'uomo che sono stato: nel momento esatto in cui le Moire mi hanno richiamato, ho cessato di esistere. Ma la disperazione di Achille ora, provoca in me un dolore ben superiore alla morte. Oh Achille, penso, non piangere, non disperare. Ricordo il sorriso che illuminava il tuo volto quando eravamo poco più che bambini, ricordo il suono della tua voce mentre pizzicavo con la punta delle dita le corde della lira. Ricordo il profumo del mare, il calore del sole, le nostre gare di corsa sulla spiaggia. Ricordo che mi divertivo, anche se vincevi quasi sempre tu. Ti ricordi Achille?
Riesci a sentirmi?
Achille...

Non avrei più udito il suono della sua voce chiamare il mio nome, non l'avrei più trovato al mio fianco quando ne avevo bisogno. Non avrei pianto sulla sua spalla né riso ai suoi scherzi.
Patroclo era più di un amico, più di un fratello. Era l'unico che mi faceva sentire umano fra tutte queste persone che mi venerano come un dio e mi considerano una leggenda.
Era metà della mia anima.
Ora che non c'è più una parte di me è morta insieme a lui.
I ricordi mi affollano la mente, mentre le lacrime scendono copiose dal mio viso. Lo guardo, vorrei che si svegliasse, lo vorrei per me, è da egoisti, ma deve tornare, deve svegliarsi, lo scuoto e lo chiamo, e ancora e ancora...

Patroclo, grida, Patroclo Patroclo, con voce sempre più straziante, gli rispondo, sono qui, ma il flebile eco della mia voce non è udibile, lo stringo a me, ma le mie braccia hanno perso l'antico vigore giovanile. Non sa che gli sono accanto, e questo mi ferisce più di ogni altra cosa...

In mezzo al petto la tunica è squarciata e imbrattata di sangue, ormai rappreso. Nel punto in cui la stoffa è strappata si intravede chiaramente la ferita mortale, dove la punta della lancia ha incontrato il suo cuore, facendo cessare il suo battito. Finora non avevo avuto il coraggio di guardare, ma quella visione provoca più rabbia che dolore. Lentamente mi alzo in piedi, e passo a rassegna i volti degli Achei. Si aspettano la domanda che sto per fare.
Mi schiarisco la voce. Chi è stato, chiedo, ancora con voce roca, poi più forte, fino a gridare. Chi è stato a fargli questo, urlo, e Odisseo emerge dalla folla e mi viene incontro, anche lui ha pianto.
Ettore, mi dice, è stato lui.

Ettore. Il suono di quel nome risveglia in me la paura. Il suo sguardo famelico, la punta acuminata della lancia, il sorriso di soddisfazione che gli ha illuminato il volto nel momento in cui ha squarciato il mio petto.

Dalla collina riesco a scorgere Troia e le sue alte mura, avvolte nella nebbia. La luce del tramonto illumina la piana tingendola di rosso, come se gli dèi volessero ricordare il sangue versato in quel luogo, a causa della guerra. Una guerra destinata a finire per mano mia.

Poi era arrivato il dolore. Mi sentivo bruciare il petto, cercavo di respirare, ma ogni volta che inalavo aria sentivo il sapore del sangue in gola. Tossivo, sputavo, imploravo aiuto. Nessuno venne.

Non ho paura della morte. Ora che lui non c'è più, so che non potrei sopportare un altro giorno sulla terra in sua assenza.

Lottavo per la vita, nonostante il dolore, nonostante il sangue. Morire sarebbe stato più semplice, ma non potevo lasciarlo da solo. Lui aveva bisogno di me.

Non m'importa della gloria, della fama o delle ricchezze. Non m'importa se quella puttana della moglie di Menelao ritornerà a Sparta. Non m'importa.

Dissi addio alla mia vita. La sentii scivolare dal corpo, dalla mente. Il dolore era cessato e con lui anche la stanchezza. Negli ultimi istanti di lucidità un solo pensiero: il suo volto, i suoi capelli biondi, la sua voce.

Porrò fine a questa guerra e lo farò per lui, e per lui soltanto, per te.

Il suono di un nome, appena prima di spirare.

Per Patroclo.

Achille.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 16, 2021 ⏰

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