La fuga fallita.

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La folla urla e strepita contro di noi. Guardo avanti, cercando di mantenere un portamento da regina, di essere forte; per me, per i miei bambini... le lacrime restano ferme negli occhi, e cerco, senza farmi notare, di abbassare il cappello per coprirmi, non voglio farmi vedere. No.Non devo piangere.
Me lo ripeto insistentemente:NON DEVO PIANGERE, NON DEVO PIANGERE, NON DEVO PIANGERE.
Con la coda dell'occhio vedo, fuori dal vetro, forconi e coccarde tricolori:la bandiera della Francia.Sento le urla della folla.Parole orrende contro di me ed i miei figli. Contro mio marito.Le forze mi abbandonano, e una grossa lacrima rotola giù.Finisce sulla mano di mia figlia, Maria Teresa. Si è accorta dello sforzo che sto facendo per mantenere un portamento regale, e si è accorta che le lacrime che mi rigano il viso, stanno diventando tante. Troppe per una regina, ma poche rispetto a quante ne sto trattenendo. Mi stringe la mano, come a dire "Mamma sta tranquilla.Io ci sono."...Mi sento in colpa, io dovrei consolare lei, non lei me. Il mio piccolo Chou d'amour, Luigi Carlo, si è addormentato. Beata ingenuità... come rimpiango la mia infanzia...Penso ad Axel, lui starà bene in questo momento, é sano e salvo. Almeno lui.
Luigi mi guarda. Ha uno sguardo impaurito e triste, ma, al contempo, forte e dignitoso. Lo stato d'animo, la parte umana, confusa con la parte regale, la parte che gli impone di non piangere, di non mostrarsi impaurito davanti al suo popolo.
Perché?
La domanda mi viene naturale, dal momento che non ho mai fatto niente di male, sono un essere umano prima di essere una regina, una donna, una mamma.
Una mamma.
Il mio pensiero va a Luigi Giuseppe, il mio povero primogenito morto a nemmeno 7 anni di vita... e la mia piccola Sofia Elena, che non ha nemmeno compiuto un anno. Ricordo quando il mio fratello di latte Joseph Weber mi disse che non dovevo piangere per lei, in quanto non essendo ancora stata svezzata, non era un individuo cresciuto e formato, e quindi mai esistito. Nemmeno mio "fratello" riusciva a capire i miei dolori. Nessuno li ha mai capiti.
La carrozza fa un balzo, strappandomi dai miei pensieri, e portandomi in una realtà non meno triste.
Vedo mia cognata tremare e le lancio un'occhiata piena di speranza e di coraggio, sperando che possa rassenerarla, e sperando che non si sia accorta di quanto quell'occhiata, in realtà , nasconda disperazione e terrore.
Se solo Axel fosse qui con me... é incredibile, ma anche solo pensare al suo sorriso, mi tranquillizza. Lui mi direbbe "Andrà tutto bene, mio piccolo angelo". Oh, è sempre stato così positivo, così forte...
La carrozza si ferma.
Siamo arrivati a Parigi.
Parigi. La città che ho tanto amato.
Scendiamo dalla carrozza. Prendo in braccio Luigi Carlo, e Maria Teresa per mano, come feci la notte del 6 Ottobre, quando ci fu la marcia delle donne su Versailles, e mi inchinai al popolo. Il popolo non può sapere la verità. Il popolo crede alle assurde menzogne che hanno messo in giro su di me. Come la frase delle brioches. Io non avrei mai detto "Il popolo non ha pane?Che mangi brioches!", ma è questo che tutti credono, credono che l'abbia detto. Credono che sia una persona frivola, cattiva. Vedo l'odio nei loro occhi.
Qualcuno lancia una pietra contro di me. É me che odiano. Sono io l'Austriaca. É a me che lancieranno le prossime pietre, così decido di allontanare i miei bambini da me.
Lascio mio figlio alla governante e dico a Maria Teresa di andare dal padre.
Non schivo le cose che mi lanciano. Fingo di non udire le cose che mi dicono, e avanzo nella folla. Non darò loro soddisfazione. Axel sarebbe fiero di me.
Entriamo nella Torre del Tempio. "Siete in arresto" dicono i soldati, con aria superba. Lancio un'occhiata a Luigi, che ricambia e la rilancia a Elisabetta. Lei, però, non ricambia, abbassa lo sguardo e cerca di smettere di tremare. Anche io. Anche io sto dentro di me sto facendo la stessa cosa.Ma all'esterno non posso, sono la regina. I bambini ci guardano, ed io penso a quanto tutto ciò sia ingiusto. Charles non capisce cosa sta succedendo, ha solo 7 anni... ma Maria Teresa si, capisce tutto, ed è visibilmente preoccupata, ed io mi sento crollare se penso che non posso fare nulla per calmarla... La situazione è davvero drastica, per calmarla dovrei dire tante di quelle bugie... E dovrei nascondere l'angoscia, la tristezza, e la paura che provo. No, non è facile. E lei sa riconoscere quando mento. Non posso fare nulla, e questo mi fa stare anche peggio. Io sono una madre e non posso fare niente per tranquillizzare mia figlia. Dopo circa mezz'ora, ci dividono le stanze: io al piano di sotto con i bambini ed Elisabetta, Luigi al piano di sopra. Quando le guardie se ne vanno, mi butto sul letto, e comincio a piangere, disperata. Era troppo tempo che trattenevo quelle lacrime. Troppo. C'è uno specchio accanto a me, così lo prendo e decido di vedere come sono diventata in questi orribili giorni. Ma non appena l'immagine si riflette lo specchio mi cade di mano rompendosi. I miei capelli biondi sono diventati bianchi. Ricomincio a piangere abbracciata ad Elisabetta.
Con gli occhi offuscati, mi alzo e mi affaccio alla piccola finestrella di legno che lascia entrare pochissima luce, mi sorge un pensiero: la città che ho amato tanto, non ha mai amato me.

|Maria Antonietta:una tragica fine|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora