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<<Cara io non ti capisco, cosa c'è che non va? Perché hai sempre questo cattivo umore?>>
<<Ma è possibile che non ti rendi conto!>>
<<Io cerco di dare il massimo per te, ma sembra quasi di rimanere sempre fermi allo stesso punto...>>
Sentivo provenire queste urla dal salone di casa. Erano così forti che salivano le scale e risuonavano nella mia camera, nonostante avessi chiuso la porta. Era straziante veder tornare mio padre a casa, distrutto dal lavoro pesante che fa, e mettersi all'opera con le liti con mia madre, e nemmeno riuscivo a spiegarmi i motivi, i perché di così tanta rabbia, dopo trent'anni di matrimonio. Da quando mio fratello è partito per il college e si è trasferito a Boston, le cose sono radicalmente cambiate. Non ci sono più quei momenti da passare tutti e quattro insieme, i sabati sera con la pizza, le escursioni in montagna o le domeniche al mare,... adesso ci sono solo io, da sola, e loro due.
*Toc toc*
<<Tesoro è pronta la cena>> dice mio padre entrando in camera mia, senza nemmeno bussare.
Scendendo le scale mi accorgo subito che sul tavolo della cucina ci sono dei toast al prosciutto e formaggio, nulla di che.
<<La tua professoressa di chimica mi ha detto che a Natale vi porterà qualche giorno sulla neve, a sciare, non sei contenta tesoro?>> domanda mamma, cercando di far finta che la lite con papà non sia mai esistita. Settimana bianca io? Con quelli della mia scuola? Neanche morta.
<<Mamma è inutile che ci provi, ma non andrò, lo sai bene>>
<<Odio vederti sempre a casa Ally, esci un po', fai delle conoscenze!>>
<<Cara se ti ha detto di no, non insistere>>
Ed ecco che ricominciano: il loro argomento preferito, me. Parlare della mia educazione, di cosa va bene e cosa no nella mia vota, è ciò che li diletta di più nel litigare. E così, senza che se ne accorgano, sguscio via e filo in camera mia ancora una volta, a rintanarmi su netflix o instagram. Attualmente sto guardando la quinta stagione del La Casa de Papel, quindi capirete che ho molto da fare.

La sveglia mi butta giù dal letto come ogni Lunedì, e come ogni tale giorno mi sbrigo a prepararmi per non perdere il pullman che mi porterà alla fermata di fronte scuola perché no, non ho un amico figo che mi ci accompagni, o una migliore amica. Inoltre oggi devo anche consegnare un progetto di architettura: la piantina del mio quartiere studiata su una precisa scala.
<<Signorina McHansen non ha centrato il lavoro>>, si alzano grandi schiamazzi e risate dopo il commento del professore, che zittisce la classe e prosegue il discorso, <<vedo molto impegno da parte sua, però non era quello che avevo chiesto, se la prossima volta ascoltasse con più concentrazione potrebbe tirar su la sua media scolastica. Rimandiamo la consegna alla prossima settimana ragazzi>> conclude.
<<Come al solito ti sei dovuta distinguere, sfigata>> sussurra una mia compagna di classe, alzandosi e avvicinandosi all'uscita.
<<Sfigata lo sarai!>>
Non avessi mai gridato questa frase, si girano tutti, freezzati da ciò che ho appena detto, compresa Miranda.
<<McHansen? Cos'hai detto? Sfigata a me?>> chiede sarcastica Miranda, cercando l'approvazione negli altri ragazzi, che ridono ancora una volta di me, <<Ti sei vista? Fossi in te... mi toglierei la vita>>, si volta e se ne va. Quelle parole mi rimbombano in testa per qualche secondo secondo assieme alle amare risate che risuonano dentro di me.
<<Torna qui stronza!>> queste sono le ultime parole che dico, prima di ritrovarmi su di lei, con il sul corpo disteso a terra, ed io a cavalcioni sopra, mentre le tiro i capelli con la mano destra e con la sinistra le blocco le mani.

<<Ally, cos'è successo?>> mi domanda mia madre, arrivando correndo nel corridoio che porta alla presidenza della mia scuola, probabilmente catapultatasi qui direttamente dal lavoro. Le spiego il fatto, riportando nei minimi dettagli tutte le parole e le brutte prese in giro che mi beccavo ogni giorno da quando mettevo piede nella scuola fino all'ora di uscita, ed alla fine mi diede ragione. <<Ora ci penso io>> esordisce alla fine del mio racconto ed irrompe nell'aula del preside, lasciandomi fuori ad aspettarla, davanti a me intanto ho la scena di Miranda con i capelli biondi arruffati e la mano che tiene il ghiaccio sul suo occhio, purtroppo per lei nero, e non per colpa del trucco colato. Mia madre esce di colpo dalla presidenza, dopo una buona mezz'ora passata al suo interno, e senza dire una parola mi fa segno di seguirla, ma noto comunque che lancia uno sguardo fulminante a colei che da anni a questa parte mi bullizza e mi prende in giro. Questa sì che è la mia mamma. Aspettiamo papà tornare dal lavoro per parlare della vicenda e sentire il suo parere. Anche lui si schiera dalla mia parte riguardo la rissa che è avvenuta e dice di volermi cambiare scuola, ma a questo punto ricomincia una discussione accesa tra i miei genitori.
<<Non c'è bisogno che litighiate anche per questo, sono grande, non sono più una bambina, posso decidere il cosa è meglio per me>> cerco di zittirli per non farli continuare, ma inutilmente, perché dissentono su ogni minima cosa che succede. Per mamma non posso decidere una cosa così importante da sola, soprattutto in questo momento di debolezza, papà vorrebbe far scegliere a me cosa fare, non mi vuole obbligare a rimanere in un ambiente in cui non mi sento a mio agio, ma neanche vuole peggiorare le cose.
Salgo le scale velocemente e afferro il cellulare.
<<Liam?>>
<<Ehy sorellina, che succede?>> mi risponde mio fratello, ormai lontano da me da circa un anno. Si è trasferito l'anno scorso a Boston per frequentare il college, lasciandomi qui tra questi matti, da sola. Lui era il mio appoggio in tutto, potrei dire che avevo solo lui, un complice più che un fratello. Uscivo sempre con lui e con i suoi amici ed amiche, ma da quando hanno finito il liceo, ognuno di loro è partito per inseguire il proprio futuro e non hanno tempo per frequentare una ragazzina del liceo.
<<Liam, ti prego, aiutami, non ce la faccio più>>, comincio a raccontare per la milionesima volta la mia terrificante giornata e mi lamento per l'ennesima volta dei litigi dei nostri genitori, <<non so cosa decidere, se cambiare scuola o no, e non riesco più a sopportare le loro urla... ma li senti?>>
<<Sì, li sento urlare addirittura dal cellulare... Scusa, ma perché non vieni a Boston?>>
<<A Boston? Ma sei matto? A fare cosa poi?>>
<<Vicino al mio college c'è un liceo molto bello, svolgono un sacco di attività, ed è proprio attaccato al campus così non saresti mai da sola, potresti passare dal liceo al college in cinque minuti.>>
<<Ma chi baderebbe a me? Se mi dovesse succedere qualcosa o avessi bisogno di uno di loro? Dovremmo vivere io e te da soli nel tuo appartamento, sai che disastro... Sarebbe la soluzione fantastica, credimi, ma Liam, lo sai anche tu che non risponderanno mai di sì ad una richiesta del genere.>>
<<E chi ha detto che glielo devi chiedere?>>

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