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Avete presente quando, senza alcuna ragione, una sensazione si fa spazio nel vostro cuore e non riuscite a capire da dove venga e perché sia lì?
Ci spaventa, ci porta ansia e tensione, come del resto è così che si reagisce all'ignoto.
Immaginate di avere un'unica certezza in un mare di interrogativi che sembrano non avere una riposta plausibile, e di punto in bianco vi sfugge via tra le mani come sabbia fine anche quella.

"Marti? Siete pronti?", chiese Leonardo mentre sistemava le valigie nel bagagliaio della sua auto, sembrava quasi stesse giocando a Tetris.
Quante cazzo di valigie devo ancora sistemare?, pensò tra sé e sé, dobbiamo essere lì solo per una cena e una notte, per poi ripartire il giorno dopo.
"Eccoci", disse il piccolo Lorenzo correndo verso il padre, che lo abbracciò e lo prese in braccio.
Martina baciò sulle labbra il suo stupendo marito, nonché grande amante col quale amava fare l'amore fino alle prime luci del mattino, tutto questo quando i loro figli non c'erano. Negli ultimi tempi, infatti, i bambini passavano gran parte del loro tempo dalla nonna, per lasciare casa libera ai propri genitori inconsapevolmente. Il loro rapporto era molto forte, sembrava essere qualcosa di indistruttibile, un concetto paragonabile ad un principio o assioma. Un amore che prendeva entrambi e li trasportava in un mondo solo ed unicamente creato per loro, fatto apposta.
"Papà, quanto tempo trascorreremo in auto?", chiese  Matteo salendo sul sedile posteriore.
"Circa 3 ore", rispose sorridendo suo papà.
"Ooh, e quanto sono?", disse Lorenzo incuriosito.
"Sta' tranquillo, passeranno presto", disse lui.
Durante il viaggio ci furono sguardi d'intesa tra i due coniugi, come per far intendere che molto presto si sarebbero lasciati trasportare dalla passione.
I bambini si addormentarono quasi subito e non diedero un'ombra di fastidio, cosa alquanto strana per i loro standard. Bisogna sapere che i loro figli erano sempre stati coloro che creavano un casino unico nelle mure di casa tra litigate e guai vari, insomma dei piccoli casinisti.
Quel weekend fuori porta non era una scusa per staccare la spina dalla solita routine, ma per così dire un obbligo, una sorta di promessa da mantenere: tempo prima, un gruppo di amici e Leonardo scommisero che se l'Italia avesse vinto gli Europei avrebbero dovuto mangiare a casa di un loro amico dei cibi esotici.
"Non ti va proprio, eh?", disse Martina notando l'espressione di sconforto di Leo.
Leonardo sbuffò.
"Assolutamente no, ho bisogno di farti mia, di spogliarti e completarti", disse lui senza pensarci.
Tenere a freno la lingua su questo genere di cose quando il suo istinto diventava implacabile ed impossibile da reprimere, non era cosa facile per lui.
Quelle cose facevano sciogliere il tenero cuore di Martina che si allungò e baciò la guancia del suo coniuge.
"Ti amo", disse, "ma non parliamo di certi argomenti, non possiamo sapere se all'improvviso i bambini si possano svegliare. Non mi va granché di spiegare ad entrambi che il loro padre ha una scopata mega galattica".
Leonardo le lanciò uno sguardo tremendamente malizioso.
La traversata, chiamata in questo modo per le file di macchine che occupavano tutte le corsie dell'autostrada e che resero il viaggio infinito, terminò nelle zone della campagna laziale, dove il suo amico armando lo accolse calorosamente.
"Leooo, buonasera! Prego, vi faccio strada nella mia umile dimora", disse.
Umile? Beh, proprio un termine inesatto: tre piani forniti di due saloni, due cucine, quattro bagni e sei camere da letto.
Armando era riuscito a comprare questa villa grazie ai soldi di sua moglie Ester purtroppo deceduta da qualche anno, con la quale aveva avuto due figlie, delle quali una aveva appena compiuto 20 anni e l'altra aveva l'età di Leonardo.
Giulia, così si chiamava, abitava da sola in una villa lontana da lì circa 20 minuti. Era una donna d'affari, che preferì dedicare la sua vita al lavoro e non ad impegnarsi a creare una famiglia, che si trovava a casa dei suoi genitori perché molto incuriosita dal conoscere un giocatore.
"Buonasera, sono Giulia, la primogenita", disse la donna rivolgendo il proprio sguardo solo sull'uomo che aveva dinanzi a sé.
Lo affascinava, gli piacevano le donne come lei: alta, sguardo penetrante, di fisico provocante.
Rimase a fissarla per un periodo di tempo infinito nel quale la sua mente viaggiò ininterrottamente, infatti, sua moglie, rendendosi conto di questa cosa, lo strattonò.
Lei sorrise maliziosamente.
Giulia e Armando, accompagnati dai bambini, si avviarono verso il salone dove era stata appositamente preparata una meravigliosa tavola; Leonardo e Martina rimasero per qualche minuto nell'ingresso.
"Che cazzo stavi facendo?", chiese lei.
Leonardo era ancora ammaliato dalla figura di Giulia che si allontanava sempre più, era troppo ammaliato dalle sue linee sinuose per prestare attenzione a ciò che sua moglie aveva da dirgli.
"Cosa?", disse poi.
"Che cazzo guardavi?", disse lei.
"Nulla", cercò di apparare la situazione.
"Se per "nulla" intendi dire che non facevi altro che pendere dalle sue labbra, allora la risposta di merda che mi hai dato è perfetta", disse Martina.
Nell'altra stanza, Giulia, stava origliando la loro conversazione e se la rideva di gusto, ovviamente senza farsi sentire.
Martina non si arrendeva.
"Voglio la verità", disse lei.
"Amore, io amo solo te", disse guardandola negli occhi e stringendola al suo petto, ma nella sua mente c'era solo il corpo sinuoso della misteriosa donna.
"Cercherò di fidarmi", disse Martina un po' diffidente baciando Leonardo.
Aveva mentito a sua moglie, colei che era sicuro di amare incondizionatamente, con la quale aveva sempre sognato di avere una vita insieme. Però dai, cioè...ogni uomo guarda un'altra donna ogni tanto, pensò cercando di giustificarsi.
Tenne stretta la mano della moglie sotto il tavolo per tutta la cena, tenendo lo sguardo dritto sul suo piatto in modo da evitare di guardare quella donna, che ormai aveva già architettato un bel piano.
"Leonardo", tuonò Giulia facendolo saltare dalla sedia dallo spavento, "devo assolutamente farti vedere la mia collezione di maglie da gioco".
Sorrideva con estrema malizia.
"Io...", cercò di dire lui mentre stringeva con forza la mano di Martina.
"Vai, su", disse Armando ridendo, "la mia bellissima figlia ne ha circa 45, non puoi non osservarle una per una".
Leonardo guardò Martina, voleva che lei stessa dicesse che sarebbe stata una cattiva idea, che l'ora era tarda e che dovevano andare via.
"Va' Leo, ti aspetto qui", disse lei dandogli fiducia.
Lo aveva messo alla prova? O si era fidata di suo marito? Dopotutto, la aveva rassicurata con il suo fare tenero, caratteristica che lo aveva contraddistinto da sempre.
"Che aspetti? Non ti mangio mica, sa'", disse Giulia.
"Arrivo", disse.
Il tragitto tra il salone, dove era calato il silenzio, e la camera di Giulia fu costellato delle sue domande sul lavoro di Leo, il quale dava risposte vaghe.
"Eccola qui", disse mostrando un'intera parete completamente coperta di maglie da gioco di grandi calciatori di tutti i tempi.
"Wow", si fece scappare Leonardo.
"Puoi avvicinarti, se vuoi", disse la donna.
"Vorrei vedere quella di Baggio", disse lui.
"Ottima scelta", disse salendo su di una sedia per raggiungere il punto della parete dove era appesa quella maglia.
Una volta preso l'indumento, allungò il suo braccio verso Leo, che poi ritrasse un attimo prima che l'uomo potesse afferrarla.
"Non così facilmente", disse lei avviandosi a chiudere la porta della camera da letto.
"Cosa intendi?", chiese lui.
"Scopami", disse lei.
Leonardo impietrì terrorizzato, sentendo una gocciolina di sudore attraversargli la schiena.
"Ehi, sto scherzando", disse lei capendo di averlo totalmente in pugno.
Lui rise nervosamente.
"Ma so che lo faresti", disse lei guardandolo con un certo sguardo e prendendo le mani di Leonardo e ponendole sul suo seno.
Con entrambe le sue mani si sfilò il vestito rimanendo nuda dinanzi gli occhi impietriti di quell'uomo, al quale aprì la patta. Leonardo era totalmente paralizzato, come se una forza più grande di lui gli impedisse di reagire a tutto ciò. Il viso di Giulia si illuminò notando che lì sotto stava accadendo qualcosa, era in procinto di un'erezione.
Con un movimento veloce, afferrò il membro del calciatore, rimasto totalmente bloccato, e lo leccò guardandolo fisso negli occhi.
Leonardo gemé: "Mmhh...smettilahh".
Iniziò a masturbarlo lentamente per poi succhiarne il liquido caldo che fuoriusciva, ma a quel punto ebbe un attimo di lucidità e  il viso di Leonardo si indurì.
"Giuliaaah devi capire che io amoo solo ed esclusivamente mia moglieeeh, non mi interessano altre donne al di fuori di lei. È totalmente inutile il tuo piano del cazzoooh", urlò tenendosi ad un mobile per evitare di cadere.
"Non mi sembra che non ti stia piacendo...", disse lei.
"Smettila!", urlò Leo, "e guai a te se ne farai parola con qualcuno".
"Daiii, su, un altro poco", rise lei.
"Vai via!", urlò spostandola con tutte e due le mani.
"Te ne pentirai, mio caro, molto amaramente", disse la donna allontanandosi da lui e rivestendosi.
Dopo poco i due si diressero verso la tavola imbandita e si sedettero nei rispettivi posti.
"Amore, ti senti bene?", chiese Martina.
"Si tesoro", disse lui cercando di essere il più naturale possibile.
La cena fu contraddistinta da sguardi maliziosi di Giulia, risate forzate e un numero di pietanze infinito.
"Ragazzi, che ne dite di fare un bel gioco di società? Tipo...questo?", disse Armando tirando fuori il Monopoli della Juve.
Leonardo si sentì in dovere di sfoggiare il suo sorriso, anche se in quel momento non aveva alcuna voglia, voleva soltanto scappare via da quella casa.
"No, ti ringrazio Armando, ma noi domattina abbiamo la sveglia molto presto e dobbiamo tornare in albergo", disse Leo.
"E va bene, allora sarà per un'altra volta", disse sorridendo.
"Ma certo", rispose Martina.
Sull'uscio della porta dalla quale stavano per uscire per avviarsi verso la macchina, Martina con il suo fare provocante si affrettò a dire: "oh Leo, forse non te l'ho detto, ma mi hanno presa per lavorare nello staff della Juventus quindi ci vedremo ogni giorno".
Questa donna è la psicopatia in persona, pensò.
Leonardo non la salutò neanche, aveva capito che tipo di persona era, ne incontrava mille al giorno, e decise di far cadere la cosa.
"Amore, dobbiamo parlare", disse Leonardo mentre saliva in auto.
Spiegò tutto a Martina, ovviamente omettendo il fatto che probabilmente l'intuizione fatta dalla donna nei suoi confronti non fosse così infondata, dopotutto Giulia aveva quel non so che sua moglie aveva perso negli anni. Forse l'alone di mistero che hanno coloro che non conosci da tempo.
"Scusa, avrei dovuto essere più attento", cercò di spiegarsi.
"Non eri tu che guardavi lei per tuo volere, era lei che ti portava sulla cattiva strada e poi, dopotutto non ho mai avuto dubbi ad amarti, neanche per un secondo, la tua sincerità mi ha colpita. Chi avrebbe mai raccontato alla propria moglie una di queste avventure?", disse lei.
Leo si sentì morire dentro.
"Il fatto di doverla vedere ogni giorno mi spaventa", disse.
"Lo so, Leo, lo so. Ma sono anche cosciente del fatto che non farai accadere nulla, so che sei forte", disse la sua Martina con convinzione.
Per tutto il tragitto da casa di Armando fino all'ingresso dell'albergo, Leonardo teneva ad alto volume la radio della sua auto, cercando di acquietare i suoi pensieri ossessivi.
Dopo aver dato il bacino della buonanotte ai proprio figli, Martina si distese accanto a suo marito sicura di ricevere le sue tenere braccia intorno alla sua vita.
Aspettò qualche secondo, poi si girò verso di lui: era disteso con le mani sul suo petto, occhi sbarrati e testa fra le nuvole.
"Amore...ci sei?", chiese preoccupata.
Non ottenne una risposta prima di qualche minuto, nel quale la mente di Martina si riempiva di interrogativi.
"Si...stavo pensando al fatto che sta per ricominciare la stagione ed io sono ancora stanco dagli europei", mentì.
Lei lo guardò, non sapeva se credergli.
"Sei sicuro?", chiese, "non c'entra quella donna?".
Lo conosceva bene, ma una cosa del genere non era mai successa e sua moglie non sapeva come comportarsi. Si erano sempre amati ciecamente, non si erano mai raccontati delle frottole, la sincerità era all'ordine del giorno, possibile che questa donna avesse portato così tanta confusione?
"Si...scusa, ma adesso sono molto stanco", disse Leo, "domani torniamo a Torino e il viaggio sarà lungo".
Si girò dalla parte opposta, forse per evitare di guardare il viso smarrito di Martina al quale non avrebbe saputo rispondere.
"Non mi abbracci?", chiese lei disorientata, solitamente l'abbraccio di suo marito era una cosa che veniva da sé, non c'era bisogno neanche di chiederlo.
Si sentì persa proprio quando la cosa basilare del loro rapporto, ovvero l'abbraccio per addormentarsi insieme, mancò all'appello e dovette essere richiamato.
In 10 anni questa mancanza non c'era mai stata.
Leonardo sentì male al cuore.
"Vieni qui", sorrise falsamente.
Leonardo fece finta di dormire per evitare altre domande di sua moglie, Martina invece stava per avere una crisi di pianto. Quotidianamente era lui stesso che la tirava su di morale facendola ridere con le sue solite battute, questa volta invece  doveva cavarsela da sola.
Lui era ciò che la faceva stare bene, infatti quando si sentiva di star per cedere ricordava i suoi occhi, il suo sorriso, il suo abbraccio e tutto svaniva. Adesso era come se l'unico appiglio che avesse, fosse sparito nel nulla. Ciò che la faceva stare bene era diventato ciò che più la faceva soffrire.
Le crollò il mondo addosso, tutto in una volta.
Si fece scappare un singhiozzo e sperò con tutta se stessa che l'uomo che aveva accanto non l'avesse sentito.
"Amore...stai piangendo?", chiese Leonardo sbarrando gli occhi.
Martina sbiancò.
"No, sto bene, scusa", disse lei dirigendosi in bagno.
"No aspetta, dove vai?", le chiese Leo.
"In bagno e ho detto che sto bene", disse quasi urlando.
Come abbiamo già detto, lo conosceva meglio delle sue tasche e sapeva quando una cosa lo colpiva più di lei, ma non si era mai trattato di una donna prima d'ora.
Leonardo la seguì in bagno. Le sfilò la maglietta, scoprendole il seno e avvicinandosi con delicatezza.
"No, non voglio. Dopo ciò che mi è parso di capire, non ho alcuna voglia di fare nulla con te", disse Martina afferrando la maglia dalle mani del marito e infilandosela.
"Quando torneremo a casa, faccio i bagagli e me ne torno a Siena...", disse, "e porto via anche i bambini".
"Ma cosa dici? Lo sai che amo solo te e sai bene che gli occhi sono fatti per guardare e poi un'altra cosa: secondo te, non so cosa è successo tra te e Federico?", disse lui.
Martina si girò di scatto infuriata.
"Per prima cosa abbassa la voce perché non voglio che i miei figli conoscano questa parte del loro padre e per seconda sappi che tra me e lui non successo niente, gli avevo solo dato una mano per riconquistare il cuore della sua amata. Non l'ho baciato, gli ho fatto una semplice carezza quando è crollato. E infine, non dirmi che mi ami perché se lo facessi davvero non guarderesti le altre e non ti faresti strane idee nei loro confronti", disse lei.
"Non mi conosci...se fosse così, sapresti che non esiste altr...", non riuscì a finire la frase perché sulla sua guancia sinistra fu scossa da un forte schiaffo.
"Ti conosco meglio di qualsiasi altra persona al mondo, credimi", disse lei avviandosi verso il letto, "ah, un'altra cosa: questa è l'ultima notte che io e te dormiremo insieme, non voglio condividere il sonno con te che pensi ad altre. Domani mattina, ci comporteremo come abbiamo sempre fatto, poi tu dirai ai bambini che avrai un ritiro particolare con la squadra e che io e loro ci dovremo spostare".
Martina si sistemò nella sua parte di letto, mentre Leonardo cercava di giustificarsi arrampicandosi sugli specchi.
"Non voglio sentire altro", disse Martina cercando di trattenere le lacrime e reprimere per quanto possibile il dolore.
La notte fu scandita da singhiozzi di entrambi i coniugi: Martina avrebbe voluto giustificarlo con tutta sé stessa, ma il dolore che provava era troppo forte; Leonardo si sentiva davvero male per ciò che era successo, cercava di accarezzarla ma lei si scansava e diceva ripetutamente "non toccarmi".
La mattina dopo, come si erano ripromessi, si comportarono come sempre, come una famiglia,  con la sola differenza che non ci fu neanche un tenero bacio.
Leonardo cercava di toccare la coscia della moglie seduta accanto a lui sul sedile del passeggero, ma lei gliela spostava.
Matteo e Lorenzo, anche se molto piccoli, notarono che nell'aria ci fosse un po' di tensione.
"Mamma...che succede?", chiese Lorenzo.
Martina lanciò uno sguardo di fuoco a Leo come per incitarlo a raccontare la frottola che si erano inventati per non dire le cose come stavano davvero.
"Ragazzi...starete a casa con la mamma a Siena...io, purtroppo, dovrò spostarmi per qualche tempo a causa del ritiro", disse Leonardo sentendosi per l'ennesima volta la persona peggiore al mondo.
"Oh...", dissero in coro i bambini chinando le testoline, "e quando partirai?".
"Stasera...", disse tristemente.
Martina indossava gli occhiali da sole e teneva lo sguardo fisso fuori al finestrino alla sua destra.
Una volta tornati a casa, Martina preparò la sua valigia e quella dei suoi figli tremando con mai prima d'ora.
Leonardo la guardava da fuori la porta, avrebbe voluto abbracciarla da dietro come faceva sempre, ma non poteva perché sapeva che lei lo avrebbe respinto con tutta sé stessa.
Quando Leo chiese a Martina per la prima volta, quando erano giovani, se anche lei condividesse l'amore che provava, lei sorrise baciandolo e prima di dirgli di sì gli fece una raccomandazione, quella di non tradirla mai, per nessuna ragione neanche con il pensiero.
Sua moglie, nonostante il dolore che stesse provando, avrebbe voluto trascorrere un momento con Leo, ma si asteneva a chiederlo perché voleva dimostrargli che lei non si faceva trattate in quel modo.
"Ragazzi", disse Martina, asciugando le lacrime che correvano sulle guance e cercando di utilizzare un tono di voce più naturale possibile, "andiamo".
"Ti prego, aspetta", disse Leonardo.
In quel momento i bambini arrivarono correndo vicino alla loro mamma, la quale disse loro di aspettarla in auto.
"Cosa vuoi?", disse lei con fare rabbioso.
"Che tu mi dia tempo per spiegare", le disse.
"Mi hai già detto tutto...".
"Ti prego".
Lei lo guardò in segno di approvazione.
"Giulia è una donna in carriera che per sé ha solo il lavoro...si è dedicata solo a quello...".
"Con questo cosa vuoi dire? Che è legittimo ciò che hai fatto? Le hai fatto elemosina? Hai pensato che, tutta sola, non abbiamo nessuno che le sbavi appresso? MA CHE PROBLEMI HAI?", chiese spiegazioni senza neanche lasciargli finire la frase.
"No...gli occhi sono fatti per guardare, come l'ho fatto io, l'ha fatto anche lei".
"Lei non ha solo guardato...lei si è comportata come una puttana e tu, perso nei suoi atteggiamenti, ci sei cascato in pieno adesso cerchi anche di giustificarla...io non posso crederci", si levò la fede e la lasciò sul comò accanto la porta.
"Aspetta...ma lei lo sa che amo solo te", disse l'uomo.
"Ma come fai ad essere così stupido? Ti sei rincoglionito appresso a quella zoccola...lei ti voleva sessualmente e te l'ha fatto ben capire", disse lei girandosi e dirigendosi verso l'auto.
"Ma io mi sono astenuto!", urlò lui.
"No...assolutamente no. Ci hai pensato, l'hai guardata per tutta la cena come hai sempre guardato me e mi hai ignorata...quella donna ti attraeva e so che avresti voluto farlo con lei, ma ciò che ti ha frenato era che lì c'ero anche io", disse lei.
"Martina, ma cosa dici? Non ti fidi di me?!", disse Leo infuriato.
"Mi ha ferito tutto questo, ho visto i tuoi occhi fissi su di lei...te l'ho detto: la guardi come guardavi me quando facevamo l'amore...", disse lei, "con un'unica differenza...a te ha fatto impazzire il fatto che Giulia avesse un fare malizioso, provocante, seni incredibilmente prosperosi, cosa che io non ho mai avuto...non mi sono mai comportata così perché non sono un'accalappia-uomini insoddisfatta della mia vita, io ero felice e non ne ho mai avuto bisogno".
Leo percepì ogni parola come un pugnale in pieno cuore, si rese conto di essere stato troppo poco attento. Lo preoccupava da impazzire il fatto che avrebbe dovuto vederla ogni giorno al proprio lavoro.
Vide sua moglie salire in macchina e partite, chissà se l'avrebbe più vista, beh, sicuramente, ma solo per accordarsi per il mantenimento dei loro figli. Già immaginava le lotte per l'affidamento e quei pochi giorni che avrebbe potuto vedere i loro figli, le bugie che avrebbe dovuto raccontare.
Stava quasi per correre incontro all'auto, ma decise di lasciar perdere perché non sarebbe servito a nulla.
Chiuse la porta di sé e si accasciò su di essa, mise la testa fra le mani e pianse, pianse per ore.
Afferrò il telefono, cercò nella rubrica il numero del suo migliore amico Giorgio Chiellini.
"Giorgio", disse con voce spezzata.
"Oddio Leo, che succede?", si preoccupò l'amico che era disteso sul suo divano in pieno relax.
Gli spiegò tutto, omettendo un piccolo dettaglio, se non il fulcro della storia.
"Non posso crederci...è quella donna che adesso fa parte dello staff?", chiese.
"Esatto..quella stronza mi ha rovinato tutto", urlò Leo.
"In tutta onestà, io credo che la reazione di tua moglie sia stata enormemente eccessiva".
"No, non lo è stata. Ha ragione, io guardo quella donna come se la stessi spogliando con gli occhi, la voglio, la desidero", urlò ancora.
"Ei, calmati adesso", disse Giorgio, "dammi il tempo di vestirmi e sarò da te".
Dopo davvero poco tempo, nel quale Leonardo non aveva le forze neanche di alzarsi in piedi, arrivò Chiellini.
Bussò facendo tremare Leo, che velocemente si tirò su e aprì la porta. Senza dire alcuna parola, si abbracciarono.
"Non fare così, troveremo una soluzione insieme, sta' tranquillo", disse Giorgio ancora sull'uscio della porta.
"No...non c'è nessun modo...nessuna via d'uscita. Lei se n'è andata", disse Leo urlando.
Giorgio riuscì ad entrare in casa, chiudere dietro di sé la porta e a sedersi con il suo amico sul divano.
"Provo a chiamarla", disse Giorgio quasi senza pensarci.
"Assolutamente no, sai che non ti risponderà, la conosci", disse Leo.
"E come vuoi fare? Devi trovare una soluzione entro stasera, non dimenticare che domani dobbiamo andare ad allenarci", disse l'amico.
"No, io non posso...".
"Devi, il mister noterà la tua assenza e si arrabbierà".
"No, non voglio venire e soprattutto non voglio vedere quella donna".
"Prima o poi dovrai vederla, non cercare di scappare. Tanto alla fine potresti soltanto rimandare l'inevitabile".
Leo sospirò, non si era mai trovato in una situazione del genere e non sapeva come comportarsi.
"Non ti ho detto una cosa, non sono stato totalmente sincero", prese coraggio, "mi ha fatto un pompino...mi è piaciuto e lei se n'è accorta".
Giorgio rimase paralizzato, non seppe cosa dirgli, ciò che gli disse lo spiazzò.
"Oramai mi ha in pugno", disse Bonucci.
"Leo, questa cosa va denunciata alle autorità...non possiamo sapere se questa donna potrebbe ricattarti o fare cose peggiori", disse Giorgio riflettendo.
Leonardo spostò il suo sguardo dagli occhi del suo amico al pavimento in gres porcellanato.
Il colore di quelle mattonelle lo scelsero insieme. Trovare un colore che incontrasse entrambi i loro gusti fu una vera sfida e alla fine furono felici del risultato finale.
Ricordava quanto tempo ci avessero impiegato per sistemarlo, dovendolo installare in tutta la casa, e rimembrò anche quanto Martina fosse impaziente e il suo viso quando ricevette la telefonata nella quale le dissero che avevano terminato il loro lavoro.
L'immagine di lei che saltellava felice per tutta la casa gli passò dinanzi agli occhi.
"Mi manca", disse Leo, "non avrei mai pensato che il vuoto che mi ha lasciato lei, potesse essere più grande di quello dei miei figli".
Giorgio lo abbracciò facendogli capire che gli stesse dando man forte.
"Prepara uno zaino, stasera starai a dormire a casa mia, so che se te ne starai solo potresti fare cazzate", disse Giorgio facendo scappare una piccola risatina al suo amico.
"Sicuro che non darò fastidio?", chiese.
"Ma tu lo fai sempre...haha, sto scherzando e farà piacere anche a Carolina averti intorno. Dice che le sei simpatico, ma ti tengo d'occhio eh", disse Giorgio prendendo in giro Leonardo.
Quella battuta, dopo tutto ciò che era accaduto, sembrò a Leo un po' di cattivo gusto, ma Giorgio stava solo cercando di farlo ridere e di sdrammatizzare, nulla più.
Leonardo entrò nella camera da letto, aprì l'armadio e sistemò nel suo zaino una cambiata e le varie divise per l'allenamento del giorno dopo.
"Allora domani verrai?", disse il suo amico notando del tessuto dai colori bianco e nero che si intravedevano dallo zaino.
"Credo di sì...ma ho paura", disse Leo.
"Non devi averne, non ti lascerò neanche un minuto da solo".
"E se lei ci dovesse provare anche con te?".
"Solitamente questa gentaglia qui, fa determinate cose solo con una persona...in modo da non mettere troppo in luce i loro piani del cazzo".
"Perché ne sei così sicuro?".
"Dai vieni, te lo spiego in macchina".
Leonardo chiuse a chiave la porta d'ingresso e salì in auto insieme a Giorgio.
"Si...per risponderti alla domanda di prima", disse Giorgio.
"Quando?", chiese discretamente il suo amico.
"Ero ancora molto giovane ed anche molto ingenuo. Avevo appena incominciato a guadagnare qualche soldino e questa cosa attrasse particolarmente una donna bellissima, alta, slanciata, capelli scuri e occhi verdi. Si approcciò a me dal nulla, semplicemente quando finivano gli allenamenti lei era lì che mi applaudiva. Te l'ho detto, ero molto giovane, e questa cosa mi entusiasmò al punto che mi presentai e lei fece lo stesso con un gran sorriso sulle labbra, il suo nome era Elisa. Era tenera con me, mi sembrava quasi una seconda mamma e in effetti potevo considerarla tale dato che avesse circa 20 anni più di me, o almeno ne dimostrava di più. Mi faceva divertire e sapeva tutto di me senza che io neanche ne avessi fatto parola, penso che mi abbia pedinato per mesi prima di tutto ciò. Ci fidanzammo, non dissi nulla ai miei genitori perché sapevo che mi avrebbero fatto lasciare se io avessi detto la sua età, non potevo neanche mentire perché dimostrava i suoi anni. Una mattina, però, ricevetti una lettera. Non ne ricevevo mai una e fui felice della cosa, quindi la presi e corsi su a leggerla. Era Elisa che mi ricattava: voglio 30000 € in contanti o dirò a tutti della nostra relazione e ti incolperò di avermi importunata. La lettera era una prova per incriminarla, quindi decisi di scendere per le scale e farmi forza per dire tutto ai miei genitori e togliermi dai casini. In quel preciso instante il mio telefono squillò, era lei e mi disse che mi stava spiando e se ne avessi fatto parola con qualcuno oppure se avessi bruciato la lettera, me l'avrebbe fatta pagare. Andai nel panico, scoppiai in lacrime. Decisi quindi di sbrogliarmela da solo, con l'aiuto segreto di alcuni miei compagni di squadra del tempo. La riuscimmo ad incriminare grazie al padre di uno di questi ragazzi che era un poliziotto".
"Dov'è adesso?", chiese Leonardo sconvolto.
"È tornata nel suo paese...si scoprì che era dell'est Europa, anche se nessuno l'avrebbe mai detto dato che il suo italiano era perfetto, e cercava soldi disperatamente. Dopo quel giorno non l'ho più vista. Sei sicuro che questa Giulia sia italiana?".
"Si, o almeno credo. Oddio, però adesso che mi ci fai pensare ha un piccolo difetto di pronuncia: la sua "s" è leggermente aspirata".
"Non ricordo se Elisa ce l'avesse, mi sembra di no".
Arrivati sotto casa di Giorgio, i due scesero dall'auto.
"Leonardo! Cosa è successo?", chiese Carolina appena i due uomini varcarono la soglia.
Leo le raccontò tutto, ma proprio tutto.
"No, aspetta", disse Carolina, "per caso, sai il suo cognome e se abbia un secondo nome?".
Sembrò terrorizzata, come se la conoscesse e sapesse di cosa fosse capace.
"So che il cognome è Rossi e che si faccia chiamare Giulia, non so se abbia altri nomi".
A quella risposta la moglie di Giorgio si irrigidì.
"Oh no", disse, "la conosco...lavora con mia cugina. È una persona chiusa e vendicativa, pensate che lasciò pesce marcio sul cofano della macchina una collega perché questa pranzò a lavoro con del tonno e pare che lei sentisse questo odore forte che le dava particolarmente fastidio. Il nome di battesimo completo è Carlotta Maria Giulia Rossi, dall'Ucraina con furore. Il suo nome è italiano per suo padre che insisté alla sua nascita. Tutti sanno la sua storia dove lavora mia cugina".
Leonardo rimase senza parole e crollò sul divano.
"Come la trovo una soluzione avendo a che fare con una persona così?", disse mettendo la testa fra le mani dalla disperazione.
"Non saresti il primo a denunciarla, pare che ne abbia una collezione", disse Carolina, "ha importunato anche il marito di una mia amica".
"E se si dovesse vendicare anche della denuncia?".
"Nessuno ha avuto problemi dopo aver chiesto aiuto alle forza dell'ordine".
"Non capisco, è così facile da fermare? Basta chiamare la polizia? Mi sembra troppo strano", disse Giorgio.
"In teoria pare di sì, ma non si sa per quale motivo lei se ne esca sempre illesa. Sappi che c'è un'altra cosa. Lei ha concentrato le sue energie sul lavoro e la carriera e fin da giovane ha avuto solo avventure di una notte che con grandi personalità", disse Carolina sedendosi accanto a Leonardo e accarezzandogli la schiena.
Beh, certamente ciò che gli aveva detto non l'aveva per nulla tranquillizzato, anzi.
Leo era una persona estremamente tranquilla, molto colloquiale, socievole che ha entusiasmato l'Italia intera nella nazionale degli Europei con le sue performance ma anche per "ne dovete mangiare ancora di pastasciutta", la frase simbolica che ha scaturito nella nostra nazione una risata unica.
Non lo meritava tutto questo, eppure era lì. Sentì un forte dolore allo stomaco e dovette scappare nel bagno più vicino per rimettere.
Giorgio corse in aiuto del suo amico non capendo minimamente la sua reazione, ma la moglie Carolina lo rassicurò dicendo che la sua è stata reazione psicofisica, "lo stomaco è il nostro secondo cuore", disse.
Francamente, detto tra noi, a chi non è mai capitato di star così male a livello psicologico da dover fare una corsa in bagno?
Almeno una volta, sarà accaduto a tutti, no?
Quel momento nel quale non riesci più a sopportare la tua sofferenza, che da un pensiero diviene dolore fisico.
"Leo, come ti senti?", chiese Giorgio dopo che il suo amico sembrò aver finito di liberarsi.
"Una merda", disse, "mai stato peggio. Mi manca mia moglie, i bambini, la felicità e soprattutto, se potessi tornare indietro, eviterei di andare a quella cena".
"Leo, ti avrebbe incastrato in altri modi, ha una mente sadica quella lì", disse Carolina, "per quanto riguarda tua moglie, vuoi che ci parli io?".
"Si, ti prego".
La donna afferrò il telefono, cercò nella sua rubrica il numero ed inoltrò la chiamata poi mise in viva voce. Dopo tre squilli, Martina rispose.
"Ciao Marty, come stai?", chiese Carolina senza far capire che sapeva della tresca tra i due coniugi.
"Ei ciao, non molto bene. Io e Leo abbiamo avuto un diverbio ed io sto andando in Toscana da mia mamma".
"Oh mamma, addirittura? Ma cosa è successo?".
Carolina sapeva fingere davvero bene, pensò Giorgio, chissà quante bugie spacciate per verità gli aveva detto.
"A cena da Armando c'era anche quella zoccola della figlia che ha totalmente stregato Leonardo, il quale, nonostante io gli stessi accanto, la pensava di continuo. Ogni notte da quando ci siamo fidanzati ad ora, mi ha sempre stretta tra le sue braccia facendomi sentire sicura, tranne quella. Questa cosa potrebbe anche non dirti nulla, potresti pensare che un semplice abbraccio non conti un cazzo in una relazione, beh sappi che nella nostra era ciò che mi faceva capire che lui continuasse ad amarmi. Prendimi per pazza, ma tutto ciò che ti ho raccontato non sono frottole, non ti sto prendendo in giro. Quando gli parlavo, lui non mi ascoltava, mi ignorava. Mi sono sentita davvero male, mai stata peggio. Lo amo, ma non posso farmi mettere i piedi in testa", disse Martina con voce affranta, "adesso ti devo lasciare, i bambini stanno tornando dall'area giochi. Ti andrebbe se ci sentissimo più tardi?".
"Si, va bene, a dopo. Sta' attenta e guida piano", si raccomandò Carolina.
Terminò la telefonata e poggiò il cellulare sul tavolo qualche metro lontano dal divano sul quale era seduto Leo.
"È la verità?", chiese la donna.
"Credo di sì. Io e Martina facciamo l'amore spesso, ma negli ultimi tempi è cambiato qualcosa. È come se non provassi più quelle sensazioni di una volta, quando all'inizio della nostra relazione si faceva solo sesso, nulla più. Lei vuole fare l'amore invece io ho bisogno solo di sesso. Giulia voleva ciò che volevo io e quindi non c'ho visto più", disse Leonardo.
"Perché non ne parlate?", chiese Carolina.
"Non voglio farla soffrire".
"Stai scherzando? Sai che non potevi fare peggio di così? L'ha stai già facendo soffrire, credimi, come mai prima d'ora e posso dire tutto ciò perché la conosco da molto. Pur di non affrontare l'argomento, l'hai totalmente ignorata e fatta stare male. Sono scioccata", disse la donna infuriata.
"Capisco che tu sia la sua amica e creda molto di più a lei che a me, e ci sta pure, ma non puoi immaginare quanto le avrebbe fatto male".
"Ma non ha senso ciò che dici".
"Devo raccontare proprio tutto?! E sia!", urlò Leonardo, "una notte di quando eravamo fidanzati da poco, decidemmo di fare una fuga d'amore. Fuggimmo a Firenze, dove alloggiamo in un hotel in centro. Iniziammo il rapporto, prima lentamente poi non so per quale motivo, fui preso da una foga implacabile e le mie spinte divennero più forti, sempre più forti. Lei mi implorava di smetterla, io non riuscivo neanche a sentirla. Ad un certo punto, lei dimenandosi riuscì a liberarsi. Tornammo a Torino e lei volle prendersi del tempo, ci separammo per molto tempo. Un giorno, però, decisi di andare in Toscana, a casa sua. Volevo vederla, volevo tornare con lei. Citofonai e rispose proprio Martina, così, sentii la sua voce: forse era appena sveglia, si sentiva. Me la immaginai un po' spettinata, con gli occhi semichiusi, vestita soltanto con una t-shirt di almeno tre taglie in più della sua, e quell'immagine mi fece sorridere il cuore. 'Ei, sono io', dissi. Per qualche secondo ci silenzio totale poi pronunciò il mio nome lentamente con tono affranto. 'So che che sei arrabbiata ma, ti prego, voglio parlarti'. Mi disse di salire e mi fiondai davanti la sua porta ed  era esattamente come me l'ero immaginata, appena sveglia. I suoi genitori non c'erano, quindi potemmo parlare con tranquillità, senza aver paura che qualcuno ci sentisse, in camera sua. Marti si infilò sotto le coperte, in effetti era davvero una giornata fredda quella. Notò che non dormivo da giorni e che ero dimagrito di almeno 10 chili, le si strinse il cuore. 'Stai soffrendo per me?',  mi chiese facendomi segno di stendermi accanto a lei. Mi sfilai le scarpe, mi distesi nel suo letto e la strinsi al mio petto. Quella sensazione fu molto forte, provai qualcosa di meraviglioso come mai prima di quel momento. Ci baciammo, avevo bisogno di tutto ciò. Mentre stavo per sfilarle la maglia, lei mi raccomandò che non avrei mai dovuto tradirla e che ogni notte dovevo stringerla, solo così il nostro rapporto sarebbe stato eterno. Accettai e adesso... ho rovinato tutto".
"Semmai i vostri figli dovessero chiedervi come sono andate le cose tra di voi da quando vi siete fidanzati ad adesso, sarebbe una storia infinita", disse Giorgio sconvolto.
"Qualsiasi cosa sia successa, dovete parlarne, non potete continuare in questo modo. Soffrite entrambi e presto anche i bambini capiranno cosa stia succedendo e cominceranno a star male anche loro", spiegò Carolina, "non voglio il male per nessuno dei due, ma a mali estremi estremi rimedi".
Aveva ragione, ma Leonardo non voleva scombussolare ancora di più la loro relazione, se così poteva essere ancora definita. Aveva visto spesso gli occhi di Martina colmi di lacrime, ma non era mai stato per colpa sua. Sapeva come reagiva ad una porta in faccia: era una di quelle persone che dopo aver ricevuto una batosta, si disperava per giorni interi fino a perdere sonno e appetito per poi cercare senza sosta una soluzione sperando che fosse quella giusta.
"La chiamerò domani, nel pomeriggio", disse Leo.
"Perché? Non puoi chiamarla adesso?".
"Devo capire se ciò che ho provato con quella donna si farà presente di nuovo".
"Io credo sia ovvio, ma a cosa ti serve?".
"Se continuo a fare strani pensieri su Giulia, è inutile che io chiami Martina perché lei è una che nota tutto. È come se le dessi una falsa speranza", disse Leonardo.
"Spero che tu mi stia dicendo la verità", disse Carolina.
Durante tutta la serata e la notte, Leonardo non riusciva a smettere di pensare a come avesse potuto fare se Giulia lo faceva ancora uscire fuori di testa. Nessuna soluzione sembrava essere quella giusta e nel frattempo l'ora avanza senza sosta, decise quindi di spegnere la luce e di cercare di addormentarsi. Dormì per pochissimo, circa due ore, poi Giorgio ancora con gli occhi semichiusi, lo svegliò aprendo leggermente la porta.
"Leo, alzati, dobbiamo prepararci", disse.
Leonardo aprì gli occhi e d'improvviso tutte le sue preoccupazioni ripresero posto nella sua mente, dopo avergli dato un attimo di tregua.
Si tirò su e si diresse in cucina per fare colazione, anche se, a dirla tutta, fame non ne aveva per nulla.
"Ho preparato già tutto, come puoi vedere, per farti riposare un po' in più", disse Giorgio addentando un biscotto.
"Grazie", rise forzatamente Leo.
Ci fu qualche attimo di silenzio, come se nessuno dei due volesse dare fastidio all'altro.
"Andrà tutto bene", si limitò a dire Giorgio.
Leo non rispose.
"Sii forte, come lo sei sempre stato".
"La mia forza era Martina".
Il suo amico non seppe come ribattere, come poteva biasimarlo?
I due uomini non parlarono per il tutto il resto del pasto, sia perché sua figlia e moglie dormivano tranquille ma anche perché nessuno dei due voleva ricadere nell'argomento.
Si prepararono davvero in poco tempo e subito furono in auto con indosso le loro divise.
Leonardo tremava, Giorgio se ne accorse ma decise di non fare cenno alla cosa perché probabilmente avrebbe peggiorato la situazione.
Ad accoglierli, come ogni mattina, c'era Allegri.
"Siete pronti, ragazzi?", chiese a tutta la squadra, "bene, iniziamo".
Il numero 19 era distratto, sempre con la testa fra le nuvole.
"Bonucci, su, svegliati. Cosa pensi? Sei distratto, stai perdendo tutte le palle che ti vengono passate", urlò l'allenatore.
Fu Giorgio a rispondere, forse Leo neanche se n'era accorto.
"Non è un bel periodo per lui", disse.
"Chiellini non mi sembra di averti interpellato", disse Allegri infastidito dal comportamento del calciatore, "vorrei avere una spiegazione da lui".
Leo si fece coraggio.
"Ho problemi in famiglia", disse con voce spezzata.
Max si sentì tremendamente in colpa per averlo trattato così, se l'avesse saputo prima si sarebbe comportato diversamente.
"Oddio, tuo figlio sta bene?", chiese.
"Si, stanno tutti bene, ma è successa una cosa che ha...", non riuscì a terminare la frase che Giulia si fece strada nel campo.
"Dicevi?", chiese Giulia, "non far caso a me, sono solo venuta a dare un'informazione".
Giorgio spostò di scatto il suo sguardo verso Leonardo che taceva e sembrava essere terrorizzato da ciò che stava succedendo.
"Mia cara, dimmi?", disse Max.
"Mi è stato detto di comunicare l'arrivo di Federico Chiesa, il suo ritardo è stato giustificato con un permesso speciale", disse.
Detto questo, se ne andò muovendosi sinuosamente e attraendo gli sguardo di tutti. La donna sorrideva maliziosamente, avendo capito che il suo Bonucci era lì e che poteva punzecchiarlo quanto voleva.
"Mettiamoci a lavoro, il prossimo non potrà essere un pareggio", disse Allegri ai suoi ragazzi.
L'allenamento fu davvero intenso, come mai prima di quella volta. Il pareggio aveva particolarmente irritato Max.
"Leonardo", disse Allegri, "cosa mi stavi dicendo prima che arrivasse Giulia?".
Leonardo era sempre sul chi va là e tremò e nel sentirsi chiamare.
"Mister...le cose tra me e Martina non vanno più bene, se n'è andata in Toscana con i nostri figli", disse come se avesse visto avanti gli passare tutto ciò che stava passando.
"Cosa è successo?".
Giorgio arrivò in suo aiuto.
"Leo, vieni, andiamo a mangiare qualcosa".
Max li seguì, voleva sapere cosa stesse accadendo nella vita di quel ragazzo che non aveva mai visto triste, ma sempre propositivo e attento. Gli dispiaceva, gli voleva bene e non avrebbe mai voluto vederlo in quelle condizioni.
Giulia gli tagliò la strada.
"Signorina, per quale motivo è qua? Il suo lavoro è stare alla reception", disse Max.
"Lo so benissimo, volevo soltanto sapere come sta il signor Bonucci", disse fintamente triste.
Leo iniziò ad arrabbiarsi, la sua ira cresceva mentre lei faceva finta di non sapere nulla per avere il piacere di sentire dalla bocca dell'uomo cosa fosse successo. Godeva del dolore altrui.
"Giulia...hai rotto il cazzo", sbottò, "mi ha sfasciato la famiglia, puttana che non sei altro".
Raccontò tutto, per filo e per segno senza tralasciare nulla.
La donna era visibilmente confusa e si sentì vulnerabile dal momento che nessuno degli uomini con i quali aveva fatto quelle cose aveva avuto il coraggio di dire tutto apertamente e far capire che persona di merda fosse.
"Che tu possa essere dannata", terminò Bonucci.
Il tono che ebbe spaventò particolarmente Giulia che non seppe cosa fare.
"Non è vero, è stato lui a costringermi", urlò lei, ma nessuno le diede retta.
Sapevano quando amore provasse Leonardo per la sua Martina ed in tal senso era facile capire che Giulia stesse mentendo.
Disse qualcosa in una lingua dell'est, forse russo.
Giorgio ebbe un capogiro, era la stessa donna che tempo prima lo imbrogliò.
"Io conosco anche anche te e so che ti ricorderai", disse Giulia.
"Elisa", disse con un filo di voce Giorgio.
"Che nome che mi sono inventata, eh", disse.
Qualcuno, qualche minuto prima, aveva la polizia e la sua sirena iniziava appena appena a sentirsi.
"Cosa vuoi? Soldi, di nuovo?", urlò Giorgio, "non capisci che da noi non riceverai niente?".
Lei rise nervosamente. I suoi occhi trasudavano odio e piacere del dolore altrui, ma ormai non riusciva più a tenere testa a quell'uomo e decise di dire la verità.
"Mi stai costringendo a raccontare la mia storia...e sia! Ho origini dell'est Europa da parte di mia madre che mi ha insegnato la lingua russa, ma io sono nata qui. Fin da bambina, dalla tenera età intendo, ho sempre avuto il bisogno di avere rapporti sessuali, forse dal fatto che la mia mamma rimase incinta di me all'età di 13 anni. Guardavo film erotici per imparare quanto più possibile, il mio sogno era quello di prostituirmi. Così, da quando avevo 18 anni ho iniziato a fingere di essere nata qui, ma di essere cresciuto nell'est e di cercare soldi. In molti ci sono caduti e devo dire che erano anche ben dotati".
Ciò che disse lasciò tutti sbalorditi, come si poteva avere quel genere di ambizioni? E i suoi genitori non le dicevano nulla? Assurdo!
In quel preciso istante, la porta si spalancò e la polizia fece irruzione. Il capitano, dopo  essersi guardato intorno e aver visto quel viso che quasi ogni giorno incontrava con lo sguardo a causa delle sue malefatte, disse: "non è possibile, sei ancora tu".
"Ciao Roberto, si caro", disse lei come se niente fosse.
Da dietro il poliziotto, sbucò suo padre. Giulia non se lo aspettava.
"Giulia, mi hai stancato. Mi avevi promesso che non l'avresti più fatto ed eccoti qui, a fare lo stesso errore. Bisogna trovare una soluzione drastica al problema: o ti farai curare in clinica o te ne andrai da tua madre in Ucraina e dopo di ciò, non potrai più tornare qui. Guai a te se lo farai, io non ti ospiterò. Torna a casa con me adesso, fa' le valigie, un biglietto aereo e va' via, per sempre, non voglio più vederti", disse Armando distrutto, "ti ho dato fiducia e tu me ne hai fatto pentire, non ci sono più scuse. Ti ho difeso dalle accuse almeno 10 volte, adesso hai chiuso anche con me".
La donna non sembrava minimamente colpita dalle parole del padre.
"Mhh, caro, non credo proprio. Vedi, Roberto...", iniziò a dire, ma l'uomo preso in causa disse qualcosa che le fece tremare la terra sotto i piedi (per chi non lo sapesse, questo modo di dire viene usato principalmente nella mia città per far intendere la paura di sentirsi persi e di non riuscire a trovare una soluzione ad un problema).
"Mi spiace, Giulia, non posso più aiutarti. Arrivati a questo punto possiamo muoverci solo in due direzioni: verrai denunciata e portata in tribunale e ti assicuro che la causa la perderai oppure ti sposterai in Ucraina e saranno guai se dovessi tornare qui", disse il capitano guardando anche Leonardo.
Leo sentì come un peso sulle spalle, una responsabilità. Doveva denunciarla, ma non voleva che i media sapessero determinate informazioni. Ci pensò su quasi un minuto, poi si decise a dare una riposta: "Giulia, mi attrai, ma non credo di essere l'unico. Non scarico la colpa solo su di te, avrei potuto evitare tutto ciò che è successo. C'è un però, mi hai minacciato e sopratutto la mia famiglia è andata a puttane per colpa tua ed io non posso fare altro che denunciarti", disse Leo felice della sua rivincita.
"Sei già stanco? Non ho fatto proprio nulla, gli altri uomini ci stavano all'inizio, te proprio non hai voglia di passare una bella nottata con me", disse lei.
Non era capace di arrendersi Giulia, ma alla fine, cosa aveva da perdere?
"Non è possibile, continui!", disse Roberto scandalizzato, "vieni in centrale e non so neanche se ne uscirai come donna libera".
Vide quella donna uscire con le mani dietro la schiena e due poliziotti che la portavano fuori, quasi trascinandola. Leo si sentì meglio, l'incubo stava andando via. Afferrò il telefono e cercò il numero della sua Martina nella rubrica del suo cellulare. Una soneria riecheggiò nella stanza che li accoglieva, Leonardo si girò di scatto, era la stessa di sua moglie.
"Pronto?", rispose un uomo dopo aver estratto il cellulare dalla tasca dei pantaloncini.
Cazzo, ci ho creduto davvero, pensò Leo.
Ad tratto, sentì un abbraccio da dietro, gli sembrò di conoscerlo.
Si girò, era lei, sua moglie, la sua Martina.
"C-cosa ci fai qui?", disse incredulo.
"Chiedi a Giorgio, lui saprà darti le giuste risposte a tutte le tue domande", sorrise lei mentre Leo la stringeva tra le braccia, inalando a pieni polmoni il profumo dei suoi capelli che gli era mancato più dell'aria.
"Carolina mi ha scritto che la qui presente Martina l'ha richiamata nell'orario esatto nel quale con sicurezza sapeva che tu non ci fossi, ovvero nell'arco di tempo dell'allenamento. Io sono stato informato di tutto, anche del fatto che Martina si fosse pentita di essersene andata e aver portato via anche i vostri figli e che fosse partita subito dopo. Ma di questo ne parlerete dopo. In ogni caso, le ho mandato un messaggio nel quale le dicevo di venire qui ed entrare da dietro in modo che tu non potessi vederla, volevo che sentisse con le proprie orecchie ciò che ti fosse successo. Non avrei mai permesso che la felicità del mio migliore amico si perdesse per sempre", disse Giorgio quasi con le lacrime agli occhi.
Leonardo guardò Martina negli occhi come se le stesse chiedendo di poterla lasciarla qualche minuto, giusto il tempo per dare un forte abbraccio al suo amico, che a quel punto gli giurò fiducia.
"Tutto è bene ciò che finisce bene, quindi Leonardo puoi tornare a casa. Tu e la tua donna avete tanto da dirvi", disse Max Allegri.
I due uscirono mano nella mano mentre il cielo si colorava delle tonalità di giallo e rosso.
"Adoro il tramonto", disse Martina.
"Io adoro te", disse lui fermandosi e baciandole le labbra, "ti aspetta una bella sorpresa a casa".
Lei gli rivolse uno sguardo colmo di delusione.
"Ci sono i ragazzi, amore, ci sentiranno", disse.
"Dovrò aspettare a stasera per farmi perdonare?", chiese Leo.
"Non devi farti perdonare, ho capito che non è stata colpa tua, scusa".
"Mmmh, sai una cosa? Non voglio aspettare, porteremo i bambini dai vicini".
Lei sorrise e disse: "sei sempre il solito".
Così fecero: si avvolsero, si incastrarono come mai prima di quella volta, si sentirono a vicenda.
"Vorrei che questi momenti non avessero mai una fine", disse Martina adagiando la testa con delicatezza sul petto di suo marito.
"Infatti, ti amo amore mio", disse Leonardo cercando di posizionarsi di nuovo tra le gambe di sua moglie.
"Mamma, papà, dove siete?", dissero i loro figli dal piano di sotto.
"Ma come hanno fatto ad entrare?", disse Leonardo.
"Non ricordi? Desti le chiavi alla vicina per annaffiare le piante prima di partire", disse Martina.
"Cazzo...".

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