...

5 3 0
                                    

"Io sono solo una bambola, Romeo, non ho anima, non ho cuore, non ho nulla, sono solo un involucro vuoto" digitò, Bombay16, sulla pagina nera del dos.

"Non lo credo" rispose Romeo1994. "Non credo a nulla di ciò che dici, non posso farlo"

Bombay ci mise alcuni lunghi secondi a rispondere, come se si fosse allontanata dallo schermo, o peggio.

"Ti sei innamorato?" comparve, infine.

"No"tagliò corto Romeo1994.

"Lo spero" rispose Bombay16. "Ora devo andare. Ciao."

"Ciao". Romeo rimase alcuni istanti ad osservare la pagina nera, sullo schermo del pc, poi si accese una sigaretta nel silenzio. Era innamorato? Impossibile a dirsi. Non era mai stato bravo a comprendere i sentimenti, tanto quelli degli altri quanto i suoi.

Si alzò in piedi, la stanza era rischiarata solo dalla luce azzurrognola del monitor, i soprammobili, i libri, le vecchie riviste, gli oggetti di una vita, buttati ovunque, alla rinfusa, affiancavano vecchi cartoni della pizza, carte e cartacce, vestiti stropicciati e compact disc creando, sulle pareti, strani ed inquietanti giochi di luce.

Romeo si alzò e guardò quel monolocale stropicciato, poco più che uno stanzino colmo dei ricordi di una vita buttata via, con la tristezza di ogni volta.

Si infilò una vecchia giacca militare, prese le chiavi del suo taxi, il pacchetto di sigarette, il portafoglio ed uscì di casa serrandosi la porta alle spalle.

Non aveva nulla che valeva la pena di rubare ma non gli sarebbe andato ugualmente a genio che qualcuno potesse portargli via qualcosa.

In pochi secondi era in strada, seduto sul suo taxi bianco mentre le luci della sera illuminavano la strada bagnata dalla neve sporca.

"Questa città è solo un agglomerato di solitudine tenuto insieme dal vizio e dal peccato. A volte penso che sarebbe meglio non fosse mai esistita". Gli aveva detto Bombay16, una notte, molto tempo prima. Romeo guardava quella città, ogni notte, pensando le medesime cose. I peccatori marciavano per le strade con lo sguardo alto, molestando chiunque gli capitasse a tiro; barboni e sbandati, buttati a terra, venivano passati per gli scarponi dai passanti per bene mentre imploravano qualche spicciolo per riempire lo stomaco; i tossici, alle fermate dei bus, dormivano buttati in terra, sotto lo sguardo indifferente di ogni uomo comune.

Romeo viaggiava sul suo taxi ogni notte ed ogni notte vedeva le stesse cose, faceva gli stessi pensieri, si poneva le stesse domande. Solo la gente per la strada, o i passeggeri del suo taxi, cambiavano, gli scenari si ostinavano a rimanere tali.

Fermo ad un incrocio, attendendo che scattasse il verde, si riscoprì ad osservare una giovane ragazza vestita di pochi stracci, con in mano una borsa della spesa e al fianco un bambino tanto magro da poter scomparire. Lei era una bella, giovane, donna, sorrideva mentre guardava il piccolo e, questi, osservando i suoi occhi, contraccambiava. Gli passarono di fronte, mano nella mano, più come poveri fratelli che come madre e figlio, circondati da una folla di una decina di persone, un paio di uomini in giacca e cravatta, un'anziana signora vestita a lutto, alcuni giovani ragazzi con i jeans firmati, in tutto erano solo giacche costose e mutande al di sopra della cintura, nessuno fece caso alla giovane coppia anzi, chi li notava lo faceva solo per scansarli, quasi con fastidio, per passare oltre. Li distanziavano al pari di appestati, come se la miseria fosse un morbo.

Il semaforo divenne verde.

Aveva preso a nevischiare proprio nell'ora in cui, lungo il viale alberato, i fuochi delle lucciole iniziavano a rischiarare, tremolanti, i marciapiedi mentre gli enormi sorrisi di adolescenti anoressiche comparivano dalle fronde scheletriche delle querce, invitando i passanti a compare o a masturbarsi, incentivando con un commercio di corpi un altro commercio di corpi. Prada, Dolce & Gabbana, Gucci, Emporio Armani. Nomi che decoravano le notti di giovani ragazze extracomunitarie e il loro marciapiede freddo mentre stormi di predatori quarantenni la accerchiavano alla guida di eleganti utilitarie.

Una ragazza di poco più di diciotto anni lo guardò, mentre passava lentamente in quel tratto di strada, sorrise, ma i suoi occhi erano gelidi.

Romeo accelerò, svoltando alla prima traversa, per perdersi nei cunicoli d'asfalto e cemento armato del centro cittadino.

La folla delle prime ore della sera si era dispersa, chi si era rifugiato in bar, cinema, teatri, chi era tornato a casa, chi era fuggito lontano, nelle discoteche, oltre il cielo sopra la tangenziale est. I pochi che erano rimasti facevano parte di una popolazione segreta, zombie senza meta che barcollavano nell'ombra dei vicoli, tossici in crisi d'astinenza alla ricerca di quell'ultimo spacciatore, gruppi di senegalesi che discuteva fuori dal portone di un palazzo, alcuni cinesi che rientravano dopo la chiusura dell'ultimo turno. Poi, più lontano, presso i mercati generali, gli ultimi camionisti parcheggiavano i loro mezzi, pronti a concedersi qualche ora di riposo, prima di poter scaricare la propria merce e tornare a casa. Pesanti camion colorati ingombravano i piazzali delle fabbriche facendo sfoggio di figure benedette e grandi croci luminose, ora spente, a tener compagnia alle donne serigrafate in costume da bagno o vere e proprie veneri che salgono dai flutti. Romeo non si fermava mai, in quei luoghi. Quelle sbarre di metallo e quegli immensi parcheggi rappresentavano un limite invalicabile. Eppure poteva dire di conoscerli tutti, quegli uomini, uno ad uno li aveva visti fermarsi, notte dopo notte, a riposare. Li conosceva attraverso i loro veicoli, attraverso quei disegni, attraverso quei simboli, sacri e non, che erano costretti a portarsi appresso.

Poco lontano da lì un chiosco illuminava la penombra di uno dei grandi parchi pubblici alla periferia della città. Una coppia di siciliani serviva panini, bibite e bevande calde a quel popolo della notte di cui anche Romeo faceva parte.

A quell'ora, con le discoteche che andavano svuotandosi, folti gruppi di giovani si riunivano alla luce di quel chioschetto disposti a fagocitare qualsiasi cosa pur di placare la ferocia della loro fame chimica. Più indietro, nel cuore del grande parco, le fiammelle degli accendini rischiaravano il volto di altri ragazzi mentre l'ultimo nottambulo passeggiava tra loro come un fantasma che insegue un cane. Romeo rimase qualche istante lì, chiuso in macchina, ad osservare il chiosco e la vita che muoveva. Ripensò a quando era parte di quel mondo, pochi anni prima, spensierato, senza preoccupazioni, sempre con il sorriso stampato sulle labbra. Nessuna bolletta, nessuna fattura, nessun mutuo sopra la testa, solo il calore degli amici, il folle divertimento nelle discoteche, qualche cannetta, ogni tanto, giusto per ridere un po' di più, prima che tutto andasse in frantumi e la vita si ribaltasse completamente.

"La verità è che noi siamo solo una generazione di mezzo, né i sessantottini che mossero le proteste, né gli hippie che tentarono di cambiare il mondo. La verità è che noi non siamo destinati a niente, solo a farci muovere, come burattini, dalle mani sapienti di chi ci governa, di chi ci impone la sua verità, di chi ci dice cosa fare, come vivere e come farlo" aveva detto, Bombay16. "La verità è che, noi, non saremmo mai capaci di coltivare un nostro ideale, di comprendere ciò che ci accade attorno. La verità è che nessuno di noi è indipendente. La verità è che non esiste modo di cambiare il sistema".

Ed effettivamente era così. Romeo se ne rendeva conto quella notte, per la prima volta, dopo tanto tempo. Tutti, attorno a quel chiosco, erano uguali, vestiti come tanti soldatini pronti per andare al fronte, stesso modello di scarpe, stesso modello di jeans, stessa tipologia di giacchette. Uguali in tutto e per tutto ad un branco di pecore.

"Il materialismo ha vinto su ogni cosa, ha comprato ideali, persone...".

Ma era veramente sbagliato? Era veramente un peccato così grande passare la vita adattandosi ad un sistema anziché combatterlo? Romeo pensava di no. Pensava che, in fondo, la vita fosse un traguardo troppo breve per prendersi la briga di porsi tante domande sulla strada da seguire. Che forse, l'importante, era divertirsi veramente, finché era tempo.

Una chiamata interruppe il suo silenzioso meditare. Un cliente. Romeo mise in moto quasi a malincuore, la città si muoveva veloce, attorno a lui. Le strade, prima deserte, ora si andavano riempiendo delle auto del popolo della notte. Persone dallo sguardo stanco ed il volto segnato che rincasavano per cercare un qualche tipo di ristoro in un lungo sonno. Romeo guardò quelle facce, stampandosele nella mente una ad una, poi, in prossimità di una piccola edicola, le dimenticò.

La neve oramai scendeva forte, dal cielo, e la figura di una ragazza esile, avvolta in un paio di jeans stinti ed una felpa nera si riparava la testa con le mani, avvicinandosi alla macchina. Aprì la porta e si sedette, scoprendosi il volto. - Dove mi porti, Romeo1994? - domandò.

Romeo 1996Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora