Chapter 1.

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Flashback

 

“È l’ennesima volta che rischio per sta merda! Puoi tenerteli i tuoi fottuti soldi, preferisco salvarmi il culo!”

Sbottai. Solitamente, non mi esprimo con linguaggi di questo genere. Ma con Flynn, è sempre meglio usare termini che gli facciano recepire bene i concetti.

“Salvarti il culo? Hai presente il lavoro che fai, bimba?”

Una risata sarcastica si liberò nell’aria, che odorava sempre di liquore e tabacco quando lo avevo attorno. Obbedire ad ogni suo ordine era il mio unico mezzo per la sopravvivenza.

“E inoltre, tesoro, come puoi pensare di salvarti il culo senza il becco di un quattrino? Sono tutto ciò che rimane della tua famiglia, accettalo.”

Trattenei un respiro nei polmoni, il mio petto si muoveva irregolarmente. Percepivo il sangue ribollirmi fino alle pupille.

“Poi smettila di fare la ribelle. Sai bene che qui l’unico in diritto di parola sono io. E quello che la mia parola comanda, tu fai. Ti è abbastanza chiaro?”

Avevo esaurito ogni riserva di autocontrollo, così che senza nemmeno rendermi conto di ciò che il mio cervello stesse imponendo al mio corpo, la mia mano colpì duramente la sua guancia sinistra. Sulla sua pelle abbronzata, era deciso e marcato il segno della mia mano.

In meno di un secondo, la sua bottiglia di Jack Daniel’s incontrò il muro della mia misera abitazione. Il liquido si espanse in terra, colando lentamente dalla parete e la bottiglia si ruppe in tanti piccoli frammenti.

Ancor prima del tempo di un respiro, mi afferrò con prepotenza i polsi, spingendomi contro la parete umidiccia.

“Come cazzo ti permetti, mh? Pensavo di averti educata bene, piccola Avalon. E invece noto che qualcosa ho sbagliato con te!”

Mi ringhiò in faccia, alitandomi in viso il suo respiro alcolizzato. Afferrò una ciocca di capelli dietro alla mia nuca, tirandoli verso il basso per far si che il mio sguardo incontrasse il suo.

I suoi occhi erano dannatamente maledetti. Dopo tutto il dolore che mi ha causato in questi anni, mi ritrovo sempre a pensare che codesto uomo suscita solo pena in me. Mi domando se sia sempre stato così, e se no, cosa lo ha reso così.

Il mio sguardo di paura bruciava nei suoi occhi così persi. Per restare lucida, non avrei dovuto percepire paura. Ma senza la paura, non esiste cosa che ci trattenga dal pericolo.

Con una mossa veloce, la mia testa fece un doloroso incontro con il muro, una lacrima mi rigò il viso, scorrendo dalle guance al collo.

“Sappi che ti farò arrivare al punto di non poter sopportare nemmeno l’aria che respiri. Farai la fine di tua madre, stronza.”

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La fioca luce del sole penetrava debolmente oltre il vetro della mia finestra, illuminando il mio corpo steso sul materasso che si trovava nella mia piccola, modesta e nuova casa.

Erano trascorsi appena due giorni da quando scappai da quel buco nero di situazione che lentamente, mi avrebbe risucchiata e nascosta nell’oscurità.

Ringrazio mentalmente internet e la sua esistenza per avermi aiutata a cercare la mia piccola sistemazione, seppure temporanea. O forse no.

Ero talmente confusa, e impaurita. Scappai silenziosamente quella notte cercando di non lasciare alcun tipo di traccia. E se Flynn in questo momento mi stesse cercando? E se mi trovasse? Pensavo senza sosta mentre sgranocchiavo quegli ultimi biscotti offerti dall’hostess presente sull’aereo che mi ha condotta fin qui. Non esco da questo appartamento praticamente da quando sono entrata. Sono spaventata da ciò che potrebbe comportare la nuova vita, e non lo nascondo.

“Forza, Avalon. Di certo non sarà più terribile di quella da cui sei scappata.” M’incoraggiai.

L’unica cosa positiva della mia vecchia vita – se così è possibile definirla – e del mio vecchio lavoro – sempre che lavoro fosse – era quella che mi avevano permesso di mettere da parte abbastanza risparmi per potermela cavare, in questo momento.

La prima cosa che feci una volta uscita di casa, fu quella di comprarmi abiti decenti, adatti ad una ragazzina della mia età.

Flynn non aveva mai fatto altro che procurarmi vestiti per il “lavoro”. Non andavo a scuola, non avevo amici con cui uscire, quindi non riteneva necessario che possedessi abiti più sobri.

Avevo solo una tuta da ginnastica che utilizzavo per andare in palestra, per tenere il corpo allenato, come sosteneva Flynn.

Dopo un paio di ore a girovagare e spendere al centro commerciale per comprare qualsiasi cosa fosse di mio gradimento, mi diressi al supermercato per provvedermi almeno del minimo indispensabile per la sopravvivenza del mio stomaco goloso, che per diciotto anni non ha fatto altro che nutrirsi di insalate stantie.

Ironico, una ragazza proveniente da un paese tanto conosciuto per il buon cibo, che non ha mai assaggiato le specialità tipiche.

Ma Flynn era convinto che per lavorare, dovevo restare leggera.

Fanculo, basta pensare a Flynn, basta pensare all’Italia.

Ci sono solo io e una nuova vita che ricominciamo assieme, da dove sono nata. Holmes Chapel, Regno Unito.

La settimana seguente avevo bisogno con urgenza di finanziarmi un sogno a cui penso fin da quando avevo quattordici anni: la scuola.

Dovetti abbandonarla all’ultimo anno delle medie - sotto costrizione di quel verme - per dare un aiuto economico in casa. Se solo avessi saputo ciò che mi spettava.

Amavo la scuola, ho sempre pensato di volermi laureare in letteratura, passione trasmessa da mia madre. Da quel che so, possedeva una libreria stracolma, che adesso è qui in Inghilterra, con me. Ho approfittato di non avere vestiti da infilare in valigia per portarmi assieme l’unico ricordo che ho di lei.

“Holmes Chapel High School”, accettarono la mia iscrizione, dopo almeno un quarto d’ora di discussione per far capire alla segretaria che ero maggiorenne e che non le sarebbe servito stabilire la data per un colloquio tra i miei genitori e la preside, anche se stavo appena cominciando a frequentare il primo anno scolastico di un liceo e le lezioni erano già iniziate da appena una settimana.

Un lunedì qualunque del mese di settembre, la mia sveglia avrebbe annunciato l’inizio del mio primo giorno di scuola.

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