Carissim*
Vi rubo due secondi prima di iniziare la lettura, per salutarvi.Ho pensato molto se compiere o meno questo passo, ma alla fine ho ritenuto opportuno farlo.
Scrivere di Giuseppe Conte mi ha dato molto, sotto molteplici punti di vista, primo fra tutti quello umano: grazie ai thread legati alle storie ho conosciuto persone meravigliose e sono nati rapporti di amicizia che vanno ben oltre la scrittura.
Ma ora avverto, prepotente, il bisogno di cambiare, di cimentarmi con altri universi, per cui vi stringo in un abbraccio virtuale e vi rimando a nuove letture insieme, se vi farà piacere continuare a seguirmi.
È stato un viaggio meraviglioso, insieme a tutt* voi.
Monica.
MY WAY
And now, the end is near
And so I face the final curtain
My friend, I’ll say it clear
I’ll state my case, of which I’m certain
I’ve lived a life that’s full
I traveled each and every highway
And more, much more than this, I did it my wayIl citofono che suona a un’ora assolutamente inusuale la sorprende in cucina a consultare un sito di decorazioni natalizie shubby-chic, sul tablet.
È un’ora strana, quella, che di solito vive in assoluta tranquillità, dedicandosi a decidere cosa cucinare o, nei giorni in cui sa che nessuno rincaserà per pranzo, ai mille modi per rendere casa più bella e accogliente.
Anche per i corrieri è un orario fuori standard, e poi suo marito e sua figlia la avvisano, quando è prevista qualche consegna, perché possa organizzarsi, ma tant’è, non ci sono molte altre possibilità e quando preme il pulsante del citofono è pressoché sicura che dall’altro capo sentirà il solito tono frettoloso del ragazzo di Amazon.
“Chi è?”
“Io. Apri.”
Una voce e un intercalare che non ha mai dimenticato benché sia riuscita a relegarle nel profondo dei ricordi, chiuse a chiave in un cassetto che non apre mai, per evitare che ancora possano far male.
E male infatti le stanno facendo, al cuore che si è fatto piombo e batte scomposto nel petto e alle gambe che per un attimo sembrano cedere e catapultarla in un abisso di ricordi lontani mille vite ma così vividi e netti da sentirne il suono e il profumo.
L’agenda foderata di pelle nera sempre così ingombra di appunti da risultare difficile da chiudere.
Gli stucchi di stanze odorose di storia e di intrighi.
Le nottate trascorse a cercare il bilanciamento perfetto tra le persone da incontrare, il vocabolo giusto, la combinazione di tempi ottimale per non scontentare nessuno.
I microfoni e il rumore degli scatti, ogni volta che dal portone uscivano sulla piazza.
Le auto scure sempre pronte, gli uomini di scorta solerti e imperturbabili.
Le discussioni, interminabili.
Le cene fino a notte fonda.
Gli aerei e le poltroncine scomode su cui dormire qualche ora.
I viaggi in auto interminabili, il caffè rancido degli autogrill, le sigarette mai finite.
La sua pelle, salata sotto ai suoi baci.
Il suo grido rauco, le sue dita tra i capelli, il suo corpo addosso.L’amore assoluto, puro, totale.
“Non lo fare, non innamorarti di me. Non me lo merito.”
Non se lo era meritato infatti, il suo amore e anche ora che scende veloce le scale e si affretta ad aprire il portoncino per vederlo avanzare sulle mattonelle chiare del vialetto si domanda perché non abbia esitato nemmeno un istante ad aprire.