Era un pomeriggio di ottobre come tanti altri, mi ero svegliata, avevo evitato qualsiasi social media in cui avrei potuto vedere qualsiasi notizia su di me, o peggio, su di lui, mi ero fatta una doccia ed ero andata a fare due passi. Il freddo non mi aveva mai disturbata, anzi, in realtà avevo sempre amato l'autunno, per i suoi colori, principalmente, ma anche per l'atmosfera malinconica che portava con sé. Malinconica. Era una parola che mi sentivo dire spesso, ormai, talmente tanto che ci ero praticamente abituata. Aveva finito per cucirmisi addosso, tanto che credevo che non avrei mai trovato parola più adatta per descrivermi. E guai a qualcuno che provasse a chiedermi se lui e il suo stupido matrimonio con un'altra avessero qualcosa a che fare con la mia tristezza. Ero in grado di diventare una iena, se colpita sul vivo, ma ero anche brava a nascondere il veleno con un sorriso gentile. Dopotutto anche per questo avevo scritto Kill 'em with kindness... beh, per questo e per il fatto che J mi raccomandava sempre di sfoggiare la mia dolcezza contro chi mi attaccava... credeva bastasse a far tacere le malelingue e le voci che avevo nella testa che mi ripetevano che non ero abbastanza, ci avevo creduto anche io, ma avevamo sbagliato entrambi. Cercavo di non pensare a lui, di andare avanti, di recitare le mie parti sul set e a casa, di nascondere il più possibile il disagio che provavo nel sentire quel pezzo mancante e quel vuoto sempre più presente. J, anni prima, me lo aveva detto chiaro e tondo, dopotutto, se rompevo con lui non saremmo mai più tornati insieme. Il tira e molla non ci faceva bene, magari potevamo rimanere amici... ma amici, in fondo, non lo eravamo mai stati.
Camminando con le cuffie alle orecchie, ripetevo a bassa voce la parte che avrei recitato quella mattina sul set. La parte di Mabel, nella serie Only Murders in the Building, mi calzava a pennello, esattamente come, quando stavo con lui, la parte di Alex Russo mi era stata bene. La tristezza, il sentirsi costantemente fuori posto e senza casa di Mabel mi appartenevano, per questo lavorare mi faceva sentire meglio. Nonostante il mio entusiasmo nell'aver collaborato alla scrittura del monologo che stavo ripetendo a bassa voce, fui costretta a interrompermi a causa della vibrazione del telefono nella tasca della mia giacca di panno gialla e nera. Era una mia collaboratrice: hai visto cosa dicono di te e Chris Evans? Cosa faccio? Smentisco le voci o le confermo?
Un sospiro piuttosto profondo mi uscí dalle labbra, causando una nuvola di fumo che osservai disperdersi nell'aria mentre cercavo di capire cosa risponderle. Ovviamente, le voci erano false: io e Chris ci stavamo frequentando solo per un progetto che avevamo deciso di far nascere insieme, e fra di noi altro non c'era se non una splendida amicizia. Tuttavia, le riviste scandalistiche, che hanno più memoria di chiunque altro, si erano annotati quando, molti anni prima, avevo detto che avevo una cotta per lui. Un tentativo becero e anche un po' infantile per farmi notare da J, andato alla deriva come molti altri che venirono dopo e che lo avevano preceduto. Indecisa provai ad aprire instagram. Prima foto del mio feed: J con la sua bellissima mogliettina, lei lo abbraccia e ride. Ride anche lui. Alzando gli occhi al cielo chiusi nuovamente instagram e aprii la notifica della mia collaboratrice. Le risposi: Conferma tutto, ma cerca di stare molto vaga, potrebbe fare pubblicità per il film.
Sí, beh, me ne pentii non appena inviai il messaggio, ma Dafne aveva già dato la conferma ai giornali di gossip quando provai a farle cambiare idea. Il danno ormai era fatto. Mi chiesi se J avrebbe visto la notizia e, mentre tornavo a camminare per le strade di New York, mi venne spontaneo domandarmi se ne sarebbe stato geloso. Scossi la testa, per cercare di scacciare quei pensieri sbagliati. Volevo bene a Chris e non lo avrei mai usato per ottenere qualcosa che non avrei mai avuto. Inoltre, J era felice, sposato e molto lontano da New York. Dovevo imparare ad essere felice per lui, concentrarmi sulla mia vita, superare questa storia una volta per tutte e soprattutto cercare di stare bene di nuovo. Ci voleva più Alex Russo e meno Mabel nella mia vita e per un attimo rimpiansi l'atmosfera leggera e allegra del set de I Maghi di Waverley. A volte J mi veniva a trovare, passando con me le pause fra una ripresa e l'altra, tutti sapevano e ammiravano l'amore che c'era fra di noi, ma a parte questo, lavorare con persone giovani come me mi aveva fatta sentire un po' come al liceo e per chi non poteva fare una scuola normale come altri era una cosa magica. Tempo di passare a prendere un caffè da asporto e dovetti ritornare nel mio appartamento, evitando sapientemente strade trafficate, per non rischiare di scontrarmi con la stampa. Una volta nel mio attico, mi buttai sul divano e, mentre bevevo il mio caffè, la tentazione di tornare su instagram a guardare la pagina di J si fece troppo forte. Presi il telefono e salii sul suo profilo. Stavo guardando le sue storie, le sue foto e persino i suoi taggati, quando qualcuno mi colse in fragrante.
«Santo cielo, Sel! Ancora lui?! Basta, ti prego! Vi siete lasciati da una vita, lui si è sposato con un'altra, chiudi quel telefono ed esci a conquistare qualcuno!» esclamó Cecilia, una delle mie due coinquiline. Figlia di un batterista famoso e della sua manager, brasiliana per un quarto, sapeva sempre come scaldare l'atmosfera durante le feste, ma quello che amavo più di lei era la sua schiettezza. Mi si sedette accanto e io alzai le spalle come per scusarmi. Attirata dalla confusione, dalla sua camera uscí anche Violet, che ci raggiunse nel salotto su cui le nostre stanze comunicavano. Figlia di un attore famoso e della sua segretaria, Violet era tranquilla, ma solo all'apparenza, perché sapeva essere la più scatenata delle tre, quando ci si metteva.
«Lasciala in pace, Cece... è stato il suo primo amore... e cose così non capitano a tutti...» con dolcezza, Violet mi spostó una ciocca di capelli corvini dal viso. «Però... ti fa male guardarlo andare avanti con la sua vita, Sel...» aggiunse subito dopo, osservandomi con i suoi occhi scuri un po' preoccupati.
Nonostante avessi abbastanza soldi da potermi permettere una villa privata in qualsiasi parte del mondo, la decisione di trasferirmi a New York, presa sia per ricominciare una nuova vita che per essere comoda nelle riprese della mia nuova serie, era arrivata assieme alla consapevolezza che se volevo raggiungere almeno una parvenza di felicità, dovevo vivere con le mie due migliori amiche. Così, Cecilia e Violet accettarono di trasferirsi con me. Non avevano fatto domande, avevano preparato le valige e mi avevano seguito. Una volta a New York avevano aperto insieme un night club super esclusivo, diventato subito fra i più alla moda della grande mela.
«Non è felice... lo vedo che non è felice.» sussurrai guardando una foto in cui J sembrava sorridere. La voltai verso le mie amiche, per fargliela vedere. Dovevo capire se me lo stavo immaginando oppure no. Indicai il suo sguardo: «Vedete? Gli occhi non gli sorridono.»
Violet mi accarezzó un braccio, per poi legarsi i capelli neri dalle punte grigie in una coda alta, annuendo appena; Cecilia rimase in silenzio, cercando di fare un piccolo sorriso mentre si attorcigliava nervosamente una ciocca di capelli scuri dietro all'orecchio. Le conoscevo da prima ancora di raggiungere la fama con Disney Channel, per questo sapevo esattamente a cosa stavano pensando entrambe. Violet, probabilmente, stava riflettendo sul fatto che neanche i miei occhi sorridevano, esattamente come quelli di J. In più, dato il suo amore per lui e per le sue canzoni, probabilmente ancora sperava che prima o poi le cose si sarebbero messe a posto. Cecilia, invece, sapeva che per me e J non c'era più futuro, anzi, forse aveva letto come me quel rumor sul possibile bambino in arrivo, ma era troppo gentile e teneva troppo a me per dirmi qualcosa a riguardo. Osservai entrambe, poi spensi nuovamente il telefono e feci un profondo sospiro: «Comunque sia, devo andare sul set fra poco... stasera se riesco passo a trovarvi al Essential Visions... magari mi porto dietro qualche giornalista... giusto per farvi pubblicità extra.»
Violet mi scoccò un bacio in fronte: «Sapevo che prima o poi la tua fama sarebbe stata utile ai miei affari!»
Sorrisi ad entrambe, le salutai, poi mi alzai e andai in camera mia a cambiarmi. Una volta pronta uscii di nuovo per andare sul set, questa volta usufruendo della mia macchina con autista. Speravo di dimenticarmi l'espressione di quella felicità a metà sul viso di J, speravo di smettere di pensare a lui, speravo che il lavoro potesse distrarmi. Non sapevo che, proprio sul luogo di lavoro, ogni mio tentativo di scordarmi dei miei problemi sarebbe stato vano.«E... stop! Abbiamo finito per oggi, ragazzi! Siete stati bravissimi!» il regista, da dietro la macchina da presa, mi dedicò un sorriso a cui io risposi un po' più timidamente.
«Ci sta provando...» mi sussurrò Steve, uno degli attori protagonisti della serie. Si sistemò gli occhiali marroni sul naso, dedicandomi un'espressione eloquente.
Ridacchiai: «Sí, come no...» avevo legato molto con lui e con Martin, forse per il grande numero di parti che avevamo da fare insieme, forse perché, come nella storia, anche nella vita fuori dal set erano diventati come due zii acquisiti per me. Mi sembrava di avere una famiglia anche se la mia vera famiglia era molto lontana da New York.
«Di che parlate?» Martin, slegandosi il foulard che aveva al collo, mi si avvicinò.
«Del regista che ci prova con Selena...» rispose Steve, sorridendo all'altro uomo. Io alzai gli occhi al cielo.
«Oh, Selena... cara... non te ne eri accorta?!» mi chiese Martin sgranando gli occhi e mettendo le mani avanti proprio come faceva anche recitando.
«Basta, voi due!» li ripresi ridendo. «Nessuno ci prova con nessuno, ok? Non sono interessata.»
I due si scambiarono uno sguardo e poi annuirono. Non avevo mai parlato di J con loro, ma qualcosa mi diceva che avevano capito tutto. Forse lo sapevano dai giornali scandalistici, oppure lo avevano semplicemente capito dal modo in cui sorridevo sempre a metà, lasciando trasparire così che mi mancasse qualcosa. Mi venne subito in mente quella foto di lui vista appena prima di andare a lavoro, quella felicità che sembrava sincera, ma che pareva non coinvolgerlo a pieno, poi scossi la testa riprendendomi dai miei pensieri. Avvicinandomi al buffet per mangiare qualcosa mi venne quasi da ridere quando vidi una nuca di capelli rasati e la scambiai per la sua.
Basta, Selena... ora esageri davvero. Sei a New York, è impossibile che ti capiti di vederlo.
Presi un piatto e, dato che ormai mi si era chiuso lo stomaco, lo riempii semplicemente di qualche carota cruda e di un po' di frutta. Stavo mangiando un acino d'uva quando sentii la sua voce rimbombare sul set. Era come se il chiacchiericcio delle altre persone dentro allo studio si fosse abbassato di volume. Sentivo solo lui, il modo in cui scherzava con i suoi collaboratori, la sua risata...
Non ebbi tempo di realizzare cosa stesse accadendo che il mio regista mi si avvicinò: «Oh, mi sono dimenticato di dirvelo prima... oggi parte del set sarà utilizzata per un videoclip musicale, quindi... la vostra pausa pranzo sarà più lunga. Ci vediamo alle 15.» mi fece un cenno con il capo e se ne andò.
Mi voltai nuovamente verso quella nuca che avevo riconosciuto e la vidi voltarsi. Justin Bieber era lì. Davanti a me. Era sorpreso quanto me di vedermi. Il resto del mondo sembrò sparire per un attimo nell'istante in cui incontrai i suoi occhi scuri. Il mio cuore sembrava battere più forte e sentii le guance prendere colore. Con le mani lui mi fece un segno che solo noi due potevamo capire: dopo parliamo? Annuii, come sempre disposta ad accettare qualsiasi cosa pur di stargli vicino ancora un po'. Mi sorrise e io sorrisi a mia volta, notai che la sua espressione ora mi sembrava più felice che in quella maledetta foto. Era colpa mia o forse avevo valutato male il suo matrimonio e se la stava passando davvero bene senza di me?
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look at her now
RomanceMi sorrise e io sorrisi a mia volta, notai che la sua espressione ora mi sembrava più felice che in quella maledetta foto. Era colpa mia o forse avevo valutato male il suo matrimonio e se la stava passando davvero bene senza di me? Forse, dopotutto...