Capitolo 2 - Josephine

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Josephine

Nebraska, Giugno 1886

Josephine contemplava in muto silenzio il paesaggio spoglio ed eroso della prateria che scorreva oltre il finestrino. Le immagini sfrecciavano veloci fondendosi in un'unica macchia di forme e colori, mentre il treno la portava di miglio in miglio più vicina alla sua destinazione: verso il principio della fine.

Era in viaggio da così tanti giorni da averne perso il conto. Da Boston a Cleveland, da Cleveland a Chicago e poi sempre più a ovest. Lo chiamavano il Lontano West e il nome non poteva calzargli meglio.

Il treno percorreva distese sconfinate senza incontrare anima viva e le stazioni di sosta, che solo con un giudizio estremamente magnanino si sarebbero potute definire 'Cittadine', erano costituite da poche costruzioni di legno squadrate, strappate alla polvere dall'operosità umana.

Non erano neppure a metà del viaggio verso Sacramento, la sua destinazione ultima.

Una parte della sua mente rifiutava di accettare la situazione, ma era difficile dimenticarsene con Jack the Black, l'incaricato di recapitarla senza intoppi al suo sposo, seduto a mezzo metro da lei.

Sei mesi prima suo padre se ne era andato. Le piaceva pensare che si fosse ricongiunto a sua madre, morta di tifo più di sei anni prima, e che dove erano i suoi genitori ora, fossero felici, avvolti da una beata serenità che impedisse loro di vedere cosa stesse accadendo alla loro unica figlia.

Zio Mortimer, il suo tutore legale, non stava di certo rispettando le loro volontà.

'Tra non molto compirai ventuno anni,' le aveva detto suo zio in una delle rare occasioni in cui l'aveva degnata della sua presenza, 'è già indecente che tu sia rimasta nubile sinora. E non hai la testa per sceglierti un marito da sola. Ci penserò io a trovartene uno.'

Josephine aveva la testa per fare qualsiasi cosa al mondo. Persino di disporre del patrimonio che le avevano lasciato i suoi genitori, facendolo fruttare. Ma per farlo, avrebbe dovuto compiere ventuno anni, diventare una donna indipendente, e zio Mortimer non aveva nessuna intenzione di lasciarlo accadere.

Così, espletate tutte le formalità burocratiche per disporre legalmente per lei, non aveva perso un giorno per maritarla, traendone il proprio interesse.

Il matrimonio era avvenuto per procura. Un plico di documenti, un contratto che non necessitava neppure della sua firma per essere valido. Zio Mortimer aveva firmato per lei e l'aveva informata a cose fatte.

Di Everette Shilock, suo marito, Josephine sapeva poco, ma comunque abbastanza da non volerne approfondire la conoscenza e augurargli i peggiori dei mali.

Era un imprenditore ferroviario proprio come lo zio. Non era giovane e neppure di bell'aspetto. Non che il secondo dettaglio avesse importanza, quando essere socio in affari di zio Mortimer bastava a distruggere ogni considerazione positiva Josephine potesse avere di lui.

Zio Mortimer non era una persona per bene e non era diventato ricco rispettando la legge o le persone. Josephine si vergognava persino di chiamarlo zio dopo aver scoperto solo alcune delle sue malefatte.

E il suo futuro marito, anzi Marito ormai, non prometteva di essere un soggetto migliore. Bastava guardare Jack The Black, la guardia del corpo gentilmente messa a sua disposizione, per averne la conferma. Che genere di individuo teneva alle sue dipendenze un ceffo del genere?

Jack the Black, in quel momento, scorreva i suoi occhi sottili e troppo distanti tra loro su un giornale vecchio di una settimana, ma Josephine dubitava che quel bestione sapesse davvero leggere. Probabilmente guardava le figure.

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