Preambolo, i guess.
Ho sta roba su Google keep da mesi ormai, per settimane mi sono chiesta dove volessi andare a parare con sta roba e sono arrivata alla conclusione che effettivamente non voglio andare a parare da nessuna parte (?) Volevo semplicemente godermi il processo creativo e farmi due risate. Sarà quindi una cozzaglia di robe fluff, smut e un po' di drama.Aprì cautamente la porta del bunker, aspettandosi di trovare Sam sommerso dai libri e Dean con la sua solita birra fra le mani, entrambi seduti ad uno dei tavoli posti all'entrata di quell'enorme rifugio sotterraneo. Richiuse la pesante porta alle sue spalle e si stupì nel trovarci solo il fratello maggiore, attorniato da varie pile di libri con vecchie copertine in pelle. Non sembrò notare la sua presenza o almeno, così credeva, ma Castiel conosceva il carattere del cacciatore e percepiva l'aria tesa e pregna di rabbia che aleggiava intorno a lui. Non si era fatto sentire per un paio di settimane, Dio solo sa quante volte Dean avesse imprecato mentre pregava, pregava per lui, per un cenno di vita, anche solo un messaggio. Eppure Castiel non aveva risposto, se l'avesse saputo in difficoltà, il cacciatore si sarebbe precipitato in suo soccorso e non voleva questo, non voleva mettere Dean in pericolo, o almeno, non più di quanto già lo fosse. Quindi, ancora una volta, aveva scelto di ignorarlo per il suo bene e, Dean, di rimando, lo stava ignorando in quel momento. Alzò gli occhi al cielo, preparandosi mentalmente ad un ennesima scenata da parte sua, scendendo le scale. Si avvicinò con lentezza al tavolo, rimandando ancora di qualche secondo il momento della sfuriata. «Ciao, Dean» pronunciò quelle parole con un velo d'ansia nella sua voce, quasi con cautela, gli occhi puntati sul suo interlocutore che al momento, aveva la fronte corrugata e gli occhi puntati sul pesante libro poggiato sul tavolo. Vide le sue dita scivolare melliflue sulla pagina giallognola, prima di sfregarle l'una contro l'altra, come a volersi liberare di un leggero strato di polvere proveniente proprio da esse. Il cacciatore si voltò per fronteggiarlo, i suoi occhi verdi si incatenarono a quelli blù dell'angelo. Le iridi di Castiel vagarono per una manciata di secondi sui libri posizionati sul tavolo, insicuro sul da farsi, prima di ritornare sul più alto. «"Ciao Dean"?» chiese retorico, alzando le sopracciglia con finto stupore. A quel punto si alzò dalla sedia, sovrastandolo con le sue spalle larghe e quei pochi centimetri di altezza che li separavano. «Tu» lo indicò con un dito, sfiorando il suo petto «Sparisci per più di due settimane e l'unica cosa che riesci a dire è "Ciao Dean"?» alzò il tono della sua voce, avanzando verso l'angelo tanto che, d'istinto, Castiel si ritrovò a fare qualche passo indietro. «Non una chiamata, non un messaggio, Niente» urlò quell'ultima parola, afferrando il colletto della sua camicia per poi spingerlo sulla parete alle sue spalle. Quante volte si erano ritrovati in quella posizione? Quante volte invece la posizione era invertita? Quante volte uno dei due aveva fatto arrabbiare l'altro? Probabilmente non importava poi tanto, visto che dopo anni, nessuno abbandonava mai veramente l'amico a meno che non fosse la morte a separarli. «Hai sentito le mie preghiere, giusto?» Castiel si limitò ad annuire al tono leggermente più calmo di Dean, ma prima che potesse anche solo pensare di dire qualcosa, il cacciatore parlò nuovamente «E allora perché cazzo non rispondevi, Castiel?! Avrei potuto darti una mano!» urlò esasperato. L'angelo sospirò flebilmente «È questo il problema, Dean» la sua voce arrivò calma alle orecchie dell'altro, destabilizzandolo per qualche secondo ma non si lasciò ingannare, sapeva che in quel momento anche l'essere celeste avrebbe voluto controbattere a tono solamente perché con una testa calda come lui, a volte non bastava la calma. «Non volevo metterti di nuovo in pericolo, non volevo farti rischiare» affermò, guardandolo negli occhi e decantando la sua verità. La mano che stringeva il colletto della sua camicia si strinse maggiormente, fin quando le nocche del cacciatore non divennero bianche «È sempre questo il problema con te, vuoi proteggere me, ma chi protegge te?» sibilò «Non vuoi che muoia, giusto? Non lo sopporteresti...» si bloccò per qualche secondo, allentando la presa su quel tessuto bianco. Il volto di Dean si distese completamente e le iridi di Castiel si spostarono velocemente sul suo naso, osservando tutte le lentiggini che lo macchiavano, prima che il viso di Dean si muovesse verso il basso. La fronte del cacciatore si poggiò sulla sua spalla, era pesante, stanco...stanco di essere arrabbiato, forse, stanco di urlare. «Ma nemmeno io sopporterei il perderti di nuovo» sussurrò, mollando del tutto la camicia dell'angelo. Le sue mani scivolarono lungo il corpo di Castiel, sul tessuto morbido e pulito che indossava, sfiorò i suoi fianchi per poi insinuare le dita longilinee e callose sotto il suo amato trench, stringendolo in un abbraccio all'altezza della vita. Le braccia di Dean ora lo circondavano, una mano poggiava sulla sua schiena, l'altra gli stringeva leggermente il fianco. Un abbraccio strano, pensò Castiel, un abbraccio che fin da subito gli risultò molto diverso dagli altri che si erano scambiati, un tocco morbido eppure forte, prepotente. Le mani del cacciatore avevano esitato per qualche secondo nel toccarlo, quasi come se avesse paura che l'amico sarebbe scomparso li, fra le sue braccia, se solo si fosse avvicinato un minimo a lui, ma ora che lo aveva così vicino, non aveva nessuna intenzione di lasciarlo. Castiel, d'altro canto, non sapeva come reagire. Si erano abbracciati spesso nel corso degli anni, ormai si era così abituato ad un azione del genere, che a volte era stato proprio lui a cercarne uno da Dean, ma quello era tutt'altra storia. Le sue spalle cozzavano contro le piastrelle fredde della parete, la schiena leggermente inarcata in avanti per via delle mani del cacciatore, che lo spingevano verso il proprio corpo in cerca di maggiore contatto, quasi come se da questo ne dipendesse la sua stessa vita. Il viso del più alto poggiava sul suo collo, di fatti poteva sentirne il respiro solleticargli lievemente il pomo d'Adamo, i loro busti incollati l'uno all'altro. Dean aveva spostato il suo peso in avanti, in modo da scaricarne un minimo sul corpo di Castiel, quasi come se non volesse farlo scappare dalle sue braccia. Le gambe del più basso erano di poco divaricate, quel tanto da lasciare che una gamba di Dean finisse proprio in mezzo alle sue. Anche in veste di angelo, Castiel poté sentire il battito del suo cuore accelerare: non era abituato ad un contatto fisico del genere, soprattutto con Dean, quest'ultimo non era solito dimostrare le sue emozioni, i suoi sentimenti, odiava cose simili eppure eccolo lì, a stringere il suo migliore amico fra le braccia dopo l'ennesima scomparsa. Portò la mano destra sull'avambraccio dell'uomo, quasi come a dirgli di allentare la presa su di lui. Abbassò lo sguardo, trovandosi però a fronteggiare una chioma ambrata e una camicia di flanella «Dean, io..» tentò di parlare, tentò di scusarsi per ciò che era successo, per averlo fatto preoccupare, per non aver risposto alle sue preghiere, ma il diretto interessato bloccò quelle inutili scuse sul nascere «Sta zitto Cas» lo sentì sussurrare, esasperato, per poi sospirare pesantemente sul suo collo scoperto in gran parte. Sentì un brivido corrergli lungo la schiena e l'unica cosa che riuscì a fare, a parte assecondarlo e quindi rimanere in silenzio, fù provare a stringerlo a sua volta. Con riluttanza, cinse l'addome dell'amico con le sue braccia, aveva paura di sbagliare, di esagerare, di infastidirlo in qualche modo, facendolo allontanare da lui. Perché si, in fin dei conti quella vicinanza gli stava piacendo e solo quando ricambiò la stretta e si rilassò fra quelle braccia, capì di avere anche lui bisogno di gesti simili di tanto in tanto. Così come ne aveva sempre avuto bisogno Dean, troppo fiero per ammetterlo anche a se stesso. Restarono abbracciati per un tempo indefinito, Dean occasionalmente sfregava il viso sul collo di Castiel, quasi come se volesse imprimere una sorta di marchio sulla sua pelle, così come aveva fatto l'angelo quando l'aveva salvato dalla perdizione. Castiel, invece, si limitava a ricambiare la stretta, il mento sul capo del cacciatore, fra i suoi capelli morbidi e biondi. Si godettero a pieno il calore dell'altro, fin quando sentirono la pesante porta del bunker riaprirsi. Si staccarono anche se non troppo velocemente, quel tanto che bastava da non lasciare che Sam e jack li vedessero avvinghiati l'uno all'altro in quel modo. Se era stato abbastanza strano per loro due, figurarsi per Sam e per Jack, una sorta di figlio acquisito per tutti e tre gli uomini. «Castiel!» urlò il ragazzo, felice di sapere che l'angelo fosse vivo. Quest'ultimo si voltò a guardarlo con un sorriso sulle labbra, mentre la mano di Dean indugiò per una manciata di secondi sul suo fianco, prima di allontanarsi totalmente da lui. Il freddo stava per avvolgerlo ma ci pensò proprio Jack a trattenere quel calore sulla sua pelle ancora per qualche secondo, scendendo di corsa quelle scale in ferro battuto, precipitandosi fra le braccia di quello che sua madre Kelly, aveva intitolato ufficialmente come suo padre e suo protettore. «Hai preso la crostata?» domandò a quel punto Dean, strappando le buste dalle mani del fratello minore, poggiandole su uno dei tavoli. Sam sbuffò, scuotendo leggermente la testa, lasciando che qualche ciocca di capelli finisse sul suo viso «Certo che ti ho preso la crostata» affermò, rassegnato al fatto che al fratello maggiore non importasse il livello di colesterolo nel suo sangue. «Allora Castiel, com'è andata?» domandò Sam, lasciandogli una pacca sulla spalla e facendo cenno a Jack di sedersi per cenare. Il nephilim si allontanò dall'angelo e prima di rispondere, vide Dean guardarlo con la coda dell'occhio, in attesa di una risposta. «È andata bene, Sam. Non era un solo angelo ma un gruppo, io li ho-» prima che potesse continuare a spiegare, Dean sbottò «Era un gruppo?! Castiel, sei impazzito per caso?!» si voltò per fronteggiare il suo amico «Ti ricordo che le tue ali sono bruciate per colpa di Metatron, pezzo di idiota!» continuò ad urlare, avvicinandosi al più basso. «Dean, lascia che ti spieghi» tentò Castiel, alzando le mani in segno di resa, un po' ferito da quella sua rinnovata rabbia e da quelle parole sulle sue ali. Sapeva che non erano state dette di proposito o per ferire, ma gli faceva ancora male ricordare che le sue ali non fossero più quelle di una volta, così come quelle di ogni altro angelo. «Castiel, se non fossi riuscito a tenerli a bada, se fossi stato in pericolo, non avresti potuto semplicemente battere le ali e sparire!» Dean continuò ad urlare, incurante degli sguardi di Sam e jack puntati su di lui. Sam guardò con stupore Castiel quando quest'ultimo sviò le iridi lontano da quelle di suo fratello maggiore. Solitamente l'angelo sapeva cosa dire e sapeva come tenere a bada Dean, eppure quella volta sembrò non riuscirci «Dean, lascialo parlare, forse..» tentò il fratello minore, cercando in qualche modo di calmarlo, ma fu subito messo a tacere dal diretto interessato «Cosa, Sam? Ha forse qualche buona scusa per esporsi così tanto e per mettersi in pericolo?» chiese retorico. «Non hai bisogno di me per ricordarti che noi lo facciamo di continuo!» si giustificò, ed effettivamente aveva ragione, erano in costante pericolo, non capiva perché si scaldasse tanto ogni qual volta che il loro amico decidesse di "cacciare" da solo o semplicemente di occuparsi di qualche angelo. «E esattamente quello il punto! Noi» specificò, indicando prima se stesso, poi il fratello minore, successivamente Castiel e il loro figlioccio Jack «Lo facciamo insieme Sammy, e se non lo siamo ci teniamo in contatto il più possibile» detto questo, lanciò un ultimo sguardo proprio a Castiel, un misto tra delusione e rabbia, poi abbandonò la stanza, lui e i suoi innecessari strati di flanella. Lo sguardo di Sam, così come quello di jack, finì immediatamente sull'angelo che sospirò, lasciandosi cadere pesantemente sulla sedia in legno. Si passò una mano sul viso e sobbalzò leggermente quando, in lontananza, sentì una porta sbattere con violenza. «Castiel, cos'è successo li fuori?» chiese con calma il minore dei fratelli, che invece aveva intenzione di ascoltare l'angelo, come aveva sempre fatto. Un paio di sedie si spostarono, segno che gli altri due si fossero seduti al tavolo assieme a lui. «Vedete...» sospirò, scostando le mani dal suo viso «Noi angeli siamo stati decimati» si fermò per qualche secondo, pensando a cosa dire «Un po' dai cacciatori, un po' da noi stessi. Visto che nostro padre è andato via non c'è nessuno che possa crearne altri e nessuno, a parte lui, è in grado di farlo. Il paradiso è alimentato da noi angeli, e se ci "estinguessimo"» virgolettò l'ultima parola con le dita «Il paradiso cesserebbe di esistere» continuò Sam, comprendendo cosa volesse intendere l'angelo. Castiel annuì «E tutte le anime finirebbero qui, sulla terra. Ero andato lì per parlargli proprio di questo, non per combattere. Il paradiso ha bisogno di tutti gli angeli rimanenti e se avessi portato Dean con me, bhe...» sospirò, sfinito. Sam annuì «Li avrebbe attaccati senza pensarci due volte» affermò, incrociando le dita sul tavolo «Già...o gli angeli avrebbero attaccato lui» aggiunse, terminando quella spiegazione che avrebbe dovuto ascoltare anche il maggiore. Sam si voltò verso Jack «Senti, Cas» poggiò lo sguardo su di lui «Io e jack domattina presto partiamo» affermò. Castiel lo guardò con fare interrogativo «ho trovato un caso a un paio di città da qui, credo sia un fantasma, c'è la caveremo, vero Jack?» chiese al ragazzo di fianco a lui. Jack annuì con foga, sorridendo a quelli che erano due dei suoi tre padri «Avrete un paio di giorni per scannarvi, solo...» Sam si fermò, tentando di trovare le parole esatte «Non ammazzatevi» continuò Jack, terminando la frase del minore dei fratelli. Sam sorrise al ragazzo «Esattamente». Castiel sorrise flebilmente, scuotendo la testa «Mi è bastato tirarlo fuori dall'inferno già una volta» sapeva che Sam avrebbe voluto portare anche loro due, ma si sarebbe inventato qualche scusa per convincere Dean a restare lì nel bunker solamente per lasciarli soli, sperando che chiarissero «Grazie ragazzi» sussurrò.
La mattina dopo, i due partirono all'alba. Dean dormiva ancora quindi Sam decise di lasciargli un biglietto in cucina. Quando il maggiore si svegliò, qualche ora dopo la loro partenza, pensò che entrambi stessero ancora dormendo dato che il bunker sembrava vuoto, ma dovette ricredersi quando il suo sguardo assonnato, ricadde sulla macchina del caffè. Un post-it giallo era attaccato su di essa, riconobbe immediatamente la calligrafia di Sam. Tirò fuori il suo cellulare dalla tasca, improvvisamente sveglio ancor prima della sua dose di caffeina mattutina. Cliccò sul numero del fratello, squillò un paio di volte e prima ancora che il minore potesse dire qualcosa, Dean parlò «Che vuol dire "Siamo a caccia"?» chiese, sull'orlo di una crisi di nervi. Sentì il fratello sospirare «Vuol dire che siamo a caccia, idiota» rispose semplicemente. Il maggiore si passò una mano sul viso, esasperato «Sam» lo invitò a parlare, in realtà era più una sorta di minaccia non espressa. «Va bene va bene. Ieri sera ho trovato un caso, sembra essere un semplice fantasma, ce ne occuperemo io e Jack» spiegò a bassa voce, forse il ragazzo al suo fianco si era addormentato. «Prima Castiel ed ora tu?» lo incolpò, arrabbiandosi maggiormente al solo pensiero di ciò che quell'idiota del suo amico aveva fatto. Senti il fratello sospirare dall'altra parte del telefono «Senti, Dean. La situazione è diversa, tu sei stressato e non dire di star bene perché non stai bene» lo precedette, sapendo che il fratello maggiore avrebbe iniziato a contraddirlo «E poi, insomma, è solo uno spirito vendicativo, io e jack sapremmo gestirlo, tu pensa a riposarti. Prometto che se ne avrò bisogno ti chiamerò, ok?». Dean sospirò per l'ennesima volta quella mattina «Va bene, ok...» si sedette al tavolo, poggiando la schiena al muro, rassegnato «Ma l'hai promesso, d'accordo?».
In quel momento sapeva che il suo fratellino stesse sorridendo dall'altra parte del cellulare «D'accordo» affermò «Oh e...Dean, cerca di ascoltare Castiel, ha avuto le sue ragioni». Prima che potesse ribattere su quell'affermazione, suo fratello aveva già interrotto la telefonata. Poggiò il cellulare sul tavolo, sbadigliando subito dopo, aveva assolutamente bisogno di quel caffè. Poggiò la testa sul tavolo, improvvisamente più assonnato di prima ed ironicamente, si ritrovò a ringraziare mentalmente Sam per non averlo svegliato quella mattina. In quelle ultime due settimane non aveva dormito molto considerando che gli bastavano solamente 4 o 5 ore per riuscire a resistere l'intera giornata. Sentì dei passi dirigersi verso la cucina, sapeva che fosse Castiel ma in ogni caso, non alzò il capo dalla superficie del tavolo nemmeno per salutarlo quando fece il suo ingresso nella stanza, ancora troppo arrabbiato per l'accaduto. Sentì i passi veloci dell'Angelo per tutta la cucina, fin quando qualcosa non venne poggiato sul tavolo «Bevi, prima che si raffreddi» disse semplicemente, la voce leggermente roca come sempre. Quello per Castiel non era un gesto fatto per tentare di farsi perdonare, in realtà capitava spesso quando era nel bunker, che l'angelo gli preparasse il caffè. In alcuni casi, quando Sam l'aveva mandato a svegliarlo, si era addirittura presentato in camera sua con una tazza fumante del liquido, lasciando che se lo godesse ancora avvolto dal calore delle coperte. Dean finalmente alzò lo sguardo, la sua camicia era leggermente stropicciata e ricadeva sui suoi fianchi, al di fuori del pantalone nero che indossava. Il nodo della cravatta più allentato del solito e i capelli Corvini erano schiacciati da un lato. Capì che l'angelo quella notte l'avesse passata a letto, anche se probabilmente non aveva dormito. «Grazie» borbottò, combattuto fra la rabbia e la gratitudine. Abbassò lo sguardo sulla tazza calda, afferrandola velocemente, non facendo caso al leggero sorriso nato sulle labbra screpolate dell'amico, ignorando la voglia di riabbracciarlo come aveva fatto la sera prima. Quella vicinanza lo aveva terrorizzato come non mai, eppure, nello stesso momento, fù come se finalmente, dopo tanto tempo, fosse riuscito a respirare. Lui che prendeva la vita di petto, ma che nonostante tutto si precludeva anche quel bisogno primordiale per evitare di fare casini, probabilmente. Non aveva mai avuto una costante nella sua vita a parte Sam, e anche quest'ultimo, un paio di volte era stato strappato via dalle sue braccia. Non voleva averne altre quindi, eppure ne aveva bisogno...e ne aveva avuto la certezza proprio la sera prima, quando non era riuscito a trattenersi e si era sciolto alla vicinanza dell'angelo. Non l'aveva mai abbracciato in quel modo, non si era mai nemmeno azzardato a lasciare la mano sulla sua spalla per qualche secondo in più, temendo che i suoi sentimenti e le sue emozioni prendessero il sopravvento. L'unica cosa che Dean non era mai riuscito a smettere di fare però, era guardarlo, fin troppo affascinato da quegli occhi che ormai conosceva come il palmo della sua mano. Nei primi anni non aveva mai ammesso i suoi sentimenti, anche perchè non sapeva esattamente cosa fossero, ma quell'anno passato in purgatorio lo aveva aiutato a capire. Cresciuto e maturato, li aveva accettati per ciò che erano, nascondendoli negli angoli più reconditi della sua anima. Alcune notti, specialmente quando l'angelo spariva nel nulla, si concedeva di amarlo per qualche ora, pienamente cosciente di se stesso e dei suoi sentimenti, tremante ma avvolto dal calore delle coperte. Si alzò di scatto, dirigendosi nuovamente verso camera sua, non volendo più rimanere in presenza dell'amico, arrabbiato con quest'ultimo ma soprattutto con se stesso. Tutti quelli che amava, in un modo o nell'altro sparivano o finivano uccisi, non voleva che accadesse nuovamente la stessa cosa anche a Castiel, soprattutto perché sapeva che non sarebbe riuscito a superarlo. Si chiuse in camera, poggiando la tazza di caffè sulla sua scrivania, di fianco ad una foto che ritraeva lui da bambino e sua madre. La guardò per una manciata di secondi, sorridendo tristemente al pensiero di non aver ancora trovato il modo di tirarla fuori da quell'incubo di mondo parallelo in cui era stata rilegata. Per non parlare poi del fatto che fosse lì insieme a Lucifero, lo stesso arcangelo che aveva ucciso Castiel davanti ai suoi occhi. Ancora non riusciva a togliersi dalla testa l'immagine dell'amico disteso al suolo, privo di vita, l'ombra scura delle sue ali martoriate incisa sullo sterrato. Respirò profondamente quando sentì bussare alla porta «Dean...» Castiel sapeva che fosse aperta ma non voleva infastidirlo più del dovuto, soprattutto quando il cacciatore si comportava in quel modo con lui «Posso parlarti? Concedimi solo qualche minuto...». Dean sentì la voce dell'angelo spezzarsi «Ti prego» arrivò quasi come un sussurro alle sue orecchie, data la voce bassa e la porta chiusa a dividerli, ma riuscì a sentirlo. Ingoiò quel nodo alla gola che gli si era formato nei secondi precedenti, dandosi del completo idiota quando decise di aprire la porta, permettendogli di entrare, andando contro ciò che aveva fatto solo qualche minuto prima. L'angelo tirò un lieve sospiro di sollievo, impercettibile quasi, ma che il più alto colse comunque, nonostante il suo essere voltato di spalle. Il cacciatore si sedette sul bordo del suo letto per poi appoggiare la schiena sulla testiera in legno, voltandosi finalmente a guardare il suo amico. Quest'ultimo aveva preso posto sulla sedia di fianco alla scrivania, non prima di aver chiuso la porta alle sue spalle. Aveva ancora l'aria di chi si era appena alzato, con l'unica differenza che ora i suoi capelli non erano più schiacciati da una sola parte, ma anzi, erano arruffati, quasi sicuramente ci aveva passato una mano nel mezzo, scompigliandoli maggiormente. Dovette ammettere a se stesso che con quella camicia stropicciata, i capelli disordinati e quegli occhioni blù cosi tristi e dispiaciuti, l'angelo aveva un non so che di adorabile, o almeno, più del solito. In quel periodo raramente gli era capitato di vederlo così, in un contesto così casalingo ed intimo, senza essere ricoperto di sangue o di qualsiasi altra sostanza disgustosa. Gli fece cenno con la testa «Avanti, sono tutto orecchi» distolse lo sguardo, incrociando le braccia al petto, il tono di sfida che aveva usato mascherava perfettamente come realmente si sentisse: arrabbiato certamente, eppure sotto sotto sapeva che non sarebbe durato a lungo. Castiel puntò lo sguardo su di lui, le sue mani ancorate l'una all'altra «La farò breve» cominciò «Noi angeli ci stiamo estinguendo, siamo rimasti in poche decine ormai. Sai cosa sostiene il paradiso, Dean?» chiese. Il cacciatore in tutta risposta si limitò a guardarlo, alzando un sopracciglio. L'angelo sospirò «Siamo noi, o meglio, la nostra grazia, se noi angeli ci estinguessimo, il paradiso cesserebbe di esistere insieme a noi, e tutte le anime accumulate lì sopra, bhe...finirebbero sulla terra» si protese in avanti, poggiando i gomiti sulle sue ginocchia, puntando gli occhi sul cacciatore «Capisci perché non ti ho chiamato? Sapevo che ti saresti precipitato lì e...non potevo permettere che tu o qualcun'altro li uccidesse. Il paradiso ha bisogno di ogni angelo ancora in vita. E oltre tutto, alcuni sono molto diffidenti con gli umani, soprattutto nei vostri confronti, non volevo mettere in pericolo te, tanto meno Sam o Jack» terminò la sua spiegazione alzandosi dalla sedia. Fissò per qualche secondo Dean, ancora seduto sul letto, intendo ad immagazzinare e a processare le informazioni che avevano appena bombardato il suo cervello. «Bene, io ora...credo che...» l'angelo indicò la porta, comunicandogli in quel modo che stesse per andarsene. Sorrise flebilmente, almeno Dean l'aveva ascoltato e ora che aveva tutte le informazioni necessarie, forse avrebbe capito e forse, sarebbe riuscito a far scemare quella rabbia annidata da qualche parte fra il diaframma e lo sterno. Voleva solo che quell'ostilità nei suoi confronti cessasse, gli risultava ancora difficile capire gli umani a volte, e ritrovarsi con Dean così lunatico, non lo aiutava molto. L'angelo aprì la porta della camera, ma prima che potesse uscire, venne bloccato dalla voce del cacciatore «Frena frena frena, Castiel» il diretto interessato si voltò verso l'amico «Siediti» indicò con un cenno il materasso in Memory foam, lasciando che si sistemasse su di esso «quindi mi stai dicendo che se mai gli angeli morissero tutti, il paradiso sparirebbe?» chiese. Castiel annuì «In breve si. La nostra grazia è l'essenza del paradiso» spiegò. A quel punto Dean ingoiò a vuoto, come al solito aveva lasciato che la sua rabbia prevalesse e aveva agito d'istinto, senza nemmeno conoscere le ragioni dell'amico «E nessuno può...crearne altri? Insomma, tralasciando Chuck» chiese ancora, sistemando meglio la schiena contro la testiera del letto, il viso ormai rilassato, quasi comprensivo nei confronti dell'altro. Lo sguardo di Castiel cadde sulle sue stesse mani, le dita longilinee si torturavano a vicenda, tradendo il suo viso rilassato «Dean...nessuno ha un potere simile» sospirò pesantemente «Scusami se non te l'ho detto prima, ma con la questione di tua madre e tutto il resto...non volevo darvi altri problemi» affermò, guardandolo timidamente con la coda dell'occhio, intimidito da quelle iridi verdi delle quali si era innamorato la prima volta che le aveva viste laggiù, all'inferno, segnate dalle torture che aveva subito e che Dean stesso aveva inflitto. Il cacciatore lo guardò per qualche secondo, dispiaciuto a sua volta per essersi comportato come un coglione e per averlo fatto sentire, ancora una volta, quello sbagliato. Anche se per Dean, l'amico era perfetto così com'era, con le sue insicurezze, il suo essere avventato ed eccessivamente protettivo nei loro confronti, anche se questo spesso comportava il mettere a rischio la sua stessa vita. Allargò di poco le braccia, allungandole verso l'angelo seduto sul bordo del suo letto «Vieni qui». Castiel lo guardò stranito, il volto leggermente inclinato a destra, le labbra screpolate di poco separate, le sopracciglia aggrottate quel tanto che bastava a creare delle leggere rughe d'espressione sulla sua fronte. L'aria stralunata di chi non era riuscito a cogliere le parole del suo interlocutore, come spesso gli era capitato durante i suoi primi anni sulla terra, soprattutto con Dean e i suoi continui riferimenti a vari film e alla cultura pop in generale. Il cacciatore sbuffò «Coraggio» lo incitò, spazientito, indicandosi il petto con un gesto veloce delle mani. Castiel a quel punto credette di capire, anche se non ne era del tutto sicuro. Si sfilò le scarpe ancora slacciate, voltandosi verso di lui e quando fù abbastanza vicino, Dean si protese in avanti, cingendogli saldamente la vita, per poi trascinarlo verso il suo addome. Poggiò nuovamente le spalle e la schiena alla testiera del letto, allentando di poco la presa su di lui quando lo sentì muoversi, permettendogli di sistemarsi meglio fra le sue braccia. Per quanto Castiel fosse sorpreso da quell'azione, non si staccò dal cacciatore, al contrario, sistemò le ginocchia ai lati delle sue gambe, bilanciando il suo peso meglio che poté, in modo da non pesare troppo sul corpo dell'altro. A quel punto, quando l'angelo sembrò essere a suo agio, Dean tornò a stringere la presa su di lui, avvicinandolo nuovamente a sé. Il calore che avevano sentito la sera prima li avvolse nuovamente, facendo increspare le labbra del più basso in un flebile sorriso. Non provava spesso cose simili, il battito accellerato, la felicità che lo pervadeva...erano cose da "umano" eppure, con Dean era sempre stato così, l'unica persona che riusciva a fargli provare delle emozioni così intense. Quell'anima così pura e benevola da quasi accecarlo all'inferno, quando finalmente l'aveva rimessa insieme, tutta intera, come avrebbe dovuto essere. E quella volta aveva urlato, così forte che tutto il cosmo seppe che finalmente, l'angelo Castiel era riuscito nel suo intento, tutto il cosmo seppe che Dean Winchester era di nuovo vivo. Fece scivolare le sue mani lontano dal petto di Dean, stringendolo a sua volta in un leggero abbraccio, permettendo al suo corpo di rilassarsi totalmente dopo intere settimane. «Mi dispiace, Cas» sussurrò il cacciatore, lasciando per un attimo la presa sull'amico solamente per insinuare le sue mani sotto il trench, rendendosi conto che in quel momento non indossasse la sua solita giacca nera, ma solo la candida camicia bianca, la cravatta blu annodata in malo modo. «Per tutto» sussurrò nuovamente quando senti l'angelo nascondere il viso nell'incavo del suo collo «E per le tue ali...» gli accarezzò la schiena, risalendo con una mano verso le scapole, toccando con attenzione il punto in cui, ipoteticamente, avrebbe dovuto esserci l'attaccatura di una di esse «sei un angelo, so quanto fossero importanti per te...non avrei dovuto dire quelle cose ieri sera» si fermò per qualche secondo, pensando a cos'altro dire «sono stato uno stronzo» confermò, più a se stesso che all'altro. Sentì il battito del cuore accellerare quando una domanda balenò nella sua mente: e se Castiel provasse le stesse cose? Impossibile, si corresse subito dopo, era un angelo e da tale avrebbe dovuto amare ogni essere umano allo stesso modo. Ma allora perché era proprio lì, fra le sue braccia, praticamente seduto sulle sue gambe, a godersi il calore dei loro corpi? Perché aveva deciso di restare al suo fianco anche dopo aver portato a termine il compito affidatogli?
"Tu sei diverso" gli aveva detto.
"Mi sono ribellato, ho ucciso due dei miei fratelli questa settimana, ho rinunciato ad un esercito. Ho fatto tutto questo solo per te" solo in quel momento, dopo anni, quelle parole lo colpirono con la forza e la brutalità di un treno in corsa. Castiel da molti era stato considerato l'angelo custode dei Winchester e in fin dei conti un po' lo era, nonostante il suo attuale grado di Serafino, ma tutto quello l'aveva fatto esclusivamente per Dean. Era stato scelto per riassemblare l'anima del tramite di Michele e avrebbe eseguito gli ordini senza problemi anche dopo, ma qualcosa era cambiato in lui, non capì esattamente cosa o almeno, non totalmente, ma fin da subito si sentì irrimediabilmente legato a quell'anima. Tanto da premeditare il suo dolo nei confronti dei piani alti, finendo per essere praticamente un ricercato. Eppure non si era mai pentito delle sue azioni, soprattutto quando si trattava del maggiore dei fratelli. «Si, sei uno stronzo...» affermò l'angelo «ma va bene così, insomma» si spostò leggermente, quel tanto da permettergli di guardate il viso di Dean con la coda dell'occhio «Anche io non scherzo. E poi...» l'angelo risistemò il suo viso sul collo e la spalla dell'altro, la stessa spalla dove il marchio della sua mano ancora persisteva, fiero, come simbolo dell'unione della sua grazia e l'anima dell'uomo «le mie ali sono bruciate, non ti sbagli, oramai non posso più volare...So che l'hai detto perché eri preoccupato» lo rassicurò, sorridendo flebilmente sulla pelle dell'altro, riscaldata dal suo stesso respiro. In quel momento, il peso che Dean portava sulla coscienza si alleggerì, rassicurato dalle sue parole, anche se in parte. Le sue mani scivolarono quindi sui fianchi dell'amico, li strinse impercettibilmente in un gesto inconscio, quasi come se volesse imprimere le sue impronte su di essi. Ormai quella domanda era piuttosto vivida nella sua mente e sapeva che se non si fosse tolto il dubbio in quel preciso istante, prima o poi l'avrebbe comunque fatto. Tanto valeva parlare in quel momento, insomma, quando avrebbe trovato mai un occasione ed un atmosfera più giusta di quella? Entrambi erano in costante pericolo ed era conscio del fatto che forse una cosa del genere non sarebbe più riuscita a riviverla con l'angelo. «Castiel, guardami» gli disse, allontanando con leggerezza il suo corpo, ma stringendo comunque la presa sui fianchi. Il busto dell'amico, che fino a quel momento era rimasto pressato sul suo, si allontanò di qualche centimetro, avvertendo le labbra screpolate e secche di Castiel staccarsi dalla sua pelle. Un brivido gli corse lungo la spina dorsale quando anche le sue mani scivolarono via dalla sua schiena, raffreddando la zona che entrò in contatto con l'aria gelida del bunker, annullando quella vicinanza così tanto desiderata probabilmente da entrambi. Gli occhi blu di Castiel vagarono per qualche secondo sul volto dell'uomo, in cerca di un qualcosa che gli suggerisse rabbia o odio. Quell'idea lo spaventò per qualche secondo, ripensando a come si era comportato la sera prima, temeva che ora lo avrebbe allontanato nuovamente. Ma quando non trovò nulla di tutto ciò sul volto e negli occhi dell'amico, i muscoli delle sue gambe, che si erano tesi in un riflesso quasi istintivo, finalmente si rilassarono, abbandonando parte del suo peso sulle cosce di Dean. Quest'ultimo però, non sembrò notare la cosa, troppo impegnato a ricordare ai suoi polmoni di funzionare. Aveva deciso di provare, nella mente aveva inciso quei momenti in cui Castiel aveva esplicitamente compiuto un azione solamente per lui, quelle volte in cui gli aveva salvato la vita, quel paio di occasioni in cui l'angelo aveva detto "ti amo" ma i suoi occhi blu non erano incastrati nelle sue iridi verdi, lasciandogli quel dubbio utopico nella mente, privandolo del sonno. Gli si seccarono le labbra, i suoi occhi rimbalzarono da una parete all'altra per una manciata di secondi, incerti, poi si posarono sulle sue stesse mani. Quelle mani che erano così abituate a stringere un pezzo di ferro o il manico di una qualsivoglia arma, ma che ora, invece, stringevano i fianchi dell'angelo, qualcosa di decisamente più morbido, caldo e per quanto non fossero mai stati così vicini l'un l'altro, in quel momento Dean capì che era quello ciò che voleva più di ogni altra cosa: stare col suo angelo ma in una maniera tutta nuova. Ingoiò rumorosamente, inumidendo la sua gola che in quel momento era secca come il più caldo dei deserti «Cas» ripetè, come a voler attirare la sua attenzione anche se il diretto interessato non gli aveva staccato gli occhi di dosso, incuriosito. «Tu...» sospirò, fermandosi nuovamente per qualche secondo, temporeggiando perché la sua mente, troppo abituata ad una visione pessimistica, gli urlava che sarebbe andato tutto male, che avrebbe dovuto fermarsi...e anche un po' perché le sue labbra non erano abituate a pronunciare quelle particolari due parole. «Mi ami?» chiese in fine, mandando la ragione a quel paese, lasciando a se stesso il permesso di sperare, almeno per quella volta, in un qualcosa di veramente positivo. Castiel aggrottò le sopracciglia, guardandolo confuso. Di certo non si aspettava una domanda del genere, anche perchè non sapeva esattamente cosa rispondere. Lui era un angelo e si, col tempo si era reso conto che ciò che provava nei suoi confronti fosse amore, in realtà sembrava che tutti se ne fossero resi conto prima di lui, persino Crowley. Non sapeva Dean cosa intendesse per "Amore", ma sperò con tutto se stesso che si riferisse a ciò che provava per lui, ciò che aveva sempre provato ma che, abituato ad eoni di nulla in veste di angelo, aveva compreso a pieno solo pochi anni prima. Distolse lo sguardo e Dean sorrise alla vista di quel leggero rossore sulle sue gote, anticipando di qualche secondo la risposta positiva che ormai si aspettava. La mano di Castiel si spostò melliflua sulla spalla sinistra del cacciatore, stringendola con delicatezza, ricordando ad entrambi il loro primo incontro. Le iridi blù dell'angelo restarono li, imbarazzato, ma riusci comunque a trovare il coraggio di annuire, dandogli finalmente una risposta «Per te...» i sui occhi rimasero bassi mentre raccoglieva quelle poche briciole di coraggio che gli restavano «Per te va bene, Dean?» chiese, alzando finalmente lo sguardo sul suo viso, tanto vicino da poter distinguere ogni singola lentiggine su di esso. «Più che bene» sussurrò il cacciatore, osservando il viso imbarazzato ed incerto di quello che ormai poteva deliberatamente considerare il suo angelo. Felice per ciò che era appena successo, il cuore a mille, una conferma che sotto sotto, aveva aspettato per molto tempo, più di quanto la sua mente rammentasse, appoggiò per qualche secondo la fronte sulla spalla dell'altro, incredulo, inalando a pieni polmoni il leggero profumo della sua pelle. «Dean?» lo sentì sussurrare, quasi come se avesse paura di disturbarlo, mentre la mano che ancora riposava sulla sua spalla, risalì sul collo, regalandogli una leggera carezza. Alzò lo sguardo sù di lui, come per rassicurarlo e dopo aver sorriso flebilmente, si avvicinò alle sue labbra. Si, quelle che aveva desiderato per intere notti, sulle quali più volte aveva fantasticato, le labbra che spesso aveva osservato anche nei momenti meno opportuni, la fine del mondo alle porte. Fù un leggero sfiorarsi, come per sigillare quello che era appena accaduto, unendo la grazia dell'angelo e l'anima del cacciatore ulteriormente. E in quell'istante, un sussurro si insinuò nella mente di Castiel, subdolo quanto forte e cristallino. Il cacciatore pensò a quelle parole, inconsapevole del fatto che l'angelo potesse udirle, quasi come se stesse pregando, comera solito fare quando aveva bisogno di lui. Le labbra di Castiel erano morbide e calde sulle sue, ma tanto secche che il cacciatore ebbe quasi paura di ferirlo quando afferrò il labbro inferiore fra i denti, stringendolo scherzosamente, un sorriso dipinto sul volto. Da quanto non baciava qualcuno nemmeno se lo ricordava, ma soprattutto, si chiese se lui l'avesse mai baciata una persona in quel modo. Probabilmente no, non l'aveva mai fatto e fù contento che quella prima volta, l'avesse ceduta a Castiel, lo stesso angelo che ora lo guardava con fare interrogativo, un paio di dita sul labbro inferiore, intento a tastarlo lievemente. Dean gli sorrise di rimando, sarebbe stato bello essere la prima volta dell'angelo, la prima volta praticamente in tutto, visto che spesso l'amico gli aveva confidato di non aver mai avuto esperienze simili da angelo perché "troppo impegnato" anche solo per pensarci. Castiel, dal canto suo, proprio non capiva perché il cacciatore gli avesse morso il labbro, ma più di tutto, non capì perché avesse pregato in quel momento. Alzò allora un sopracciglio, osservando le dita con le quali aveva tastato il suo labbro, non trovandoci sangue «Perche hai pregato, Dean?» domandò allora, rilassando i muscoli del suo corpo che, pochi secondi prima, si erano contratti spontaneamente, sorpreso da quell' improvviso contatto. Il cacciatore aggrottò le sopracciglia, le labbra si strinsero leggermente, non capendo esattamente cosa intendesse. Poi, d'un tratto, gli occhi gli si spalancarono «Non l'ho fatto di proposito» un leggero rossore dipinse le sue gote, un rossore che Castiel apprezzò, dato che non faceva altro che far luccicare maggiormente i suoi occhi verdi. Rabbrividì leggermente quando sentì le mani di Dean allontanarsi dai suoi fianchi, accarezzandogli le cosce dolcemente, osservando i movimenti delle sue stesse mani «L'ho solo pensato in quel momento» affermò poi «Per quanto possa valere ora, però, visto che tecnicamente te l'ho già detto» gli occhi del cacciatore risalirono lungo tutto il suo corpo, osservandolo quasi con riverenza, per poi fermarsi sul suo viso «Ti amo, Castiel» sussurrò, avrebbe dovuto decisamente abituarsi a quelle parole, così come l'angelo. Questa volta fu proprio lui ad avvicinarsi al cacciatore, lasciando un leggero bacio a stampo sulle sue labbra, preso dal momento. Dean sorrise spontaneamente a quell'improvviso spirito d'iniziativa «Allora» iniziò, dando una pacca sulla coscia di Castiel «Andiamo a fare colazione? Potrei preparare qualcosa, che ne dici?» domandò poi. Le labbra dell'angelo si incresparono in un leggero sorriso, annuendo subito dopo. In pochi secondi, si era scostato dalle sue gambe e furono entrambi in piedi. Castiel si diresse alla porta ma prima che potesse uscire dalla stanza, il cacciatore lo richiamò. «Cas, togli quel trench» si fermò per qualche secondo, riflettendo «Anzi, ho un idea migliore».
Castiel si voltò verso di lui, trovandolo con il viso immerso in quell'armadio d'ebano pieno di camice di flanella e vari jeans. Lo sentì mugugnare qualcosa di indistinto, prima di riemergere da quel marasma di vestiti con in mano un comodo pantalone grigio e una delle poche felpe che col tempo, aveva deciso di tenere ancora. «Ah ha!» trionfante, poggiò sul letto i due indumenti, chiudendo poi l'armadio «Togli tutto ed indossa questi» disse, avvicinandosi alla porta ormai aperta, lasciando una pacca sulla spalla dell'amico. «Dean, non preoccuparti, non c'è bisogno di-» prima che potesse controbattere, il cacciatore lo richiamò «Castiel» disse, zittendo l'angelo, fermando qualsiasi scusa stesse per uscire dalle sue labbra «Indossali e basta, non ti farà male toglierti questa camicia di dosso» lo guardò con la coda dell'occhio, alzando un sopracciglio «Non che non apprezzi ciò che vedo» specificò poi, un sorriso quasi provocatorio era dipinto sulle sue labbra. Il proprietario della camera uscì da quest'ultima, soddisfatto nel vedere le gote dell'angelo tingersi di un intensa tonalità di rosso. Castiel si limitò a sospirare, alzando gli occhi al cielo per qualche secondo, poi iniziò a spogliarsi, facendo scivolare dalle sue spalle il fidato trench, lo stesso che Dean aveva tenuto per mesi nel cofano della sua amata Impala, non riuscendo a separarsene dopo la sua presunta morte. Sciolse il nodo alla cravatta e tolse velocemente la camicia spiegazzata, fece la stessa cosa anche con i pantaloni, lasciandoli sulla sedia di fianco alla scrivania. Sobbalzò leggermente quando sentì un forte trambusto provenire dalla cucina, per un attimo pensò di andare a controllare ma si trattenne, principalmente perché al momento indossava solo i suoi box, e poi insomma, doveva solo preparare la colazione, cosa sarebbe andato storto? Afferrò i pantaloni, infilandoli velocemente, costatando che questi ultimi fossero leggermente troppo lunghi per lui, ma fortunatamente gli elastici intorno alle caviglie impedivano al tessuto di finire al di sotto dei suoi piedi. Lo alzò leggermente, tenendolo più alto in vita, poi afferrò la felpa. Si stupì nel sentire quanto caldo fosse quell'indumento una volta indossato e per un attimo chiuse gli occhi, godendosi la morbidezza di quel tessuto spesso. La sistemò meglio che poté sul suo corpo, dato che anch'essa era abbastanza grande per lui. In realtà, osservandola e notando la lunghezza delle maniche, capì che fosse grande anche per Dean, tanto che le sue clavicole erano leggermente scoperte dal tessuto nero. Uscì scalzo dalla camera e si diresse lentamente verso la cucina, incerto ed imbarazzato: era strano per lui indossare abiti simili ed il cacciatore l'aveva visto solamente un paio di volte senza il suo solito completo. Quando fece il suo ingresso in cucina, Dean stava preparando l'impasto per i pancake probabilmente, mentre del bacon friggeva su di una padella ben unta. «Dean» lo richiamò, facendolo girare di scatto. I suoi occhi si spostarono lungo tutta la figura dell'angelo, spalancandosi per una manciata di secondi, subito dopo un espressione quasi compiaciuta si aprì sul suo volto. Castiel si strinse leggermente nelle spalle, distogliendo lo sguardo dal più alto, puntandolo sulle sue mani in parte coperte dalle maniche della felpa nera «Dean, non so se questi siano...» si bloccò per qualche secondo, a disagio «Forse dovrei solo...vado a rindossare i miei vestiti» concluse frettoloso, voltandosi nuovamente verso la porta, imbarazzato a tal punto da diventare quasi impaziente di uscire da quella stanza. «No no no, Cas» si affrettò il cacciatore, poggiando sulla superfice della cucina la ciotola che teneva in mano, avvicinandosi quasi di corsa all'angelo che stava per uscire dalla stanza. Lo afferrò per un polso, fermandolo «Dove credi di andare» lo attirò a se, facendo scontrare il suo petto con la schiena del più basso. «Dean» ripeté il corvino, tentando di allontanarsi da lui quasi istintivamente, ma prima di riuscirci, la presa sul suo polso si allentò e quella mano scivolò sul suo petto, trattenendolo. Al cacciatore sfuggì quasi una risata nel vedere la sua reazione, si era reso conto del suo imbarazzo ma quella versione di Castiel, così "casalinga" gli piaceva, soprattutto perché quelli che indossava erano i suoi vestiti. Non sapeva propriamente perché, ma aveva sempre avuto un debole per cose del genere e in quel preciso istante, non gli avrebbe certo permesso di ritornare al suo usuale vestiario. Sam e Jack non c'erano e per quanto fosse preoccupato, era deciso a godersi al meglio quei giorni che aveva in compagnia dell'altro. «Sono un po' grandi» affermò il cacciatore, osservando di sottecchi le clavicole scoperte dell'altro «Ma andranno bene, no?» chiese retorico, perfettamente conscio del fatto che di certo il problema lì non fosse la taglia dei vestiti «Coraggio, rilassati un po', mangiamo qualcosa e poi ritorniamo in camera, ti va?» le sue mani si mossero veloci verso i due lacci ai lati del cappuccio della felpa nera, legandoli insieme in un morbido fiocco. Castiel osservò le mani del cacciatore, domandandosi cosa stesse facendo ma quando alzò lo sguardo verso di lui, non poté fare a meno di notare quanto fosse felice e quasi...spensierato in quell' istante. Sorrise a sua volta e non poté fare a meno di annuire, decidendo di lasciarsi andare una volta per tutte e magari tentare di abituarsi a quella nuova atmosfera che aleggiava fra di loro. Dean gli lasciò una pacca sulla spalla, com'era solito fare, ritornando poi a preparare la loro colazione, attirato anche dal forte sfrigolio del bacon. Sapeva che Castiel non sarebbe riuscito a sentire il gusto di ciò che stava preparando, sapeva che poteva sentire solo un lontano sentore di quei sapori, eppure ci teneva a quel tipo di cose, quel calore all'altezza dello stomaco che lo pervadeva ogni qual volta si sedevano tutti insieme intorno ad un tavolo per i pasti, come una vera famiglia. Certo, una famiglia composta da tre cacciatori, un angelo del signore e un nephilim, ma per quanto strana ed insolita, quella era la famiglia di Dean e non ci avrebbe rinunciato per nulla al mondo. Allo stesso tempo, Castiel sapeva quanto Dean tenesse a queste cose e a dirla tutta, dopo tanto tempo, ci si era affezionato anche lui a quelle usanze, non erano di certo un problema, avrebbe fatto di tutto per quella che era diventata la sua famiglia, per Dean. L'angelo si sedette al tavolo, aspettando pazientemente e quando finalmente fu tutto pronto, lo chef si lasciò cadere sulla sedia di fronte a lui, soddisfatto di ciò che aveva preparato.
Dean gli sorrise, strofinandosi le mani e guardando il suo amato bacon con aria quasi famelica. Iniziarono a fare colazione in silenzio, quest'ultimo durò praticamente per quasi tutto il lasso di tempo, un silenzio piacevole, colmato solamente dai loro respiri ed il suono delle posate. Castiel osserò Dean mangiare con la sua solita foga e si ritrovò a sorridere divertito, cosa che faceva spesso quando lo guardava mangiare in quel modo, con l'unica differenza che in quel momento non era costretto a trattenersi. Il diretto interessato adocchiò quelle labbra lievemente increspate, la sua forchetta bloccata a mezz'aria, un filo di sciroppo d'acero colava da quest'ultima, beccando il piatto sottostante quasi per miracolo. «Che c'è?» chiese a quel punto, abbassando la posata e pulendosi la labbra con un fazzoletto, la bocca piena di pancake. Castiel in quell' istante terminò la sua colazione, poggiando la forchetta sul piatto e scuotendo minimamente il capo, divertito «Nulla» rispose, continuando a sorridere come un idiota. Portò una mano verso il suo collo, sfiorando con le dita il morbido fiocco che Dean gli aveva annodato, iniziando a giocherellare con le estremità dei lacci, capendo fosse una cosa puramente estetica, stette attento a non tirare troppo, in modo da non scioglierlo. «Dovremmo dirlo a Sammy e a Jack?» chiese a quel punto il cacciatore, cogliendolo di sorpresa. I loro occhi si incrociarono, Castiel inclinò leggermente il capo con fare interrogativo «Perchè non dovremmo?» chiese a sua volta. Il cacciatore scosse il capo «Bhe si, dovremmo dirglielo, intendevo...per te andrebbe bene?» chiese ancora, speranzoso. L'angelo annuì, fermamente convinto che entrambi meritassero di sapere la verità «Dean, credo che Sam si sia già reso conto della cosa, ancor prima di tutto questo...» disse calmo, sorridendo al ricordo di tutte quelle volte in cui il fratello minore del cacciatore, li aveva punzecchiati ed ora che ci rifletteva per bene, l'angelo avrebbe potuto giurare che quel gigante più volte li aveva lasciati soli di proposito, con qualsiasi scusa anche solo un minimo plausibile. Dean sorrise, sembrò rammentare quelle cose allo stesso modo, lo sguardo ora puntato sul piatto sporco poggiato sul tavolo «Perfino Crowley...» sussurrò «Anche...Balthazar? Era quello il suo nome? Quello che odiava il Titanic» precisò iniziando ad impilare i piatti vuoti uno sopra l'altro. Castiel annuì, silenzioso, e per qualche secondo, il senso di colpa lo pervase. Lui lo aveva ucciso senza alcuna pietà, "per uno scopo superiore" continuava a ripetersi per giustificare quell'atto, eppure sapeva che se in quel momento si fosse ripresentata quell'occasione, non l'avrebbe mai ucciso. Balthazar era stato l'angelo a lui più vicino dopo che Gabriele era scappato dal paradiso, il suo soldato migliore, quello che in cuor suo, nonostante il suo ruolo di angelo, riusciva comunque a definire "amico". Quello che nonostante tutto aveva salvato Sam e Dean, gli aveva dato una mano per raggiungere la vetta e lui l'aveva ripagato così, ficcandogli una lama angelica nel cuore. Si riscosse dai suoi pensieri, non voleva perdersi nei sensi di colpa come suo solito «Cosa ti aveva detto?» chiese curioso, alzandosi dalla sedia per dare una mano al cacciatore per sparecchiare. Dean sospirò «Bhe» poggiò i piatti nel lavandino, togliendo dalle mani dell'angelo gli ultimi rimasti, facendo la stessa cosa. «Niente di che, insomma, mi disse solo che mi amavi» affermò con nonchalance, voltandosi verso di lui. Si appoggiò alla cucina, sorridendo soddisfatto nel vedere la reazione del più basso, che aveva gli occhi leggermente sbarrati e le gote arrossate. Castiel avrebbe decisamente dovuto abituarsi a quelle parole, a quella situazione, sapeva che gli aveva già detto di sì, che lo amava, ma probabilmente certe cose lo avrebbero messo in imbarazzo per un po', non poteva fare nulla a riguardo. Abbassò il capo, stringendosi con leggerezza nelle spalle, facendosi ancora più "piccolo" in quella felpa di almeno due taglie in più del necessario. E Dean adorava quel suo modo di fare, il modo in cui sembrava essere esageratamente magro in quei vestiti o nel suo trench, forse per via della sua postura o chissà cosa, il modo in cui ora arrossiva alle sue affermazioni, il modo in cui lui stesso gli parlava, entrambi liberi da qualsiasi vincolo, liberi da loro stessi e dalle loro insicurezze. L'angelo aprì bocca, scostando lo sguardo da quello del cacciatore «Io...» iniziò, la voce tremante, le mani sfregavano l'una contro l'altra «Gli avevo solo detto di non...di non toccarti, di non farti del male oppure avrebbe dovuto vedersela con me» confessò, alzando lo sguardo su di lui quasi preoccupato. E Dean gli sorrise, perché per quanto strana potesse risultare quell'affermazione ad una persona qualsiasi, ad un cacciatore come lui non poteva fare altro che sciogliere il cuore. Si staccò dalla cucina e si avvicinò a lui, alzando una mano verso quel volto stanco e segnato, gli accarezzò con leggerezza la guancia, passando subito dopo ai capelli. Li scompigliò più di quanto già non lo fossero, rendendosi conto solo in quel momento di come risultassero morbidi e setosi al tatto. «Dean» l'angelo alzò lo sguardo «Non stanno giù, le ho provate tutte, non peggiorare le cose» e in quell' istante, il cacciatore si chiese come un uomo di quasi 40 anni potesse risultare quasi tenero ai suoi occhi. Ricordandosi subito dopo che si, quello era il corpo di Jimmy novack, ma ciò che risiedeva al suo interno era ben diverso, estraneo, nuovo a tutto quello che stava accadendo in quel momento. Strofinò più velocemente la mano fra quei capelli Corvini, quasi per dispetto «Allora, andiamo?» chiese, indicando con un cenno della testa l'uscita della cucina. L'angelo annuì, seguendolo verso la sua camera. Quando entrambi vi entrarono, il cacciatore chiuse la porta alle sue spalle «Guardiamo un film?» domandò. Dean era consapevole del fatto che avesse allestito una stanza propri per quello, per svagarsi, guardare un film o giocare a biliardo, eppure voleva rimanere in quelle quattro mura, su quel letto confortevole, un intimità che solo una camera da letto sarebbe riuscita a dare. Castiel non poté non notare il sorriso sul volto del cacciatore ed annuì, coscio del fatto che probabilmente avrebbero guardato l'ennesimo film ambientato nel farwest, quei film da Dean tanto amati. Si sedette sul bordo del letto, affiancato subito dopo dal cacciatore «Cas» iniziò l'altro, mentre aspettava che Netflix si avviasse del tutto sulla loro TV «Posso...posso chiederti una cosa?» Castiel si voltò verso di lui e notandolo così stranamente insicuro, un velo d'ansia iniziò a corrodergli lo stomaco, si limitò quindi ad annuire anche questa volta. «Io...bhe» si arrestò per qualche secondo, a Dean sembrava una domanda stupida quella che ormai da tempo aleggiava nella sua mente, eppure in quel momento persisteva più del solito «Le vostre ali, come....come sono? O almeno, com'erano» domandò alla fine. Il peso sul diaframma di Castiel si alleggerì anche se di poco «Cosa intendi, Dean» si sistemò meglio sul materasso, osservando le mani del cacciatore stringere compulsivamente il telecomando. «Intendo...molte leggende dicono che sono bianche e che quando...che quando un angelo cade diventano nere, cose del genere, insomma» tentò di spiegarsi meglio che pote, quando in realtà neanche lui sapeva esattamente cosa volesse sapere. Tutto? Ipotizzò. Tutto quello che c'era da sapere, era incuriosito, anche perché aveva visto solo l'ombra di quelle ali. Castiel lo osservò per qualche secondo, poi annuì «immagino tu sappia che ci sono diversi ordini di angeli in paradiso, giusto?» chiese. Dean lo guardò e sembrò pensarci sù per una manciata di secondi, ma poi annuì, poggiando il telecomando della TV sul morbido materasso. «Bene, prima di tutto devi sapere che alcuni angeli, Serafini Cherubini e Troni, non hanno solo un paio di ali ma tre» spiegò. Dean lo guardò confuso «Credevo che il grado più alto fossero gli Arcangeli. Insomma, mi hai detto che sono i più potenti quella volta da Chuck». Castiel sospirò «bhe si, i semplici angeli e gli arcangeli sono dei condottieri, quindi tecnicamente sono i più forti, ma anche quelli più vicini all uomo» si fermò per qualche secondo, iniziando a giocherellare distrattamente con le maniche della sua felpa, distogliendo lo sguardo dalle iridi incuriosite del cacciatore «Per quanto riguarda il colore...molte sono bianche. Quelle di Lucifero, ad esempio, sono sempre state considerate le più maestose, di un bianco candido, ma non tutte sono così. Il colore può variare su qualche leggera tonalità di marrone. E no, quando un angelo cade non diventano nere, vengono semplicemente...bruciate» terminò la sua spiegazione, con un groppo in gola che fortunatamente riuscì a mandare giù facilmente, nonostante il ricordo del dolore e del bruciore alle sue ali al momento della caduta «Vuoi sapere altro?» chiese, alzando finalmente lo sguardo sul cacciatore. Quest'ultimo lo osservò attentamente, appoggiando i palmi delle sue mani sul letto, leggermente più dietro del suo busto, scaricando su di essi un po' del suo peso «Tu cosa sei di preciso, Cas?» chiese a quel punto «Voglio dire, mi hai sempre detto di essere un angelo, nulla di piu» puntualizzò, i suoi occhi si spostarono per una frazione di secondo sulle labbra del diretto interessato e non poté fare a meno di desiderarle di nuovo sulle sue. Castiel, d'altro canto, rimase un po' stupito da quella domanda, nessuno mai glielo aveva chiesto «Sono un Serafino. In realtà sono sempre stato un semplice angelo, ma quando Lucifero mi uccise durante la prima apocalisse, per qualche assurdo motivo, Chuck mi riportò in vita in veste di Serafino». Dean lo guardò «Mi stai dicendo che la tua vera forma e un bestione con tre paia di ali e tipo...quattro teste?» chiese stupito, sbarrando gli occhi. Le labbra di Castiel si arricciarono in un leggero sorriso, un po' imbarazzato dalla reazione del cacciatore «In breve si». Dean gli regalò una giocosa pacca sulla spalla, facendolo dondolare leggermente sul posto «Figlio di puttana, sei proprio un tipo cazzuto eh» si fermò per qualche secondo, improvvisamente pensieroso «Peccato che non possa vederti...» sussurrò, abbassando lo sguardo, rattristato da quell'improvvisa consapevolezza. Gli sarebbe piaciuto davvero vedere la vera forma di Castiel, del suo angelo, conoscerlo per com'era realmente, ma c'era sempre stato quel piccolo problemino della perdita della vista. Sapeva che alcuni esseri umani potevano vederli e Dio solo sa quanto sarebbe stato geloso se qualcuno, oltre agli stessi angeli, fosse riuscito a vedere la sua vera forma. «L'unica cosa che riuscirei a portare in questa dimensione e mostrare sarebbero un paio delle mie ali, non ci sarebbe alcuna conseguenza» Castiel lo risvegliò con quelle parole dette sovrappensiero, una nuova voglia si fece strada fra le viscere del cacciatore. Si voltò a guardare l'angelo «Puoi mostrarmele, Cas?» chiese cautamente, conscio del fatto che l'argomento "ali" fosse molto delicato. Castiel, d'altro canto, sembrò non essersi nemmeno reso conto delle sue stesse parole o almeno, credeva che non avessero mai lasciato le sue labbra, tanto ché si ritrovò a sbarrare gli occhi. L'ansia iniziò a pervaderlo, non mostrava le sue ali a nessuno, da tempo ormai le teneva nascoste anche agli occhi dei suoi fratelli per un motivo ben preciso. Dean scosse il capo, non capendo il motivo di quella strana reazione. Castiel distolse lo sguardo «No, io...» si affrettò a rispondere, prendendo un bel respiro subito dopo, tentando di calmarsi, ma la sua voce continuò a tremare impercettibilmente «Vedi...le mie ali sono...o meglio, non sono bianche come quelle di Lucifero o ambrate come quelle di Gabriele...» il labbro inferiore dell' angelo iniziò a tremare, così come le sue mani, e se a Dean non fossero piaciute? Insomma, lui era l'unico angelo ad averle di quel colore da ciò che sapeva e non aveva mai capito veramente il perché. Sentì una mano scivolare sulla sua coscia «Castiel, Hey...» sussurrò il cacciatore, sistemandosi più vicino a lui, lasciando che le loro ginocchia si toccassero. Non lo aveva mai visto così preoccupato o almeno, non in un contesto simile «Sono parte di te, non c'è motivo di nasconderle, le amerei in ogni caso» continuò a sussurrare quelle parole, avvicinandosi, lasciandogli un dolce bacio sulla tempia. L'angelo sospirò per l'ennesima volta e anche grazie a quella vicinanza e a quel calore, riuscì finalmente a calmarsi. Le iridi blu incontrarono quelle verdi e quando furono finalmente faccia a faccia, il cacciatore sfiorò le labbra dell'altro con le sue, come per incoraggiarlo. «Devo...devo togliere la felpa, rischio di romperla» affermò, ancora preoccupato della possibile reazione di Dean, ma scelse comunque di fidarsi di quelle parole, come del resto aveva sempre fatto quando si trattava di lui. Si alzò dal letto e tolse velocemente l'indumento dando le spalle all'uomo dietro di sé, sentendo subito la mancanza di quel calore e quella morbidezza sulla sua pelle «Meglio se chiudi gli occhi» lo guardò con la coda dell' occhio, aspettando che il cacciatore facesse come gli era stato detto. Dean obbedì e pochi secondi dopo, una forte luce pervase la camera, mentre il suo cuore martellava nella cassa toracica. Sentì un fruscio che ormai da anni non udiva e d'istinto, spalancò gli occhi. Castiel si trovava davanti a lui, in piedi, le palpebre abbassate, la punta delle sue grandi ali nere ricadde dolcemente sul pavimento e finalmente l'angelo aprì gli occhi, che per un paio di secondi, rimasero illuminati dalla sua stessa grazia. Dean rimase immobile, osservando quelle due ali nere come il petrolio incorniciare la figura del suo angelo, quanto potevano essere grandi da spiegate? Quattro, forse cinque metri? «Dean?» la voce di Castiel arrivò incerta al cacciatore e solo in quel momento, si rese conto di averle osservate per più di qualche minuto, senza aprire bocca. Il punto era che non sapeva davvero cosa dire...molte parole aleggiarono nella sua mente ma nessuna di esse sarebbe riuscita a rendere giustizia a tale bellezza probabilmente. Si alzò dal letto, annullando le distanza fra di loro «Cavolo, Cas...» sussurrò, osservandole meglio e da una distanza più ravvicinata. Con molta probabilità, in origine quelle ali avrebbero dovuto essere più folte, ma per quanto alcuni punti sembravano quasi vuoti, per quanto alcune piume risultassero danneggiate, Dean non riuscì a staccare gli occhi da quel nero così vivo, così...vibrante. Castiel alzò lo sguardo sul cacciatore, speranzoso e solo in quell'istante, si rese conto che a seconda della luce, le piume assumevano diverse sfumature di blu.
«Sono...sono nere, Dean» affermò Castiel «Sono l'unico angelo ad averle in questo modo, probabilmente...» sussurrò quelle ultime parole con un velo di disconforto e quasi...vergogna? Dean si rese conto del tono utilizzato e non potè fare a meno di correre ai ripari, immediatamente. Portò entrambe le mani sulle sue guance un po' infossate, guardandolo finalmente negli occhi «Non ti azzardare, sono meravigliose» affermò, sicuro delle sue parole, accarezzando con lentezza gli zigomi dell'angelo «le amo» sussurrò poi, sorridendogli dolcemente. E a quel punto, Castiel potè finalmente definirsi felice dopo tanto, troppo tempo. L'ansia sparì così come l'insicurezza e non poté fare a meno di ricambiare quel sorriso, era la prima volta che qualcuno faceva dei complimenti alle sue ali. Quando era un semplice angelo, un guerriero, quando guidava l'intera guarnigione in guerra, era sempre stato conosciuto per le sue ali nere, alcuni lo avevano temuto per questo, ma ora finalmente c'era qualcuno che le apprezzava per ciò che erano, nonostante non sarebbero mai ritornate al loro originale splendore. «Grazie Dean, sono felice che siano di tuo gradimento» sussurrò, prima che il cacciatore unisse le loro labbra in un dolce bacio. Dean morse il labbro inferiore dell'altro, leccandolo subito dopo e quando sentì le labbra screpolate di Castiel separarsi, approfondì quel contatto. Le loro lingue si scontrarono per la prima volta, i loro occhi si chiusero e Castiel non poté fare a meno di aggrapparsi con una mano alla maglia del cacciatore. Ricordava com'era stato baciare la mietitrice e Meg, anni prima, ma nulla poteva essere paragonato a quello. Si assaggiarono con lentezza, separndosi solamente di pochi millimetri per riprendere fiato, per poi ritornare ad assaporarsi. Accarezzò il busto di Castiel, lentamente, con le estremità delle sue dita, finendo su quei leggeri addominali, sfiorando le ossa sporgenti del suo bacino, per poi avvolgere le braccia intorno alla sua vita, avvicinandolo a sé e facendo aderire i loro corpi. Le ali dell'angelo tremarono impercettibilmente quando il cacciatore sfiorò il suo palato, provocando un leggero fruscio. Quando si staccarono, Dean si protese leggermente in avanti, inseguendo le labbra dell'altro, lasciando un ultimo bacio a stampo su di esse. Entrambi aprirono finalmente gli occhi anche se Castiel li mantenne bassi, imbarazzato, troppo impegnato nel riprendere fiato e a tentare di calmare le sue ali. Sorrise soddisfatto, notando le sue labbra ormai arrossate e gonfie, non era stato quello il primo bacio di Castiel, ma dal suo comportamento, dedusse che si fosse trattato almeno del migliore. Adocchiò nuovamente quelle due pozze nere «Castiel» lo richiamò, accarezzando la sua schiena, finendo, di proposito, con la punta delle dita sotto l'elastico del pantalone che indossava «Posso...?» ammiccò in un sussurro, titubante ma speranzoso. Voleva affondare le dita in quelle piume, toccarle, accarezzarle, provocarle...di certo non si era fatto scappare quel dolce tremolio che le aveva pervase poco prima e in quell'istante, non poteva fare a meno di pensare che fossero molto sensibili, anche se ancora non ne aveva la certezza. Castiel si limitò ad annuire, sussurrando un flebile "fa attenzione", per poi nascondere il viso nell'incavo del collo del cacciatore, strofinando il naso sulla sua pelle, aspirandone il profumo. Il più alto lasciò un bacio fra quei capelli Corvini, come per rassicurarlo, la sua mano destra scivolò sù per la sua schiena, accarezzandone i muscoli, mentre l'altra rimase poco sopra il bacino, la punta delle dita sotto l'elastico del pantalone grigio, sfiorando il tessuto dei box che indossava. Sfiorò le prime piume che trovò sul cammino con cautela, tanto che gli solleticarono i polpastrelli. Risalì sulla base dell'ala destra, poggiandoci sopra l'intero palmo e strinse con cautela, sentendo non solo la morbidezza delle piume nere e molto più corte in quella zona, ma anche le ossa e i muscoli sottostanti in piena tensione. A quella leggera pressione, l'ala reagì inaspettatamente, levandosi lievemente dal suolo in uno spasmo che Castiel non riuscì a controllare, era la prima volta che qualcuno le toccava e non si aspettava tutta quella sensibilità anche dopo la caduta. In realtà, a dirla tutta, ora gli veniva da pensare che era stata proprio quello a renderle così esageratamente sensibili, come se già non lo fossero normalmente. La mano del cacciatore si fermò «Ti ho fatto male?» chiese, il tono preoccupato, la leggera stretta scomparve del tutto ma il palmo rimase comunque in contatto con le sue piume. Castiel prese un bel respiro, scosse il capo ancora sul collo e la spalla del più alto «No, no io...» si fermò per una manciata di secondi «Credo che dopo la caduta siano diventate molto più sensibili» aggiunse. Un sorriso furbo si aprì sul volto del cacciatore al suono di quelle parole «Credi?» chiese retoricamente «Non l'hai mai testato?» l'intera mano ritornò sulla base dell'ala, sfiorando con i polpastrelli l'esatta zona in cui la pelle chiara si legava ai muscoli e alle piume. Dean sapeva già la risposta a quella domanda ma gliela porse comunque, voleva prendersi la soddisfazione di sentirsi dire di nuovo la stessa cosa, voleva sentirsi dire di nuovo che Castiel non aveva mai avuto un partner in paradiso e perché no, magari lui era proprio il primo a toccare le sue ali. Il corpo di Castiel tremò impercettibilmente e fù sicuro che fosse arrossito, dato l'improvviso calore che di botto avvertì sulla sua spalla. Decise di peggiorare la situazione, abbassò leggermente il viso verso il collo dell'altro, passò la lingua sulle labbra ormai secche in modo da inumidirle lievemente «Allora?» sussurrò, spronandolo a dargli una risposta, soffiando con leggerezza sulla sua pelle per poi regalargli un lungo ed umido bacio a labbra aperte. Sentì un leggero fruscio, vide le sue ali attraversate da un secondo spasmo, iniziando poi a tremare impercettibilmente, irrequiete. Castiel portò anche l'altra mano sul petto del cacciatore, aggrappandosi con entrambe alla maglia che indossava. Lo sentì deglutire a vuoto «Lo sai che non ho mai avuto un partner in paradiso, Dean...» la voce dell'angelo diventò un sussurro quando pronunciò il suo nome, dato che quest'ultimo gli aveva lasciato un altro bacio sul collo, questa volta in prossimità dell'orecchio. Alzò il viso dalla sua spalla, dando inconsciamente più agio al cacciatore, mostrandogli per intero il suo collo «Non ho mai lasciato che un altro angelo le toccasse» confessò. Dean strofinò per qualche secondo le dita nel mezzo di quelle morbide piume, risalendo poi nella parte centrale dell'ala, affondando le dita in quelle che erano le piume più lunghe e robuste «Solo gli angeli?» chiese in un sussurro «Quindi in realtà qualcuno oltre a me le ha toccate, giusto?» lo provocò, stringendo cautamente qualche piuma nel palmo della sua mano, mentre la mano sinistra scese giù di un paio di centimetri nei suoi box, stringendogli il fianco, la punta delle dita quasi sfiorava l'inguine del più basso. Le ali di Castiel iniziarono a tremare in maniera più insistente e a quella stretta, la sua spalla si mosse in automatico, contraendo i muscoli per una manciata di secondi. Dean poté sentire, attraverso la maglia che indossava, un calore quasi impercettibile espandersi all'altezza del basso ventre dell'altro, riscaldando i polpastrelli che ancora sfioravano, con insistenza, il suo inguine «No...» si affrettò a rispondere Castiel «N-nessuno oltre te le ha mai toccate» la sua voce tremò leggermente, così come stavano facendo ormai da un po' le sue ali. E come dargli torto? Non era mai stato toccato in quel modo durante la sua lunga vita e nonostante quel paio di esperienze che aveva avuto da umano, nulla era paragonabile a questo. Sapeva che erano solo dei leggeri tocchi, dei semplici baci, eppure gli risultava tutto così maledettamente intenso e destabilizzante che quasi credette di affogare in quelle sensazioni, fra le braccia del cacciatore. Dean e quei suoi occhi verdi che stranamente, lo avevano stregato dalla prima volta in cui aveva poggiato lo sguardo su di lui. Dean e le sue lentigini, le sue insulse camice di flanella e quelle mani che avevano ucciso così tanti mostri, angeli e demoni, ma che ora lo stavano toccando gentilmente, quasi avesse paura di danneggiare quello che era appena nato fra di loro, ciò che in realtà c'era sempre stato per anni ma che non aveva mai avuto l'opportunità di sbocciare totalmente, nascosto sotto cumuli di paure e l'ego smisurato di entrambi. Dean sorrise, quasi intenerito dal modo in cui l'angelo avesse preso così seriamente quella specie di interrogatorio messo in atto unicamente per provocarlo, dal modo in cui la sua voce, nonostante i sospiri e quei piccoli lamenti che stavano mandando il cacciatore fuori di testa, risultasse essere così preoccupata, quasi come se avesse commesso un crimine. «Ti credo, Cas» sussurrò, baciandogli il collo ed accarezzando con i polpastrelli un paio di piume, delicatamente, come se avesse paura di ritrovarsele fra le mani. Spinse leggermente verso di sé il bacino dell'angelo, insinuando una gamba fra le sue, facendolo sussultare a quell'improvviso tocco. Il respiro dell'altro si fece più pesante ma riuscì comunque a balbettare il suo nome fra un sospiro e l'altro, mordendosi compulsivamente il labbro inferiore mentre sperimentava, per la prima volta dopo anni, quella che poteva definirsi una mezza erezione. Le sue guance arrossirono più di quanto già non lo fossero e si ritrovò a premere le labbra sul collo del più alto, nel tentativo di trattenere qualsiasi altro suono venisse fuori dalla sua bocca. Le ginocchia dell'angelo cedettero anche se di un minimo e Dean decise di fermarsi in quel momento, prima che fosse troppo tardi per entrambi. Anche perché se non si fosse fermato in quell' istante, si sarebbe ritrovato lui stesso con un erezione nei box e in quel caso, non sapeva se sarebbe riuscito a controllarsi. Morse l'interno della guancia, lasciando un ultima carezza alla sua ala per poi riportare il palmo della mano sulla parte bassa della schiena dell'angelo «Allora» cominciò «Lo guardiamo questo film?» chiese, rimuovendo la sua gamba da quelle del più basso. Ci vollero più di una decina di secondi prima che le ali di Castiel finalmente si calmassero, ma quando quel tremolio si fermò, il viso dell'altro si allontanò dal suo collo. Lo sentì riprendere fiato per poi alzare finalmente il capo verso di lui, i loro busti ora separati di un paio di centimetri «Devo...le ali» boccheggiò, indicandole con un cenno del capo. Il cacciatore annuì, chiudendo gli occhi per una manciata di secondi e quando li riaprì dopo aver sentito il familiare fruscio, esse erano ormai sparite. Castiel stava per separarsi dal suo corpo ma riuscì comunque a trattenerlo per i fianchi, baciandolo velocemente, succhiando il suo labbro inferiore, un leggero sapore di sciroppo d'acero si espanse nella sua bocca, dolce e deciso. Sorrise nel sentire l'angelo ricambiare quel bacio, inseguendo le labbra di Dean anche quando quest'ultimo, stava per separarsi dalle sue. «Non devi più nasconderle, va bene?» chiese in un sussurro «Anche se non sono del solito bianco candido non vuol dire che non siano spettacolari» affermò, accarezzando i suoi fianchi «Sono uniche» aggiunse, inclinando leggermente il viso da un lato, in modo da poter incatenare le sue iridi a quelle dell'angelo, facendo si che lo guardasse a sua volta. Quest'ultimo annuì, le sue labbra si incresparono in un piccolo sorriso alla sincerità che poté cogliere nella voce del cacciatore e quando quest'ultimo si separò dal suo corpo, sentì un immediata mancanza sulla sua pelle, nonostante la sua grazia fosse ormai irrimediabilmente legata alla anima dell'altro da anni ormai. Non era mai stato facile ammetterlo per l'angelo ma odiava separarsi da lui, la maggior parte delle volte in cui si era imposto di andarsene, era stato per proteggerlo. Castiel conosceva le sue gesta, Dean si era battuto per il mondo e per la sua pace, aveva fermato l'apocalisse, lottato per riavere suo fratello, eppure non aveva mai voluto che lottasse per lui, impedendoglielo ogni qual volta. Non avrebbe sopportato di vivere la sua vita con la consapevolezza che il cacciatore non fosse al sicuro, da qualche parte nel mondo, insieme a suo fratello...ma solo poche ore prima si era reso conto di quanto fosse stato egoista in un certo qual modo. Il cacciatore porse la felpa all'angelo, osservandolo mentre la infilava velocemente, mordendosi il labbro con leggerezza, guardando attentamente la pelle segnata dal tatuaggio enochiano sul suo fianco sparire gradualmente sotto al tessuto morbido e nero, l'erezione nei pantaloni grigi ormai quasi del tutto andata. Si costrinse a voltarsi, in modo da staccargli gli occhi di dosso, sedendosi poi sul materasso nel tentativo di trovare una posizione comoda. Poggiò nuovamente le spalle alla testiera del letto, sentendo però un lieve dolore alle scapole. Schioccò la lingua sotto al palato, infastidito, decidendo di utilizzare l'altro morbido cuscino come fosse l'imbottitura di una sedia, posizionandolo in verticale fra la sua schiena e il legno duro. Quando finalmente trovò una posizione confortevole, guardò l'angelo «Dai» sussurrò, spalancado le gambe e battendo una mano sul materasso «Vieni a metterti comodo». Castiel lo guardò per una manciata di secondi, inclinando il capo com'era solito fare ma quando finalmente comprese, si diresse verso di lui, incerto, avvolto dal rinnovato calore della felpa, le mani in gran parte coperte dalle maniche di quest'ultima, lasciando che si intravedessero solamente la punta delle dita. Dean sorrise trionfante quando l'altro si protese sul materasso, salendoci sopra in pochi secondi e con un velo di imbarazzo, le punte delle orecchie leggermente arrossate così come quella del naso, si posizionò lì dove il cacciatore aveva battuto il palmo della mano, dandogli le spalle, la schiena un po' incurvata. Il maggiore dei Winchester strinse le gambe intorno al suo corpo, sporgendosi in avanti, facendo in modo che il suo petto aderisse alla sua schiena. Insinuò una mano in quel groviglio di vestiti e braccia, poggiando le dita callose sul petto di Castiel spingendolo con cautela verso il suo corpo nel momento in cui ritornò a poggiare la schiena sul morbido cuscino dietro di sé. La sua mano riposò sul petto dell'angelo per qualche secondo, prima di scivolare, languida, sulla parte bassa dell'addome. «Dean» l'angelo lo richiamò, guardandolo con la coda dell'occhio «non credo che tu così stia "comodo"» virgolettò quell'ultima parola con le dita «Insomma, il mio tramite è comunque un uomo adulto» precisò.
Il cacciatore aggrottò le sopracciglia, non capendo subito a cosa si stesse riferendo ma quando sentì i muscoli addominali tesi sotto i polpastrelli, così come quelli della schiena che premevano sul suo petto, capì cosa intendesse dire. «Ti stai veramente preoccupando del tuo peso o c'è qualcos'altro, Cas?» chiese, avvicinando le labbra all'orecchio dell'angelo, poggiando anche l'altra mano sull'addome di quest'ultimo, quasi come a volerlo provocare. Sentì i suoi muscoli contrarsi nuovamente, portando le ginocchia più vicino al resto del suo stesso corpo, lo sguardo basso. Dean lo osservò attentamente per una manciata di secondi e ringraziò se stesso per aver spento la luce principale della camera, lasciando accesa solamente la TV e la luce giallastra della piccola lampada poggiata sul comò che affiancava il suo letto. Le deboli luci creavano un gioco di lievi ombre sul suo volto, facendolo sembrare leggermente più affilato, mentre le sue iridi avevano assunto varie sfumature di azzurro. Sfumature che il cacciatore conosceva ormai fin troppo bene, dato che più volte nel corso degli anni si era ritrovato a sognare quelle iridi così brillanti ma allo stesso tempo così cupe, rivelandogli i suoi desideri più profondi. Ma nonostante tutto, in quel momento avrebbe tanto voluto trovarsi faccia a faccia con lui, in modo da perdersi in quei fondali marini ancora per una volta, ennesimamente, ritornare lì dove la grazia dell'angelo risiedeva ed era al sicuro da tutto tranne che da se stesso. Il corpo di Castiel tremò impercettibilmente e Dean lo osservò attentamente nella penombra di quella camera, quando iniziò a mordersi compulsivamente il labbro inferiore, dipinto ancora di un forte tono rosato dato dai baci che si erano scambiati poco prima. Gli occhi di Castiel vagarono indistintamente sul suo stesso corpo, sulle mani del cacciatore che lo rassicuravano ma che allo stesso tempo erano la ragione di quelle strane sensazioni che lo stavano velocemente scombussolando. Sulle sue stesse mani, poggiate da qualche parte sul letto, strette in dei pugni decisi. Era difficile da spiegare a parole, era un qualcosa che andava bene oltre la sua umanità, mettendo il tutto sù di un piano astrale, avrebbe dovuto trovare le parole adatte per spiegarlo al cacciatore, per fargli comprendere il perché di quel suo trovare una scusa così stupida per allontanarsi almeno di un minimo dal suo corpo. Le sue labbra si separarono ed il cacciatore desiderò ardentemente di sfiorarle, ma si trattenne, visto la cupa espressione che aleggiava sul suo volto in quell'istante. «Dean, io...» si schiarì la voce con un leggero colpo di tosse «Tutto questo è...strano» sussurrò quell'ultima parola, incerto.
Il cacciatore aggrottò le sopracciglia, un velo d'ansia cominciò a divorargli le viscere, rivoltandogli l'intestino da dentro a fuori, ma si impose di non saltare a conclusioni affrettate «Cosa intendi, Castiel?» chiese, sistemando meglio la schiena contro il cuscino, nella speranza di non sentire più quell'orrenda sensazione alla bocca dello stomaco. «Sono un angelo, Dean» disse ovvio, le sue mani finalmente si staccarono dal materasso e finirono sul suo stesso addome, lontane dalle dita del cacciatore, torturandosi a vicenda «Per quanto io non abbia mai avuto un compagno in paradiso, sono sicuro di star sperimentando tutto questo in maniera molto più profonda...diversa» si fermò per una manciata di secondi, guardandolo con la coda dell'occhio «probabilmente molto più intensamente di come un angelo la sperimenterebbe di solito. Io...» le sue labbra tremarono e si voltò di poco in modo da incontrare lo sguardo del cacciatore «I sentimenti che provo per te sono veri, non sarei più capace di mentire su questo, Dean. È solo che il mio corpo...è il mio corpo ad essere strano».
Dean lo osservò attentamente, inclinando di poco il capo con fare interrogativo, cercando una qualsiasi risposta nelle vicine iridi dell'angelo, sollevato almeno dal fatto che quest'ultimo non si fosse pentito di nulla. «Castiel, credo di non capire....cosa intendi per "strano"?» domandò cautamente, in un sussurro quasi, come se avesse paura di spezzare il corpo che aveva fra le braccia, che al momento gli risultava essere così innecessariamente ed incredibilmente fragile. «È difficile da spiegare, io...non so come comportarmi in situazioni del genere. Il mio cuore batte fin troppo velocemente per i miei gusti ed e come se...» le dita dell'angelo si strinsero fra di loro, schioccando leggermente «Come se il mio tramite non riuscisse a trattenermi, come se mi stesse stretto. Ovviamente è solo una sensazione ma le sento da tempo ormai, ogni volta che ti sono vicino, Dean» concluse, sperando di essersi spiegato nel miglior modo possibile anche se non ne era del tutto certo, gli zigomi gli bruciavano leggermente e si ritrovò a ringraziare le luci soffuse della camera che forse riuscivano un po' a camuffare quel rossore. Il cacciatore ci mise una manciata di secondi per recepire le parole dell'angelo per quelle che erano realmente, ma quando finalmente la verità aveva fatto capolino nella sua mente, non poté fare altro che sorridere felice, rasserenato e perché no, anche un po' intenerito dal comportamento di Castiel, che al momento teneva nuovamente la testa bassa, evitando in qualunque modo il suo volto. «Cas» reclamò quindi la sua attenzione, poggiando quasi il mento sulla sua spalla «Sai, credo che tu debba solo abituarti a tutto questo» disse con calma, osservandolo di sottecchi, notando il leggero rossore sulle sue gote «e dovrò abituarmi anch'io, convincermi che sia tutto reale, che noi siamo reali» strinse le proprie braccia intorno alla vita dell'angelo per una manciata di secondi, sollevando poi la mano destra e mettendo il palmo in bella vista, in una sorta di invito. L'angelo osservò quella pelle attentamente, notando ogni singolo callo o taglio dovuto al continuo usare diverse armi. A quel punto, le sue mani si allontanarono l'una dall'altra, lasciando che le nocche bianche per la forte tensione, ritornassero del loro colore naturale. Incerto, la punta delle dita dell'angelo sfiorarono il palmo della mano del più alto, accarezzandolo con lentezza e cautela. La pelle in alcune zone era più ruvida che in altre, notò Castiel, prima di risalire con le proprie dita lungo quelle dell'altro e Dean lo lasciò fare, lasciò che la pelle dell'angelo accarezzasse la sua, solleticandola lievemente. Lasciò che Castiel ispezionasse la sua mano, memorizzandone ogni dettaglio e quando sentì il suo tocco diventare più fermo e sicuro, ricambiò quelle leggere carezze. L'espressione dell'angelo si ammorbidì, il cacciatore sentì i suoi muscoli distendersi e mentre i suoi polpastrelli accarezzavano dolcemente il suo palmo, lentamente, Castiel sembrò sciogliersi sul suo corpo, esalando un sospiro di sollievo, scaricando in quel modo tutta quell'inutile tensione. «Ti ho tenuto a distanza di sicurezza per troppo tempo, Castiel, ho intenzione di recuperare adesso» disse, riferendosi a tutti gli anni precedenti, intrecciando le dita a quelle del suo angelo «Credi di potertici abituare?» sussurrò praticamente nel suo orecchio, le labbra tanto vicine che potè sentire il calore del suo respiro e se solo si fossero avvicinate di qualche millimetro, avrebbe potuto sentirle sfiorare la sensibile cartilagine. Castiel osservò le loro mani, congiunte in un solo, caldo groviglio di dita e in quell'istante, tutte le sue insicurezze vennero spazzate via. Era così che doveva essere fra lui ed il cacciatore, fin dall'inizio, orami non credeva più nel destino ma non poté fare a meno di pensare che il suo e quello di Dean fossero stati sempre intrecciati. Il cacciatore sentì la mano dell'angelo stringere la presa sulla sua e seppe che quella era la risposta che stava aspettando, in quel momento ebbe la certezza che per Castiel desiderasse allo stesso modo tutto ciò che stavano vivendo in quell'istante. Guidò la mano dell'Angelo al suo viso, poggiando al di sopra di essa dei teneri baci a labbra aperte sotto il suo sguardo inerme, in una sorta di ringraziamento. Ringraziamento per averlo accettato nonostante gli errori fatti in passato, nonostante la lontananza che spesso si era imposto di mantenere fra di loro, nonostante la sua impulsività e l'arrabbiarsi per qualsiasi cosa. E anche Castiel avrebbe tanto voluto ringraziarlo, per essere stato il primo ad accoglierlo a braccia aperte ogni volta che, dispiaciuto, ritornava dai due fratelli, perché in fin dei conti ormai i Winchester erano la sua vera famiglia. Per averlo supportato anche se nei modi più subdoli, senza nemmeno farsi notare, per quando aveva bisogno di qualche parola di conforto e gliele aveva porte senza alcun ripensamento. Per tutte le volte in cui l'aveva riabbracciato dopo una delle loro litigate, mettendo fine a quelle inutili discussioni e alla sua stessa rabbia...ma soprattutto, per avergli insegnato ad amare. Dean non era stato solo il primo a toccare le sue ali, la sua prima esperienza, il cacciatore era il suo primo, vero ed unico amore. E lui stesso gli aveva insegnato cosa significasse amare, perché Dean era fatto in una maniera particolare, amava in un modo tutto suo, ma amava forte, irreparabilmente e senza dubbio alcuno. Così forte che faceva quasi male al cuore, all'anima...ma non uscì alcun suono dalle sue labbra, incantato proprio dai suoi gesti e assorto nell'accogliente tepore dei loro corpi. Le loro mani, ancora intrecciate, ricaddero morbide sull'addome dell'angelo, riposando l'una sopra l'altra. Avvicinò le sue labbra all'orecchio dell'angelo, baciandone la cartilagine, per poi afferrare il lobo fra i denti. Lo morse con leggerezza, in maniera giocosa, esalando un impercettibile risata quando sentì alcuni muscoli del più basso contrarsi involontariamente sul suo corpo. Lasciò quel lembo di pelle, leccandolo dolcemente subito dopo, una sorta di scusa silenziosa, iniziando poi a baciargli il collo, lentamente. Inconsciamente, Castiel sospirò, abbandonandosi a quelle piccole attenzioni che il cacciatore gli stava regalando, inclinando di poco il capo dalla parte opposta, permettendogli maggiore accesso. La pelle che Dean aveva ora a contatto con le proprie labbra era tiepida, dolce, così morbida che più volte finì per strusciarci i denti solamente per sentire un brivido veloce correre lungo la schiena dell'angelo a contatto con il proprio petto. Il suo cuore galoppava all'interno della cassa toracica, era tutto nuovo anche per Dean, nuovo ed emozionante ma allo stesso tempo così tranquillo, piacevole...molto diverso da ciò che aveva provato durante la sua vita e proprio per questo non aveva intenzione di fermarsi per alcun motivo. Trascorsero forse un paio di minuti in quel modo, alternando quei teneri baci a dei piccoli ed innocenti morsetti, ma quando accarezzò una particolare porzione di pelle con la punta della sua lingua, capì che forse quello fosse uno dei punti sensibili dell'angelo. Di fatti, sentì il suo respiro mozzarsi in un silenzioso e quasi impercettibile gemito, il corpo fra le sue braccia tremò per una frazione di secondo mentre il viso si allontanò dal suo in un gesto istintivo. Dean aprì del tutto gli occhi, stupito, allontanando le labbra dal suo collo, una leggera punta di malizia aleggiava ora nelle sue iridi verdi. Gli occhi di Castiel erano chiusi con forza e gli ci vollero quasi una decina di secondi prima di decidersi ad aprirli anche se di poco «Scusa Dean, io...» sussurrò, inciampando sulle sue stesse parole, non sapendo esattamente cosa dire. Gli occhi del cacciatore balenarono sul volto arrossato dell'angelo, lieto della reazione che aveva ottenuto sfiorando quel particolare punto che, con molta probabilità, Castiel non sapeva nemmeno di possedere. Quest'ultimo lo osservò con la coda dell'occhio, cercando sul suo viso una qualsiasi traccia di disapprovazione, ma l'unica cosa che ricevette, fù una leggera carezza sul dorso della mano che aveva ancora incastonata fra le dita del più alto. «Cas...» iniziò il cacciatore, avvicinando nuovamente il viso al suo collo, il tono malizioso e provocatorio «cinque, sei anni fa, forse» strofinò la punta del naso sulla zona che poco prima aveva sfiorato con la sua lingua «Dicesti a me e Sam di averlo fatto con quella mietitrice, April se non ricordo male». L'angelo abbassò il capo, le labbra separate nel tentativo di trovare qualcosa da dire in quel momento, ma gli risultava essere un impresa fin troppo ardua dato quello che il cacciatore gli stava facendo, si limitò quindi ad annuire. Dean avvicinò le proprie gambe al corpo dell'angelo, sfiorandolo, circondandolo totalmente, baciando nuovamente quello stesso punto «Avrei voluto ammazzarti, Cas...metaforicamente parlando, ovviamente» si sbrigò a precisare «Ero geloso» ammise, sospirando lievemente. Sentì il diretto interessato rabbrividire e gli scappò un sorriso. Si ricordava perfettamente la rabbia che provò il quell'istante, la gelosia, la tristezza e perché no, la grande delusione che lo aveva invaso subito dopo. Di come si stesse strozzando con la birra e di come, sorprendentemente, riuscì a fingere che non gli importasse, che per lui andasse bene e che anzi, fosse fiero di lui in qualche assurdo modo. Sciolse le loro dita cercando a tentoni il telecomando che ancora giaceva da qualche parte su quel materasso e quando lo trovò, lo porse a Castiel «Scegli ciò che vuoi, per me va bene tutto» l'angelo lo osservò di sbieco e Dean ringraziò la sua ingenuità, che gli permise di afferrarlo e di fare ciò che gli era stato detto senza sospettare nulla, senza nemmeno pensare che forse il cacciatore avesse qualcosa in mente. Con mano esperta, l'angelo si destreggiò fra le varie sezioni dell'app, finendo velocemente fra i documentari, quelli che Dean, già tempo prima, aveva identificato come i suoi preferiti. Castel, dal canto suo, rimase un po' sconcertato da quell'improvviso cambio di soggetto, ma non fece domande, ipotizzò semplicemente che il cacciatore alle sue spalle non volesse più parlare della Mietitrice, ed effettivamente aveva le sue buone ragioni. Cliccò su di uno dei tanti documentari, non prestando molta attenzione alla descrizione, ma anzi, si limitò ad osservare semplicemente le diverse copertine, scegliendo quella che più suscitava il suo interesse. Le mani del cacciatore restarono sul suo addome, accarezzando di tanto in tanto i suoi muscoli al di sopra del tessuto spesso della felpa che indossava. Il documentario iniziò senza alcun problema, Castiel inclinò leggermente le gambe da un lato, in modo da liberare la visuale ad entrambi, tenendole comunque vicine al suo corpo e a quello di Dean, volendo a tutti i costi preservare quel calore che ormai li circondava totalmente, accarezzando dolcemente la loro pelle. Dean lasciò che l'angelo si rilassasse maggiormente fra le sue braccia, le scapole, lì dove le ali poco prima nascevano maestose, riposavano morbide sul suo petto, il respiro lento, ritmico. Osservò le clavicole scoperte dell'angelo e a dire il vero, osservò tutto il suo corpo, ricordandone ormai a memoria ogni singola forma e curva, in fin dei conti, si conoscevano da più di un decennio ormai e i suoi occhi avevano vagato su di lui centinaia di volte. Quelle labbra screpolate che Dean aveva scoperto essere morbide ed invitanti, esattamente come se le aspettava, esattamente come le aveva sognate più volte. Non poteva credere di non essere stato il primo per Castiel, il primo in tutto, il primo a baciarlo, a sfiorarlo come solo un amante poteva fare. Sapeva che in parte fosse anche colpa sua, in verità non poteva fare a meno di addossarsi gran parte della colpa, ma l'episodio con April...in quel caso il cacciatore c'entrava ben poco, li era stato tutto merito dell'ingenuità del più basso. Tolse il telecomando dalle mani dell'angelo, poggiandolo nuovamente sul materasso, risistemò le mani sul suo addome, scivolando con lentezza verso l'elastico della felpa, che ricopriva più o meno metà coscia. Insinuò le mani al di sotto di quest'ultima, risalendo con i polpastrelli verso i suoi fianchi e quando trovò con le dita le ossa leggermente sporgenti del bacino ancora coperte dal pantalone, lasciò che le sue mani riposassero sù di esse per una manciata di secondi, prima di andare a stringere i morbidi fianchi. Con la mano destra, continuò la sua risalita trascinando con sé il tessuto della felpa, fino ad arrivare al tatuaggio di protezione in enochiano poco sotto le costole. Sentì i muscoli di Castiel contrarsi involontariamente uno ad uno sotto il suo leggero tocco, arricciando un angolo delle sue labbra quando, da quelle dell'angelo, ne uscì un lieve sospiro tremolante. «Non riesco a credere che qualcuno ti abbia toccato prima di me...» un sussurro che suonò affranto alle orecchie dell'angelo, tanto che, dispiaciuto, l'unica cosa che riuscì a fare fù chiedergli scusa, nel tentativo di eliminare quella nota di tristezza nella sua voce che tanto stonava con ciò che stavano vivendo in quell' istante «Mi dispiace, Dean, io...ero umano e non so cosa mi sia preso, mi sono lasciato trasportare. E poi...» il viso del cacciatore si affiancò al suo, probabilmente per tentare di guardarlo «Fra noi due non c'è mai stata un ottima comunicazione, io non credevo che tu...ecco, che tu mi amassi» rallentò a quelle ultime parole, muovendosi leggermente sul posto come risultato della leggera carezza che Dean gli aveva regalato all'altezza del suo tatuaggio, la pelle a contatto con l'aria fredda del bunker. Dean osservò il suo volto per qualche secondo, gli angoli delle sue labbra si arricciarono flebilmente, ormai conosceva bene l'angelo e grazie a questo, nella sua voce riuscì ad identificare una nota di preoccupazione. Castiel aveva ragione, fra loro due non c'era mai stata una comunicazione quantomeno decente su alcuni argomenti, soprattutto all'inizio, ai tempi dei 66 sigilli e la questione di Lucifero ma Dean si era impegnato ad eliminare quella sorta di misantropia Angelica almeno in sua presenza. E pian piano ci era riuscito con successo, alcuni muri li scoprì essere ancora alzati fra di loro, non permettendogli di vedere cosa ci fosse oltre ma li accettò e fece finta di non vederli, convinto fosse la cosa giusta da fare. In fin dei conti, ne aveva costruiti lui stesso alcuni nei confronti dell'angelo, come poteva quindi pretendere che quest'ultimo abbattesse i propri senza essere ripagato con la stessa moneta? «Hai ragione» sospirò pesantemente, il fiato caldo si infranse sul collo scoperto dell'altro «non siamo mai stati dei grandi oratori noi, Cas. Anzi, a volte non parlavamo affatto...» ammise con una mezza risata, ricordando con amarezza le volte in cui, piuttosto che ammettere di avere spudoratamente torto, preferiva evitare il più basso «Ma ora possiamo migliorare, no? Ci stiamo già provando..» terminò in un sussurro, accarezzando il suo collo con le proprie labbra «E poi, quando l'hai fatto con quella mietitrice eri umano, non eri totalmente te stesso quindi, giusto?» chiese, lasciando un leggero bacio in prossimità dell'orecchio di Castiel. Quest'ultimo annuì «G-giusto» la sua voce tremò impercettibilmente, quelle piccole provocazioni stavano facendo effetto sul suo corpo e sapeva perfettamente che in parte era dovuto proprio al fatto che fossero le mani e le labbra di Dean a sfiorarlo in quel modo. Quella volta con April...come giusto che fosse, ne ricordava ogni istante, in fin dei conti gli angeli rammentavano ogni singolo secondo della loro lunga vita, ma quelle sensazioni non erano minimamente paragonabili a quelle che stava provando in quell'istante, fra le braccia dell'uomo che aveva salvato dalla perdizione. «Quindi la tua vera prima volta è ancora mia» esalò l'ennesimo sussurro, provocatorio, malizioso a tal punto da far correre un brivido d'eccitazione lungo la schiena dell'Angelo. Anni a dietro, Dean aveva spesso pensato che quelle creature non fossero capaci di provare piacere, insomma...erano pur sempre angeli del signore e ad essi era sempre stata legata l'idea della purezza. Dovette ovviamente ricredersi poco dopo, l'esempio più banale era proprio Balthazar che si era ormai abbandonato ai piaceri della vita terrena, ma avere Castiel in quello stato fra le sue braccia, toccarlo, baciarlo, sentirne i muscoli contrarsi sotto le sue dita, sentirlo sospirare in quel modo...era tutt'altra cosa. Il solo pensiero più volte gli aveva fatto perdere il senno, strano quindi che in quell'istante fosse ancora in sé, ancora cosciente di ciò che stavano facendo le sue stesse mani. Dean non era mai stato un uomo veloce, violento o anche solo...aggressivo nel fare l'amore, anzi, cercava di godersi a pieno il momento, temporeggiando il dovuto. Eppure non aveva mai fatto cose del genere, non ne aveva mai avuto il tempo o forse non aveva mai voluto farlo, in fin dei conti, era sempre stato conscio del fatto che tutte fossero solo di passaggio nella sua vita, ma Castiel...lui era ben altra storia. Per quanto le loro vite fossero perpetuamente in bilico sulla lama di un rasoio, ironicamente, l'angelo era una delle poche certezze che avesse mai avuto, sapeva che ci sarebbe sempre stato anche se lui stesso l'avesse mandato via, sapeva che avrebbe sempre teso un orecchio per ascoltare le sue preghiere, la sua voce. In quel caso, quindi, non si trattava più solamente di se stesso, unicamente del suo piacere, ma anche di quello dell'altro. Poteva sembrare assurdo e quasi adolescenziale da parte sua, ma voleva viziarlo, tentarlo dolcemente, porgendogli subdolamente quella mela scarlatta. «Dean» il più basso tentò di richiamarlo, ma si scoprì essere troppo impegnato nel cercare di ritrovare il punto più dolce del suo collo, poggiando dei leggeri baci a labbra schiuse su di esso. Quando sentì il corpo fra le sue braccia fremere irrequieto, fù sicuro di averlo ritrovato «La mia gelosia rimane in ogni caso però, Cas...» il nome dell'angelo venne sussurrato nuovamente, ma questa volta c'era qualcosa di diverso nella voce del cacciatore. Sensualità, provocazione forse, Castiel non seppe stabilirlo con precisione ma quel tono, accompagnato dallo sfregare delle labbra sulla sua cute e dai loro corpi così vicini e così tanto in contatto l'uno con l'altro, contribuirono a far diramare una forte eccitazione e calore dal basso ventre lungo tutto il suo corpo, spaesandolo per qualche secondo. Dean sorrise nel vederlo socchiudere gli occhi, leccando poi quel lembo di pelle, prima di prenderlo fra le labbra e succhiare forte, anche se non in maniera eccessiva, non voleva fargli male. Chiuse gli occhi a sua volta per una manciata di secondi, restando in quella posizione, accarezzando l'addome dell'angelo con i polpastrelli. Il calore sotto di essi aumentava pian piano d'intensità e si rese conto, con suo grande piacere, che Castiel si stesse eccitando nuovamente. Lasciò andare quel lembo di pelle, aprendo gli occhi ed ammirando la vistosa macchia rossastra con un certo orgoglio, lambendola poi con la punta della lingua. Sentì l'angelo ansimare «Dean, che cosa...» chiese, portando la mano sinistra sulla base del suo collo, nel tentativo di sfiorare ciò che Dean aveva appena fatto, voltando di poco il viso. Vedendolo in quel modo, il cacciatore ne approfittò, rubandogli un veloce bacio a stampo stranamente casto ed innocente, in forte contrasto con le loro iridi piene di lussuria e i loro corpi, bisognosi di maggiore contatto. «È un succhiotto Cas» rispose a quella sua silenziosa domanda, sentendo un ondata di tenerezza travolgerlo, cogliendolo di sorpresa, quando lo osservò con la sua solita espressione stralunata a pochi centimetri dal suo viso. Adorava la sua ingenuità, di certo non lo dava a vedere ma lo ammetteva, era una caratteristica che non aveva mai riscontrato in nessuno, soprattutto per il mondo a cui apparteneva: di fatti, molti come lui e Sammy erano stati costretti a crescere prematuramente, diventando adulti prima di rendersene conto. Ritrovarsi quindi con un essere celeste come lui, cosi innocente nonostante ormai conoscesse la maggior parte delle abitudini umane, un pò gli riscaldava il cuore, mettendolo subito di buon umore nonostante spesso cercasse di sembrare scocciato dalla cosa. «Gli umani li fanno al proprio partner per dimostrargli affetto» spiegò, strofinando il suo naso nei capelli arruffati dell'angelo «o nel mio caso, per dimostrare a me stesso che non sei di nessun altro, so che è una specie di ematoma ma non curarlo, Castiel» i loro occhi si incrociarono e Dean fù felice di vedere un forte rossore colorare le sue gote. Suo? Si chiese Castiel a quel punto, sentendo uno strano calore avvolgerlo da dentro, diverso dall'eccitazione ma intenso allo stesso modo, se non di più. Per eoni non si era mai avvicinato a nessun altro angelo come erano soliti fare in paradiso i suoi compagni, non ne aveva mai sentito la necessità, lui si era sempre considerato un guerriero, non aveva tempo per quelle inutili questioni del trovare un compagno. Castiel di certo non era l'unico a pensarla in quel modo, a tratti lo aveva infastidito più volte il pensiero di essere automaticamente connesso ad un altro individuo, ma a Dean? I Winchester erano diventati la sua famiglia da più di un decennio ormai, non aveva mai capito chi per primo avesse considerato quell'opzione, probabilmente proprio Dean o lui stesso e non gli era mai dispiaciuta la cosa, anzi. Era bello sapere che qualcuno si preoccupasse realmente per lui, soprattutto dopo quell'affaraccio con i suoi simili, ma "partner". Quella singola parola aveva fatto tremare la sua essenza, il suo vero essere. Lui e il cacciatore erano sempre stati collegati, irrimediabilmente, tanto che quando la sua morte era stata decisa per sconfiggere Amara, sentì qualcosa spegnersi dentro di lui, come un interruttore, qualcosa di primordiale, qualcosa di cui aveva bisogno per vivere. Usare però quella parola tra di loro era un po' come concretizzare maggiormente quel legame già presente e questa consapevolezza lo colpì in pieno petto. Abbassò lo sguardo sul suo addome, osservando le mani del cacciatore muoversi melliflue sotto la sua felpa. Ingoiò a vuoto, cercando di non sopperire almeno per una manciata di secondi alla sua eccitazione, alzando l'indumento che indossava in cerca della mano dell'altro «Quindi, d'ora in poi io e te siamo...insomma, siamo..» non riuscì a formulare pienamente la domanda, stringendo con leggerezza la mano sotto la sua, ma sperò con tutto se stesso che Dean avesse capito. Il più alto osservò il corpo fra le sue braccia raggomitolarsi leggermente sul posto «Se è una conferma quella che cerchi...bhe, si. Siamo una...una coppia» lo rassicurò «Siamo partner, amanti...» sussurrò quell'ultima parola nel suo orecchio, contribuendo a mandare a quel paese quella sorta di autocontrollo che aveva assunto sul suo corpo «Chiamaci come vuoi» lasciò un bacio sulla sua guancia, la pelle minimamente ruvida per via di quell'inizio di barba «Mi basta sapere che tu sei mio e che io sono tuo» sorrise, il cuore gli batteva velocemente, una strana felicità lo avvolse, una felicità amica, un amica che Dean non incontrava da tempo ormai, ma che in quel momento lo stringeva dolcemente fra le sue braccia. Si, si sarebbe abituato a tutto quello, senz'ombra di dubbio, era tutto ciò che aveva desiderato per molto tempo e ora che finalmente lo aveva ottenuto, nulla sarebbe riuscito a portarglielo via. Sentì la mano di Castiel stringersi per qualche secondo sulla sua prima di lasciarla andare totalmente. L'angelo si voltò verso di lui, quel tanto che bastasse a far incontrare le loro labbra in un bacio a stampo che per qualche secondo rimase tale, prima che lui stesso decidesse di approfondire quel contatto, schiudendo le sue labbra e leccando cautamente quelle del cacciatore, quasi a volergli chiedere se per lui andasse bene. "Mio" ripeté nella sua mente quasi come un mantra, per abituarsi a quella parola, per abituarsi alla consapevolezza che il cacciatore si fosse ceduto a lui in tutto e per tutto, così come aveva fatto lui stesso. Dean sorrise sulle labbra di Castiel, esalando un innocente risata a quell'azione, prendendo poi il controllo di quell'umido bacio ad occhi chiusi. Qualcosa in lui scattò definitivamente quando lo sentì gemere sommessamente sulle sue labbra, le sue gambe si mossero in un lento gesto irrequieto, i muscoli del basso ventre sotto le sue dita si contraevano spontaneamente, tesi per l'eccitazione. Capì quindi che forse anche Castiel fosse arrivato a quella specie di punto di rottura, se così poteva definirsi, anche per il modo in cui le labbra dell'altro persistevano sulle sue, bisognose, disperate quasi. Lasciò che le sue mani vagassero sul suo addome, sfiorando l'elastico dei pantaloni, i fianchi leggermente stretti. Più volte i suoi polpastrelli andarono verso il basso, sfiorando l'inguine di Castiel, che di rimando, aveva approfondito il bacio, sospirando pesantemente. Quando finalmente le loro labbra si staccarono, entrambi erano accorto d'ossigeno e Dean poggiò la sua fronte su quella dell'altro, ansimante, tenendo gli occhi chiusi, le punte dei loro nasi si sfioravano appena. Il cacciatore finalmente aprì gli occhi, separandosi di qualche centimetro da lui, ottenendo così una totale visione del suo viso, una visione paradisiaca azzardò Dean, le labbra carnose erano lucide e più rossastre del solito, separate per il bisogno d'aria, le gote avevano assunto una forte tonalità rosata. La situazione non migliorò assolutamente quando l'angelo aprì finalmente gli occhi, rivelando quelle due pozze blu in tutta la loro bellezza. Un velo d'acqua posava sui suoi occhi, rendendoli lucidi e quei capelli Corvini scompigliati, non facevano altro che renderlo perfetto ai suoi occhi...una bellezza serafica, una bellezza che di certo non poteva appartenere a quel mondo. Jimmy Novack era senza dubbio un bell uomo, lo ammetteva, Castiel non avrebbe potuto sceglierlo meglio il suo tramite, ma l'angelo gli donava quell'aspetto celestiale, quel qualcosa in più che avrebbe potuto trovare solo in lui e in nessun altro...e poi, insomma, lui era...era semplicemente Castiel e Dean non avrebbe potuto chiedere di meglio. I suoi occhi sviarono per una manciata di secondi sul corpo che stringeva e poté notare, scendendo verso l'inguine, le gambe dell'angelo strette e ora più vicine al suo corpo, come a voler nascondere il rigonfiamento in mezzo ad esse che Dean, però, notò quasi immediatamente, aiutato dalla felpa sollevata, il tessuto non troppo spesso del pantalone ma soprattutto la loro posizione. Era più che felice di fargli quell'effetto, tanto che un sorriso malizioso si aprì sul suo volto, mentre lo sguardo dell'angelo vagava altrove, imbarazzato e più esposto di quanto lo fosse mai stato, ormai totalmente alla mercé del più alto. «Dean» quel richiamo sommesso lo fece finalmente voltare verso l'angelo, che in quel momento lo osservava con la coda dell'occhio, le labbra separate. Accarezzò il suo corpo, risalendo con una mano verso il collo, soffermandosi su ogni singolo muscolo e quando finalmente arrivò alle clavicole, le sfiorò lentamente, osservando le sue dita sbucare dal giro collo decisamente troppo largo della felpa. Il collo di Castiel si tese come risposta naturale a quel tocco, alzando di poco il viso, permettendogli di avere pieno accesso alla zona. «Lo so, Cas» sussurrò, sentendo a sua volta l'eccitazione crescere dentro di lui alla sola consapevolezza che in quel momento, l'angelo stesse perdendo il controllo per mano sua. «Non preoccuparti, è una cosa totalmente normale, questo lo sai» lo rassicurò, lasciando un umida scia di baci lungo la sua mascella «rilassati» terminò, adocchiando la pelle scoperta del suo collo, iniziando a baciarlo subito dopo. Le sue labbra umide finirono per sfiorare ogni centimetro di pelle raggiungibile, lambendo con la punta della lingua alcune zone e quando tornò a stuzzicare il suo orecchio, lo sentì trattenere il fiato per qualche secondo. I suoi polpastrelli risalirono sul pomo d'Adamo, sfiorandolo per pochi secondi, prima di scendere nuovamente verso l'addome. Il fatto che ormai la pelle di Castiel fosse così calda, non rappresentava altro che un ulteriore invito nel toccarla, infatti, ormai dipendente da essa, le sue mani non riuscivano a staccarsi dall'altro e in realtà nemmeno voleva farlo. Dean era conscio ormai da tempo che fosse totalmente perso per l'angelo, anche se forse non l'avrebbe ammesso così facilmente, soprattutto a suo fratello Sam, orgoglioso com'era. Allo stesso modo, anche Castiel era ormai andato per quell'uomo e per quanto potesse risultare eticamente sbagliato, non poteva fare niente al riguardo. "quando Castiel ti ha messo la mano addosso per la prima volta all'inferno, era perduto" se le ricordava bene quelle parole, urlate a squarciagola ed era convinto che anche Dean le ricordasse...ma sua sorella aveva ragione, si era perso per via del cacciatore, ma era stato proprio lui a ritrovarlo subito dopo, salvandolo a sua volta. E si era ritrovato, in quell'anima così tanto lucente e buona da farlo tremare, in quegli occhi verdi e in quel sorriso furbo, nelle lentigini che puntellavano il suo viso, le stesse che spesso aveva collegato con delle linee immaginarie, finendo per ritrovarci ogni singola costellazione esistente. Era sbagliato, ma a chi era mai importato realmente? Nemmeno Chuck aveva mai fatto qualcosa per separarli, Dio in persona li aveva guardati, regalandogli un sorriso paterno, probabilmente non c'era mai stato nulla di sbagliato nell'amore. Dean lo sentì sobbalzare quando iniziò a succhiare la pelle esattamente vicino al succhiotto fatto poco prima, la zona leggermente più sensibile. Castiel chiuse gli occhi per una manciata di secondi, contraendo la mascella per la strana e ancora nuova sensazione, riaprendoli subito dopo e trattenendo il respiro quando i denti del cacciatore affondarono lievemente nella sua pelle, non arrecandogli dolore, anzi, quella particolare azione finì solo per eccitarlo maggiormente. La sua mano tornò di nuovo verso il basso, fermandosi li dove poteva sentire, anche se in maniera molto ovattata, il battito veloce del cuore dell'angelo. Lasciò quel lembo di pelle, osservando per qualche secondo il livido venutosi a creare esattamente di fianco a quello precedente anche se questo risultava essere leggermente più violaceo, contornato dalle impronte dei suoi denti. Sorrise sulla sua pelle, leccando la zona, sentendo finalmente il petto dell'angelo tornare ad abbassarsi lentamente, le gambe si mossero nuovamente, impazienti e fù sicuro che in quel momento le sue ali stessero tremando, come quando, poco prima, le aveva sfiorate per la prima volta. E Castiel aveva ragione, stava vivendo tutto in maniera molto intensa, per non parlare del fatto che, probabilmente, l'angelo fosse molto più sensibile del normale, non essendo abituato a certe attenzioni. Anche se probabilmente quella specie di iper sensibilità sarebbe rimasta e a dirla tutta, se questo significava vederlo spesso in quelle condizioni, non poteva esserne più felice. «Cas» sussurrò, prima di mordergli l'orecchio «Sei davvero sensibile» aggiunse, nello stesso momento in cui i suoi polpastrelli sfiorarono uno dei suoi capezzoli, sentendo subito dopo una sorta di gemito strozzato. Lo guardò per una manciata di secondi, le guance erano arrossate, per fortuna poteva vederle più che bene grazie alla discreta luce che illuminava quella parte della stanza. Castiel prese il labbro inferiore fra i denti in un gesto istintivo, probabilmente non voleva farsi sentire, pensò il cacciatore, sorridendo come un idiota. Che spreco che erano stati quegli anni a nascondere i propri sentimenti, ma forse doveva andare cosi, ne era decisamente valsa la pena. «Mi correggo, sei molto sensibile» si soffermò più del dovuto su quella parola, ritornando a sfiorare lo stesso punto. Castiel tentò di trattenersi meglio che pote, non si sarebbe mai aspettato tutta quell'eccitazione con così pochi tocchi, così leggeri e dolci da sentire il bisogno di riportare le sue ali in quella dimensione, bisognose, in cerca delle attenzioni del cacciatore. Erano state toccate una sola volta da Dean, eppure poteva definirsi già dipendente da quelle carezze...ed era certo del fatto che solo lui ora potesse toccarle. Tuttavia, non le tirò fuori, data la posizione che avevano assunto e poi, a dirla tutta, non voleva nemmeno per un secondo quelle mani lontane da lui, non voleva separarsi dal corpo dell'altro, aggrappandosi al suo avambraccio e alla coperta del letto per quelle sensazioni travolgenti che il cacciatore stesso gli stava regalando.
Il più alto continuò a guardarlo con la coda dell'occhio, le loro guance si sfioravano di tanto in tanto e quando Dean strinse fra le dita quel capezzolo ormai turgido, le labbra dell'angelo si separarono per qualche istante, lasciando andare un silenzioso gemito, mentre la mano che circondava il suo avambraccio finì per stringere lmprovvisamente il suo polso. Dean serrò le labbra, mordendosi l'interno della guancia, anche lui ormai si stava eccitando, il corpo di Castiel premuto sul suo, quel calore, quelle espressioni che non aveva mai visto sul suo volto ma che aveva più volte immaginato...
Ringraziò se stesso per non aver indossato uno dei suoi soliti jeans quella mattina, oppure l'erezione che stava ormai prendendo forma nei suoi box gli avrebbe fatto più male del dovuto. Inspirò profondamente, quel giorno non voleva spingersi troppo oltre, per l'angelo era tutto nuovo e in realtà in un certo senso lo era anche per lui, ma voleva concentrarsi unicamente su Castiel, facendogli scoprire nuove sensazioni, facendogli prendere coscienza di quello che ormai era il suo corpo in tutto e per tutto, viziandolo come poteva.
Strinse per un momento il fianco dell'angelo con l'altra mano «Castiel, hey» sussurrò, sentendo i suoi muscoli fin troppo tesi sul suo corpo «coraggio, rilassati» ripeté, baciandogli prima la tempia, poi la guancia bollente, scendendo sull'angolo delle sue labbra. Sorrise dolcemente come per rassicurarlo quando lo vide aprire per bene gli occhi, essi erano ancora velati dalle lacrime, incerti e puri come lo erano sempre stati. Sentì un brivido correre lungo la schiena dell'altro, poi i suoi muscoli si rilassarono lentamente sul suo petto, la stretta sul polso si allentò e quando lo sentì sospirare silenziosamente, gli lasciò un bacio fra quei capelli da lui stesso tanto amati «ecco, così» lo incitò, ritornando a stuzzicare i suoi capezzoli e il collo ormai arrossato. Le gambe dell'angelo, tutta via, restarono serrate, forse per l'imbarazzo, anzi...decisamente per l'imbarazzo, che nonostante tutto persisteva. Ed effettivamente lo capiva, Castiel negli anni si era rivelato essere molto riservato, se toccava gli argomenti giusti, il cacciatore riusciva facilmente a metterlo in imbarazzo. Era una cosa che gli piaceva fare, ovviamente quando restavano da soli, nella riservatezza di una stanza altrimenti vuota se non fosse per la loro presenza, magari con una birra fra le mani...non aveva prezzo per lui vederlo in un certo stato. Oltre ad essere timido in un certo qual modo, quindi, ci si metteva il fatto che l'angelo non avesse mai provato cose simili, o almeno non con quella intensità, come aveva detto lui stesso. E a dirla tutta, a Dean era sempre piaciuto quel suo modo di essere, di sviare lo sguardo se toccava dei particolari argomenti e lo amava in quel momento, con le gote infuocate e le cosce contratte per mantenere quella scomoda posizione. Insomma, quante donne aveva mai visto in quello stato? Probabilmente nemmeno una, forse per i locali discutibili che aveva sempre frequentato, certo...ma nemmeno quelle con cui ci aveva seriamente provato avevano mostrato un minimo di incertezza o di imbarazzo. Se l'era spassata di certo, soprattutto nei primi anni, non avrebbe mai detto che l'essere sfacciati fosse un difetto, tantomeno a letto...eppure, in quel momento, gli sembrava tutto troppo facile, veloce, immediato. Tutte quelle donne gli avevano dato il loro corpo con estrema naturalezza, cedendoglielo come niente fosse, fiduciose dell'altro. Invece con Castiel, bhe...sembrava stesse percorrendo lentamente un sentiero sterrato, alcuni ostacoli a bloccarlo ma sapeva che, nonostante tutto, sarebbe riuscito a superarli, arrivando a destinazione, godendosi ogni istante di quel viaggio, di quell'esperienza quasi idilliaca. La mano che ancora riposava sul basso ventre del più basso, scese ancora, sfiorando l'inguine coperto dai vari tessuti, senza però avvicinarsi troppo alla sua erezione. Risalì con cautela sulla coscia dell'angelo, sentendo ogni singolo muscolo contratto sotto i suoi polpastrelli, prendendo ad accarezzare la zona. Castiel seguì con lo sguardo i movimenti della sua mano, le labbra schiuse, sembrando quasi ipnotizzato dalle sue azioni. Tanto che quando il suo bacino, che aveva tenuto il più fermo possibile fino a quel momento, si mosse leggermente in avanti, facendo scontrare la sua erezione con la parte bassa della schiena dell'angelo, quest'ultimo sobbalzò leggermente, inarcandosi per pochi secondi sul suo addome. Il cacciatore si lasciò sfuggire un sospiro, reprimendo la voglia di soddisfare anche se stesso «L'hai sentito, Cas?» domandò retorico, continuando ad accarezzargli la coscia «mi fai lo stesso effetto» sussurrò, mordendogli piano il lobo. Castiel, d'altro canto, si era già chiesto se quella che aveva sentito di sfuggita sfiorare la sua schiena fosse l'erezione del cacciatore, ma ora ne aveva avuto la conferma proprio da lui, sorprendendolo. Lo rinquorava però, in un certo modo, la consapevolezza di non essere l'unico in quelle condizioni, che anche lui in qualche modo lo eccitava...che insomma, non fosse l'unico in balia di così tante sensazioni e soprattutto dell'altro. Dean lo sentì deglutire, respirando piano e pochi secondi dopo, i muscoli sotto i suoi polpastrelli si rilassarono visibilmente, poco alla volta. Sorrise, facendo scorrere la mano al di sotto della sua coscia, arrivando a sfiorare la parte bassa dei glutei, lì dove i suoi palpastrelli, però, non riposarono a lungo, ritornando quasi subito al di sopra della zona. Questa volta, però insinuò le sue dita longilinee nel mezzo delle due cosce, sentendo le falangi immediatamente pressate dai muscoli dell'angelo. «Dean?» lo richiamò quest'ultimo, in un sussurro spezzato, voltandosi quel tanto che bastasse per guardarlo decentemente, la fronte leggermente corrugata, le labbra gonfie e rossastre per via dei morsi. In cambio, però, ricevette un bacio a fior di labbra, la mano di Dean si strinse intorno alla sua pelle, iniziando poi ad accarezzare la zona. Castiel sembrò cogliere quella sorta di silenziosa richiesta, passarono di fatti pochi secondi prima che il cacciatore sentisse le sue dita libere da quella pressione, così come l'erezione dell'altro, anche se le gambe si erano separate solo di pochi centimetri. Anche da quell'angolazione quindi, il cacciatore poté finalmente vedere per com'era realmente il rigonfiamento nei pantaloni non troppo leggeri che indossava l'angelo, quest'ultimo si ritrovò a stringere il tessuto della sua felpa fra le dita, lo sguardo basso mentre lasciava che il più alto avesse una visione più o meno completa del suo corpo snello ma tonico. Dean si ritrovò a mordersi il labbro inconsciamente, desideroso di toccarlo fin dove le sue dita potessero arrivare, di riportarlo, con esse, di nuovo in paradiso...o all'inferno, questo dipendeva solo dai punti di vista. Da ciò che rammentava, non si era mai eccitato così tanto col solo osservare il corpo di una donna, una donna con gli abiti ancora al loro posto poi...
Ironicamente però, senza muovere nemmeno un muscolo, era proprio l'angelo che stava portando, almeno metaforicamente, il cacciatore in paradiso. La sua mano sinistra risalì nuovamente sul petto dell'angelo, ritornando a sfiorare, questa volta molto più delicatamente, i capezzoli di quest'ultimo. Con la coda dell'occhio, lo vide abbassare quasi totalmente le palpebre, abbandonandosi nuovamente a quelle sensazioni e non poté esserne più felice, finalmente Castiel si stava lasciando un po' andare ed era esattamente ciò che voleva. La mano che stringeva la coscia scese ancora, risalendo poi sull'inguine, dove le sue dita riposarono per una manciata di secondi, prima di poggiarle sulla base dell'erezione di Castiel. Da quest'ultimo ne provenì un gemito strozzato, lo guardò per un paio di secondi, giusto per assicurarsi che potesse continuare quella sorta di esplorazione sul suo corpo e sorrise quando lo vide mordersi di poco il labbro, ritornando poi con lo sguardo sulle sue mani. Con lentezza, percorse l'intera lunghezza dell'erezione con la punta delle dita, seguendone la leggera curvatura, stuzzicando l'angelo, nel tentativo di fargli desiderare molto più di quella semplice carezza. Quando interruppe il contatto, Castiel tornò finalmente a respirare, esalando il suo nome fra un respiro e l'altro, proprio in quel momento, si rese conto che avesse un certo effetto pronunciato in quel modo «fa male» sussurrò, mentre le sue dita si stringevano ansiose nel tessuto della felpa, una gamba si mosse irrequieta, strofinando contro la sua. «Di già?» chiese con un sorriso sulle labbra, iniziando a giocherellare con l'estremità del pantalone. Improvvisamente, un dubbio sorse nella sua mente, facendosi spazio fra tutte quelle sensazioni e pensieri che lo stavano affollando, sgomitando fra di essi per emergere «Cas» lo richiamò, fermando il proseguire delle sue dita. Nonostante quelle precedenti parole, non voleva di certo fare qualcosa che all'angelo potesse dare fastidio o addirittura farlo arrabbiare...voleva sapere se poteva spingersi un po' oltre quel punto che ormai avevano sfiorato, non andando però a fondo in tutto e per tutto. «Devo fermarmi?» gli chiese, socchiudendo gli occhi, affondando il viso nei suoi folti capelli corvini. Rimase in quella posizione per una manciata di secondi, lasciando che gli solleticassero le gote, le palpebre, la punta del naso, beandosi di quella piacevole sensazione. Quando non ricevette risposta, si scostò da lui, tornando ad osservare il suo viso trovandolo totalmente arrossito, il labbro inferiore fra i denti, le sopracciglia leggermente corrugate in un espressione contrariata forse, quasi come se volesse trattenersi dal rispondere, la mascella contratta. In quell'esatto momento i suoi dubbi sparirono con la stessa velocità con la quale erano apparsi, spazzati via da quella nuova consapevolezza e la voglia di ritornare sul suo cammino. Gli si arricciarono gli angoli delle labbra, eccitato a sua volta, anche se ormai l'erezione in mezzo alle sue gambe era una zona vietata per suo stesso volere. Insinuò i polpastrelli al di sotto del pantalone, sfiorando il tessuto elastico dei box «Lo prendo come un no» sussurrò, mentre con la punta dalle dita, finalmente sfiorava l'estremità del membro di Castiel. Quest'ultimo sussultò, schiacciando di poco il bacino sul morbido materasso come per ritrarsi dal suo tocco, anche se non funzionò poi molto, dato che le dita dell'altro tornarono immediatamente a contatto con essa, mozzandogli il respiro nuovamente. Scese ancora più giù, osservando di sottecchi il volto del suo Angelo, godendosi ogni sua espressione, bevendo quegli occhi lucidi, illuminati dal piacere. Quando arrivò alla base della sua erezione, finalmente la circondò con l'intera mano e si rese conto, con assolutamente non poco piacere, che Castiel fosse ben piazzato, poteva sentirlo e anche se non poteva vederlo direttamente da quella posizione, dati anche i vari strati di tessuto, poté comunque farsene un idea. Iniziò a massaggiarla lentamente, con movimenti circolari, stando bene attento a non farne di troppo bruschi. L'altra mano scese sul basso ventre dell'angelo, accarezzandolo, i suoi muscoli si contraevano uno ad uno, il respiro pesante per via di quelle nuove attenzioni che gli stava regalando. Le sue labbra rimasero però serrate, non lasciandosi sfuggire alcun gemito, mentre la sua mano rimase saldamente ancorata al tessuto della felpa, arricciandolo compulsivamente fra le dita, l'altra invece poggiava sul materasso, sostenendosi. «Meglio, Cas?» chiese provocatorio, conscio del fatto che non avrebbe ricevuto alcuna risposta, lasciando una tenera serie di baci sulla mascella del diretto interessato, chiudendola poi sul collo, li dove i succhiotti che gli aveva procurato erano ora perfettamente visibili. L'erezione al di sotto della sua mano era ormai bollente, il cacciatore desiderò ardentemente di sfilargli almeno un minimo quei pantaloni, ma scendendo a patti con sé stesso, concluse che fosse stata una rottura farlo in quella posizione, avrebbe dovuto necessariamente muoversi e non voleva assolutamente mettere fine a quel contatto. Castiel tenne stretto il suo labbro fra i denti, ancora una volta, era tutto troppo intenso per lui e fù grato al cacciatore per la sua immensa lentezza e pazienza che stava avendo in quel momento, senza affrettare troppo le cose. Sentì le dita del cacciatore accarezzare per pochi secondi il suo interno coscia, passando il pollice al di sotto del tessuto dei suoi box, facendogli mancare il respiro, prima di ritornare nuovamente sulla sua erezione. Dean continuò a regalargli quelle carezze per alcuni minuti, più o meno fin quando sembrò ormai essersi abituato alle mani sul suo corpo e i denti avevano finalmente lasciato andare il labbro inferiore, quest'ultimo, in alcune specifiche parti, sembrava sul punto di sanguinare. Subdolamente, riuscì ad alzare l'estico dei box dell'angelo, permettendo così alle sue dita di entrare in contatto con la pelle del più basso. Scivolò giù, le labbra separate mentre lui stesso tratteneva un sospiro, non era mai stato con un uomo in fin dei conti, insomma, non ne aveva mai toccato altri oltre al suo. I suoi polpastrelli vennero solleticati dalla leggera peluria dell'angelo, sondò per bene quella zona, senza però toccare la sua erezione, notando con un ghigno sulle labbra che lo stesso angelo stesse seguendo i movimenti della sua mano con le iridi, respirando in maniera leggermente più veloce del normale, forse sperando di ottenere altro. Ed effettivamente era vero, per quanto il temporeggiare del cacciatore lo stesse aiutando molto, quel suo modo di fare, così subdolo, seducente ma estremamente dolce allo stesso tempo, gli stava portando lentamente via ogni briciolo di ragione. «Dean» Castiel sussurrò il suo nome, ennesimamente, come fosse uno dei loro canti Enochiani, la voce ridotta ad un flebile sussurro spezzato dal desiderio. La stessa erezione fra le gambe del cacciatore, si mosse per contrazione dei muscoli, data involontariamente da quella scarica di piacere che quell'azione aveva scaturito nel suo corpo. L'erezione dell'angelo ebbe esattamente la stessa reazione, poté sentire i suoi muscoli contrarsi sotto le sue mani, il tessuto dei pantaloni ondeggiò mellifluo al di sopra della sua pelle. «Castiel» sussurrò «Riesci ad abbassare un po' quei pantaloni?» baciò la sua tempia, prima di sentirlo annuire, le sue mani lasciarono il tessuto che stringevano, arrivando all'elastico dell'indumento. Spostò il peso sui talloni, alzando forse di un centimetro il bacino dal materasso, permettendo così al fastidioso indumento di scivolare lungo le sue cosce, fermandosi però nemmeno a metà di esse, dato il loro essere divaricate. Meglio di niente, pensò Dean, ora aveva più libertà nei movimenti e poteva vedere tutto, la sua mano a nemmeno un centimetro dall'erezione del più basso. Castiel si accomodò nuovamente sul suo petto, sentendo però qualcosa scontrarsi col suo corpo. Abbassò lo sguardo, raccogliendo qualche briciola di coraggio e senza guardare il cacciatore, portò la sua mano sulla coscia di quest'ultimo, cercando di raggiungere la sua erezione. Dean sorrise a quell'azione «Sono lusingato Cas, davvero» iniziò, raggiungendo la mano dell'angelo con la sua, avvolgendo le dita intorno al suo polso, riportandola sul suo stesso addome «Ma per oggi la star sei tu» sussurrò, toccando finalmente la sua erezione senza che qualcosa impedisse il contatto della loro pelle. Vide l'angelo mordersi nuovamente il labbro, ritornando a stringere fra le dita il tessuto della felpa. Dean non poté fare a meno di imitare la sua azione, mordendosi il labbro a sua volta, desiderando ardentemente di poterlo baciare, di marchiare ogni centimetro di quel corpo con le sue stesse labbra, dato che ormai era conscio del fatto che avesse lasciato più che un semplice segno nell'essere celeste. Accarezzò la sua erezione cautamente, dapprima utilizzando solamente i polpastrelli, avendo cura di soffermarsi per una manciata di secondi sulla punta di essa, sensibile e totalmente estranea a quel tocco. Poco dopo, finalmente, avvolse la mano intorno a quel membro caldo, percorrendone più volte la lunghezza, scendendo su di essa fin dove gli era possibile arrivare, con pazienza, senza metterci troppa forza, cercando di non stringere troppo. Sentì Castiel sospirare e quando per l'ennesima volta, le sue dita accarezzarono la punta del suo membro, Dean poté sentire il liquido preseminale fuoriuscire da esso. Con la mano libera abbassò, per quel che poté, i suoi box scuri lasciandogli un bacio sul collo, mordendo subito dopo la zona, marchiandogli la pelle ulteriormente. Finalmente libero da quell'ennesimo strato di tessuto, la mano del cacciatore poteva ora muoversi in tutta libertà, evitando anche di sporcare quei vestiti che tanto adorava vedere sul suo angelo. Si leccò le labbra, osservando l'erezione di quest'ultimo, la punta ormai inumidita e lucida. Passò nuovamente le dita su di essa, tentando di lubrificare almeno un minimo la sua pelle, il tutto, si rese conto, sotto lo sguardo terso dell'angelo. Sorrise malizioso, leccandogli il collo e quando ricominciò a muoversi, Castiel pressò la schiena sul suo petto, le labbra separate, e mentre il documentario in tv blaterava ancora di qualcosa che arrivava indistinto alle sue orecchie, probabilmente qualcosa di inerente alle api, finalmente l'angelo si lasciò sfuggire un gemito, rumoroso, forse minimamente più acuto di come se lo aspettava, ma sentì comunque le sue corde vocali vibrare in fondo alla sua gola. «Cazzo, non riesco ancora a credere che stia succedendo...» sussurrò fra sé e sé, rallentando i movimenti per un attimo, deliziato da quella vista. «Dean» lo richiamò l'angelo, riprendendo fiato, osservandolo di sottecchi, sentendo immediatamente la mancanza di quella frizione. Il cacciatore si lasciò andare ad una lieve risata sbiascicata «E va bene» sussurrò «suppongo che il mio momento da "film da ragazza" possa aspettare fin quando non ti avrò fatto venire nella mia mano» aggiunse provocatorio, ritornando a muovere la sua mano ad un ritmo decente, mentre l'altra riposava languida sull'addome di Castiel, prima di scendere lentamente sulla sua coscia, finendo occasionalmente al di sotto dei box. I gemiti dell'angelo arrivarono dolci alle sue orecchie, ovattati a tratti, quelle poche volte che riusciva a trattenersi, eccitandolo più di quanto già non lo fosse. Soddisfatto, strinse leggermente l'erezione nella sua mano, aumentando di poco la velocità, cosa che mozzò il fiato del più basso, mentre le sue gambe, istintivamente, tornarono a stringersi, i muscoli contratti per qualche secondo. Dean sorrise a quella reazione, insinuando una gamba al di sotto della sua, spostandola di vari centimetri, allargandole di nuovo e maggiormente rispetto a prima. Sentì il corpo di Castiel tremare, il respiro veloce e sconnesso mentre la mano sinistra di quest'ultimo risalì sulla sua spalla, stringendo il morbido tessuto della maglia che indossava, aggrappandosi ad essa. «Verrai per me, Cas?» sussurrò, accarezzando languidamente il suo addome, soffermandosi con un paio di polpastrelli sulla punta del suo membro ormai umido. Castiel si agitò fra le sue braccia, stringendo disperatamente la stoffa della sua maglia fra le dita, chiudendo gli occhi lucidi con forza, il suo corpo scosso da un leggero tremolio ormai incontrollabile, l'orgasmo fin troppo vicino per essere rimandato nuovamente. Si contorse leggermente sul suo corpo, abbassò il capo come per trattenersi, voltandosi poi li dove la mano stringeva la sua spalla, pressando le labbra carnose in una sottile linea, cercando di nascondere quei gemiti che però, in un modo o nell'altro riuscivano sempre a sfuggire al suo controllo. La sua mano si muoveva ormai velocemente attorno l'erezione di Castiel, ci aveva finalmente preso dimestichezza e sapeva quanto stringere in modo da spostare a suo piacimento quel sottile ed elastico lembo di pelle, pressando i polpastrelli li dove alcune vene si mostravano più sporgenti e sensibili. «Coraggio...» sussurrò il cacciatore, incitandolo così a lasciarsi finalmente andare, il tono persuasivo, seducente come forse non lo era mai stato. E l'angelo in questione ascoltò quella singola parola, gemendo il suo nome, prima di nascondere il viso nel tessuto della sua maglia, pressandolo sù di essa, il corpo attraversato da un forte tremolio, le gambe contratte, un piacere che non aveva mai sentito prima si espanse all'altezza del suo basso ventre. L'erezione dell'angelo tremò a sua volta, la voce ridotta a poco più di un sussurro seppur cristallino e pochi secondi dopo, venne nella sua mano, sporcandola di quel viscoso liquido lattiginoso. Esso colò fra le sue dita, sporcando anche il ventre dell'altro, che ancora teneva il viso nascosto, le labbra ora separate nel disperato tentativo di immettere quanto più ossigeno nel suo corpo ancora in torsione ed attraversato da degli spasmi involontari. Afferrò qualche fazzoletto che per fortuna, teneva sempre lì da qualche parte, lasciati sul comò di fianco al suo letto, pulendo sia la sua mano che il ventre di Castiel, passando poi al suo membro iper sensibile, ancora provato dalle precedenti attenzioni e dal vicino orgasmo. Lasciò un bacio fra i suoi capelli corvini, lanciando il groviglio di fazzoletti da qualche parte sul pavimento, ci avrebbe pensato più tardi a pulire il tutto, ora non voleva assolutamente saperne di disturbare il suo angelo, che tutt'ora respirava pesantemente, probabilmente esausto. Riportò i suoi box alla posizione originaria, muovendo le sue mani lentamente e questa volta non cera malizia nei suoi gesti nonostante l'erezione fra le sue gambe, sapeva che ci avrebbe messo un po di tempo per sparire del tutto ma avrebbe affrontato la cosa, ora voleva solo far riprendere il corpo fra le sue braccia. «Castiel» sussurrò, abbassando la felpa sul suo addome per poi circondarlo con le braccia, affondando per un attimo il naso fra quei morbidi capelli «Tutto bene?» chiese. Aveva notato la potenza con la quale l'orgasmo lo aveva investito e non voleva che lo avesse spinto oltre i suoi stessi confini.
Finalmente sentì la mano di Castiel allentare la presa sulla sua maglia, lasciandola tuttavia in quella stessa posizione, sentendo il disperato bisogno di aggrapparsi a qualcosa mentre ancora si riprendeva dall'orgasmo. Ci vollero qualche decina di secondi prima che Dean sentisse il respiro dell'angelo regolarizzarsi almeno un minimo e finalmente riuscì ad allontanare il viso dalla sua spalla, aprendo gli occhi e puntandoli chissà dove da qualche parte sul suo stesso corpo. Sentì la gamba al di sopra della sua tremare, distese quindi la sua, trascinando quella di Castiel con sé, in modo da dargli più agio nel rilassare i propri muscoli. Dean poté scorgere sul suo viso una sottile scia lucida, gli occhi ora risultavano essere, oltre che vitrei e vagamente rossastri, gonfi anche se di un minimo. Capì quindi che l'angelo si fosse fatto sfuggire qualche lacrima data dal piacere, dalle forti sensazioni provate in quel momento e in un certo qual modo, lo rendeva abbastanza fiero di se la consapevolezza di averlo portato fino a quel punto. Avvicinò la mano al suo viso, accarezzando con la punta delle dita il suo labbro inferiore, lucido e rosato, usò poi l'orlo della manica della sua maglia per asciugare quella scia umida sulla sua pelle, sfiorando con le nocche lo zigomo sporgente e caldo. Castiel si voltò quel tanto che bastasse per guardarlo, finalmente, lasciando andare la sua spalla, asciugando da per se l'altra guancia, il suo respiro era ormai ritornato del tutto normale, testimone anche il fatto che l'addome sotto le sue mani si alzava ed abbassava lentamente, in maniera ritmica e rilassata. Dean gli regalò un sorriso, addolcito fin troppo dalla vista di quel collo martoriato dalle sue stesse labbra e denti, i capelli arruffati all'inverosimile «Allora? Tutto bene?» chiese nuovamente, preoccupato. Castiel si limitò ad annuire, abbassando di poco lo sguardo e Dean non seppe se baciarlo o trattenersi...ma per quanto avrebbe voluto farlo, optò per la seconda scelta. «io....mi dispiace se per te è stato troppo...» iniziò, ma prima che potesse finire quella frase, le labbra del diretto interessato si poggiarono sulle sue, fermando quell'inutile sproloquio, esaudendo così anche il suo desiderio. Fù un leggero toccarsi, nulla di più, qualcosa di estremamente dolce, comunicandogli in quel modo che non aveva fatto nulla di sbagliato «non devi scusarti, Dean, anzi...» sussurrò poi sulle sue labbra. Dean sorrise di rimando, facendo combaciare le loro fronti per qualche secondo, lasciandosi poi andare ad un sospiro di sollievo «Stanotte hai dormito, Cas?» chiese poi, allontanandosi dal suo volto, che in tutta risposta si inclinò leggermente, regalandogli una delle sue solite espressioni interrogative «No io...sono mesi che non dormo ormai, lo sai che per un angelo è difficile farlo» rispose. Il cacciatore afferrò il telecomando che ancora giaceva indisturbato sul materasso, spegnendo la TV senza nemmeno preoccuparsi di chiudere l'app in uso come gli aveva spesso detto di fare Sammy «che ne dici, pensi di riuscirci adesso?» chiese. Castiel aveva l'aria distrutta, già da tempo ormai le sue occhiaie, che in realtà erano una caratteristica naturale del suo tramite, sembravano essere più marcate del solito e oltre tutto, a volte mancava di concentrazione. Insomma, aveva decisamente le batterie scariche e con quello che aveva appena sperimentato, Dean era sicuro che qualche ora di sonno avrebbero decisamente giovato al suo attuale stato. L'angelo lo guardò, le sue guance erano ancora tinte di una leggera tonalità rosata, testimoni di ciò che era successo poco prima «Non lo so, Dean...potrei provarci» rispose, titubante. A Dean servirono solo quelle parole, sfilò il morbido cuscino dalla sua schiena, poggiandolo li accanto «Bhe, proviamoci allora» lo incalzò, incoraggiandolo con un sorriso e Castiel non poté dirgli di no, come quasi sempre in realtà...il cacciatore era il suo unico punto debole e ne era ben conscio. Pochi minuti dopo, erano entrambi al di sotto della coperta alabastrina, una di quelle riempite con piume d'oca, leggera e dalla consistenza che Dean non avrebbe saputo descrivere realmente, ma che riusciva a tenere lontano il freddo nelle notti alquanto gelide in quel dannato bunker. Il materasso, nonostante tutto, risultò essere freddo a contatto con le sue spalle al contrario dei due cuscini, che avevano praticamente assorbito il suo calore corporeo. Si sistemò per bene sul fianco, accoccolandosi sul posto, un brivido corse lungo la sua spina dorsale data la temperatura del materasso. Osservò Castiel scivolare a sua volta sotto le coperte, totalmente estraneo alla situazione e in quel momento, forse Dean si aspettava che si sarebbe avvicinato almeno un minimo al suo corpo, ma ciò non accadde. Al contrario, rimase al suo fianco, gli occhi puntati al soffitto, aperti anche se stanchi, quasi fossero incapaci di chiudersi. Schioccò la lingua sotto al palato «Che idiota» sussurrò, roteando gli occhi, allungando poi il braccio verso Castiel, circondandogli velocemente busto per attirarlo a se. Quest'ultimo oppose un minimo di resistenza inizialmente, preso in contropiede da quell'azione, ma si lasciò andare quasi immediatamente, avvicinandosi di sua spontanea volontà al suo petto. «Pensavi veramente che ti avrei lasciato dormire in quel modo?» domandò retorico, alzando un sopracciglio ed infilando il braccio sinistro sotto al cuscino com'era solito fare. Castiel sospirò, esasperato forse, guardandolo di sottecchi «Non è detto che io riesca a dormire» commentò, concentrandosi sù quella parte del discorso, provocandogli così un lieve sorriso. Era certo del fatto che l'angelo non avesse mai dormito nello stesso letto con un altra persona, semplicemente perchè gli angeli non ne avevano bisogno, non per altro...ovviamente escludendo quella volta con la mietitrice. Dean contrasse la mascella, tentando di togliersi dalla mente quell'immagine, facendo scorrere le sue iridi sul collo dell'angelo, li dove la pelle morbida incontrava la sua spalla, poco sopra di essa i segni che gli aveva lasciato ben visibili e a meno che non li avrebbe curati, lo sarebbero stati ancora per molto. Castiel, d'altro canto, nonostante quelle risposte un pò taglienti, ringraziò mentalmente il cacciatore per aver deciso di distendersi, i suoi muscoli erano stanchi, sentiva le gambe deboli, quindi ne aveva veramente bisogno anche se appunto, dubitava che sarebbe finalmente riuscito ad addormentarsi. A quel punto il cacciatore osservò per una manciata di secondi il profilo del suo viso, ricordandone ogni singolo dettaglio a memoria, per poi cingere la sua vita con un braccio «Forse» cominciò, avvicinandolo maggiormente a se «ma hai bisogno di riposo e non provare a negarlo» aggiunse, i loro corpi ora si toccavano. «Io...» tentò l'angelo, fermandosi di botto nel momento in cui una gamba del cacciatore si insinuò fra le sue «Coraggio» lo incitò Dean «vieni qui» sussurrò, picchiettando sul suo stesso petto in modo da fargli capire cosa intendesse. Castiel lo osservò per qualche secondo, mordendosi l'interno della guancia per nascondere un leggero sorriso, non si aspettava che Dean fosse cosi....affettuoso nel suo piccolo, che apprezzasse il contatto fisico cosi tanto. L'angelo si voltò verso di lui, poggiandogli una mano sul petto mentre l'altra ricadde morbida sul materasso, fra i loro corpi.
La mano del cacciatore scivolò lungo la schiena dell'angelo, cautamente, finendo sui suoi glutei senza però soffermarcisi più del dovuto, afferrando poi la sua gamba e spingendolo leggermente verso di sé. In questo modo, Castiel si avvicinò maggiormente al suo corpo, mettendo la gamba su quella del cacciatore senza opporre alcuna resistenza, lasciandosi guidare nell'ennesima situazione in cui non sapeva veramente cosa fare. Dean sorrise nel notare come l'angelo fosse ben disposto a soddisfare quei suoi piccoli capricci, la rinomata voglia di sentire il calore di qualcun'altro nel suo letto, la voglia di sentirlo nella sua vita ora più che mai. Il cacciatore pensava, anzi, era più che convinto che se non fosse stata per la presenza di Castiel, non avrebbe desiderato nessuno in quel momento, nel suo letto, ad invadere il suo spazio personale, sia fisico che mentale. Le loro gambe, agganciate l'un l'altra in quel modo, permetteva al suo basso ventre di toccare quello dell'angelo e Dean dovette ringraziare chissà quale dio dato che, fortunatamente, l'erezione nei suoi box era ormai svanita del tutto. Abbassò lo sguardo sul volto dell'Angelo poco sotto al suo, i capelli corvini gli solleticavano il mento e quando riportò la mano sulla sua schiena, Castiel avvicinò il viso al suo collo, lasciandogli un leggero bacio a labbra schiuse sul pomo d'Adamo, prima di poggiare praticamente la fronte sulle sue clavicole, un leggero rossore a colorargli le gote. Dean sbarrò gli occhi per una manciata di secondi, stupito, arrossendo a sua volta, prima di soffiare una risata fra quei capelli corvini, sorridendo dolcemente su di essi. E Castiel si lasciò cullare dal battito del cuore del cacciatore, sincronizzando inconsciamente il suo respiro con quello di Dean, rassicurato e confortato da quella nuova vicinanza e da quell'aria che ora aleggiava fra di loro. Dean prese ad accarezzargli la schiena, lì dove le ali si legavano al suo tramite e prima di rendersene conto, le sue palpebre si appesantirono e si addormentò così, aspirando il profumo della pelle dell'uomo che aveva salvato anni prima dalla perdizione, salvando anche se stesso con quell'atto. Osservò l'angelo scivolare in quel sonno profondo, i lineamenti rilassati e il suo caldo respiro che si infrangeva sul suo petto e per quanto lui stesso non amasse essere osservato mentre dormiva, in quell'istante non riusciva veramente a staccargli gli occhi di dosso, totalmente perso. Si addormentò poco dopo, col cuore un po' più leggero e la consapevolezza che ora fra di loro fosse finalmente tutto al posto giusto.
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Omnia mea
FanfictionSi conoscevano da anni ormai, più di una decade, eppure Dean non tollerava il fatto che il suo migliore amico si cimentasse in delle lunghe e pericolose caccie solitarie. Ogni singola volta una guerra civile si scaturiva fra di loro, eppure quel gio...