29-Kai Havertz.

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Probabilmente, quella notte, sarebbe stata ricordata nel cuore di tutti i giocatori e di tutti i tifosi del Chelsea come la più emozionante di sempre:i Blues avevano, infatti, appena vinto la finale di Champions League dominando completamente la partita contro una delle squadre europee più influenti al momento, la Juventus. Era una notte speciale per tutti, ma specialmente per il giovane Havertz, il capocannoniere della serata, l'eroe simbolo di quella partita trionfale, che era riuscito per ben 3 volte di fila a ingannare l'imponente difesa bianconera e a farsi spazio fra i pali, regalando lacrime di gioia a milioni di tifosi blu. Quella sera più che mai, i vincitori sentivano il bisogno di ringraziare la propria gente per tutto il supporto che gli era stato dato, e così l'intera squadra si fermò per un po' fuori allo stadio per qualche foto e qualche autografo, sempre accompagnata da guardie del corpo e poliziotti.
Se vi foste fermati un attimo ad osservare tutta quella gente, vi sareste presto accorti della presenza di un'intrusa: una ragazza vestita completamente bianconero, probabilmente appena uscita dalla curva juventina; i suoi lunghi capelli biondi le ricadevano sulla maglietta numero 9 di Morata e, mentre alcune lacrime minacciavano di uscire dai suoi occhi color del cioccolato, lei cercava di tamponare con un fazzoletto sotto di essi per non far rovinare i cuori bianconeri che aveva disegnato sulle sue guance con del trucco. Quando arrivò il suo turno di salutare i membri della squadra, l'ultrà bianconera strinse la mano ad ognuno di essi per congratularsi con grande sportività e rispetto, ma quando le si avvicinò il suo giocatore preferito al mondo, non poté fare altro che lasciar scendere due lacrime solitarie sul suo viso e sorridere come una bambina, quasi dimenticandosi della tripla batosta presa in campo neanche mezz'ora prima proprio da lui, Kai Havertz.
Il tedesco le sorrise di rimando e prese in mano il pennarello che lei gli stava porgendo; mentre firmava la sua stessa maglia, azzardò l'inizio di una conversazione in inglese, non conoscendo neanche le origini della ragazza.
«Come mai sei qui a festeggiare con noi?»
«Sono venuta a congratularmi...avete giocato una partita splendida, i tuoi goal poi, sono stati meravigliosi, ho ancora la pelle d'oca...» balbettò a stento la bionda, sopraffatta dall'emozione. «Possiamo...fare una foto...?» azzardò poi, ricevendo un occhiolino d'affermazione come risposta; appena la ragazza sbloccò il telefono, comparve una bellissima foto di Kai come sfondo, che fece leggermente arrossire il calciatore, rendendo i suoi zigomi taglienti più morbidi e dolci alla vista.
Dopo aver scattato un paio di selfie veloci, Havertz restituì alla tifosa bianconera il suo pennarello e, sempre con un sorriso stampato in volto, la ringrazió per essere stata lì ad aspettarlo nonostante la sconfitta appena subita.
«Sei il mio giocatore preferito da quando sono una ragazzina, incontrarti è sempre stato il mio sogno più grande» buttò fuori tutto d'un fiato lei, poi lui le diede un buffetto sulla spalla e la salutó con la mano «Alla prossima mia fan numero uno» e salì sul pullman, lasciando impresso nella mente di quella giovane donna il suo sorriso smagliante.

girl's pov
Erano anni che aspettavo questo momento, finalmente avevo la possibilità di rivedere allo stadio la mia vecchia signora in una partita davvero importante in cui avrei potuto sostenerla al 100%, sperando che questa fosse la volta buona di vincere la champions, ma purtroppo non fu così.
Una volta terminato il match, fui una delle uniche tifose a restare allo stadio per assistere alla premiazione dei giocatori del Chelsea, squadra per cui avevo sempre provato un forte sentimento di ammirazione, soprattutto per i grandi nomi che poteva vantare nella sua rosa; uno più di tutti, era inciso nel mio cuore da anni ormai, e quando fuori allo stadio riuscii finalmente a vederlo per la prima volta, sentii il mio cuore fare delle capriole e il mio stomaco contorcersi dall'emozione. Nonostante avessimo appena perso la tanto attesa finale di Champion's League, scattare una foto e poter scambiare due parole con Kai Havertz migliorò notevolmente il mio umore, facendomi sorridere come una stupida per tutto il tragitto fino alla macchina. Una volta salita sul mezzo controllai l'orario sull'orologio del cruscotto: 00:48. Avevo 22 minuti minuti per arrivare in tempo a lavoro, cambiarmi velocemente e prendere servizio in uno dei bar più lussuosi di Stamford Bridge. Misi in moto la macchina e, nonostante il traffico, riuscii ad arrivare con 2 minuti di anticipo al locale, che si trovava proprio al centro della città, e dopo aver indossato la mia divisa da cameriera e barman iniziai a lavorare.

Quelle 4 ore di lavoro mi sembrarono non passare mai, ero stanca e non vedevo l'ora di tornare a casa per sprofondare nel mio comodo materasso e cadere tra le braccia di morfeo; finito il turno alle 5:15 del mattino, mi diressi subito verso lo spogliatoio e aprendo il mio zaino mi resi conto di aver dimenticato il cambio a casa, così fui costretta ad indossare di nuovo i jeans neri con le toppe bianche e la maglia numero 9 della juve che avevo indossato qualche ora prima alla partita. Passando per la sala principale del locale salutai i miei colleghi augurandogli la buonanotte, poi presi in mano le chiavi della macchina che mi caddero subito a terra per lo stupore di ciò che stavo vedendo in quel momento: Mason Mount, Ngolo Kante, Romelu Lukaku e Kai Havertz seduti a bere una birra ad un tavolo poco distante da me.

Kai's pov
Quando dopo un anno intero di preparazione e sacrifici riesci a vincere la finale di Champion's League con la tua squadra, puoi permetterti anche di festeggiare come non ti saresti mai aspettato prima: una bella birra fresca alle 5 del mattino nel bar più lussuoso ch'io abbia mai visto in quel di Stamford Bridge; un festeggiamento completamente malsano e molto lontano dallo stile di vita impeccabile e rigoroso tipico della vita di un calciatore, ma una volta ogni tanto non fa male a nessuno. Mentre chiaccheravo tranquillamente con i miei compagni di squadra e amici, provai una strana sensazione, come de qualcuno mi stesse osservando, così mi voltai alla mia sinistra e notai una ragazza con un aspetto molto familiare intenta a fissarmi con gli occhi ridotti a due fessure. Notai subito il suo abbigliamento, e poi i suoi lunghi e setosi capelli biondi che mi avevano subito colpito al nostro primo incontro avvenuto qualche ora prima: capii immediatamente chi fosse, così mi alzai e mi avvicinai a lei.
«Ei, non so se ti ricordi di me...santo cielo, che premessa sciocca, certo che ti ricordi di me, mi hai come sfondo sul telefono...», mentre pronunciai quelle parole arrossii bruscamente rendendomi conto del discorso senza senso che stavo cercando di comporre, «A-aspetta così sembra che voglio tirarmela,a non è così...insomma volevo solo sapere cosa ci fai ancora in giro e con la maglia di Morata addosso dato che la partita è finita ore e ore fa.» buttai lì, cercando di rimediare come meglio potevo al disastro che stavo combinando.
«Ti ricordi di me...?» mi chiese quasi con un sussurro la bionda, e io le risposi annuendo. «Semplicemente lavoro qui, e ho finito ora il mio turno...e per la maglia non...avevo altro da mettere...» stavolta fu lei ad arrossire. «Beh sembra proprio che i nostri destini debbano incontrarsi stasera...» dissi ridendo, poi le proposi «Ti va di sederti al tavolo con noi per una birra?». Annuí guardandomi negli occhi, e ci dirigemmo entrambi verso il tavolo, sedendoci uno di fianco all'altro, poi chiamai un cameriere e ordinai un boccale di birra in più. Non so bene perché le avessi proposto di sedersi con noi, ma lo sguardo di quella ragazza tentava di dirmi e trasmettermi qualcosa che io avevo bisogno di capire; non sembrava la solita fan accanita che non ti lascia nemmeno il tempo di respirare, nei suoi timidi gesti riuscivo a cogliere la purezza del suo animo, e questa cosa mi faceva stare bene. La osservai a lungo mentre chiacchierava con Mase, cercando di notare e fotografare ogni suo minimo dettaglio, per tenerlo impresso nella mia mente, poi ordinai un altro giro di birre per tutti, e poi un altro ancora.
«Bella bionda, ridendo e scherzando tu ancora non mi hai detto come ti chiami.» le feci notare ridacchiando.
«Mi chiamo Meri» mi rispose lei sorridendo, e lasciandomi andare a pensieri che probabilmente da sobrio non avrei mai azzardato su una ragazza conosciuta da così poco tempo; non che io fossi completamente ubriaco, certo, ma anche essere brilli in queste situazioni può cambiare tutto.
Al tavolo presero piede conversazioni di ogni tipo, dal calcio al basket, dall'amicizia all'amore, e quando la dolce Meri mi guardò negli occhi per la centesima volta in quella sera, capii immediatamente che il mio cuore si stesse divertendo a fare le capriole nel mio petto. Cercai di controllare i miei istinti e i miei pensieri, e una volta arrivati a fine serata, ( o meglio, mattinata), capii che, in un modo o nell'altro, mi sarebbe piaciuto molto tenermi in contatto con Meri, perché riusciva a farmi provare delle emozioni inspiegabili. Così iniziai a seguirla su Instagram, ricambiando il follow su cui lei aveva cliccato sicuramente molti anni prima. Ci alzammo dal tavolo e pagammo il nostro servizio, prima di salutarci definitivamente Meri mi abbracciò e mi disse: «È stato un piacere , spero di rivederti presto»; io le sorrisi e le risposi «Per me vale lo stesso».

Quando tornai nella mia stanza di hotel mi fiondai sopra il letto, sospirando e ripensando a ciò che era successo nelle ultime ore; poi, prima di addormentarmi, presi il telefono e scrissi un messaggio a Meri: "Buonanotte alla mia fan numero uno💙".

𝑪𝒐𝒎𝒆 𝒖𝒏 𝒈𝒐𝒂𝒍 𝒂𝒍 90ºDove le storie prendono vita. Scoprilo ora