Secondo capitolo

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«Cazzo, mi mandi fuori di testa.»

Ginevra tremava sotto il suo tocco. Le labbra erano incastrate tra i denti, mentre cercava di essere il più silenziosa possibile. Il bagno del locale in cui lavorava era vicino all'ufficio del responsabile e la sua pausa sigaretta doveva durare un quarto d'ora. Troppo poco per due ragazzi affamati come loro. Le mani affusolate di Ginevra si spostarono sul petto tonico di Paulo, mentre cercava di tenersi in equilibro, con la schiena poggiata alla parete ed una gamba intorno ai fianchi del calciatore.

«Paulo, ti prego. Ancora di più»

Sembrava disperata, mentre ansimava continuamente il nome di Paulo. Prontamente, si voltò, regalando a Paolo la possibilità di godere di quella magnifica e morbida distesa di pelle diafana e il suo sedere tonico.

Le afferrò la chioma ordinatamente legata in una coda bassa e la tirò con forza, attento a non farle più male del dovuto. Amava sentirla irrigidirsi contro il suo corpo e vederla persa nella sua bolla di totale piacere in cui solo a lui poteva entrare e perdersi insieme a lei. Cercò di muovere il bacino sempre più forte, seguendo il ritmo dei suoi battiti cardiaci. Non poteva aspettare oltre. Voleva sentirla venire intorno a lui e per lui e poi la serata poteva considerarsi conclusa, anche se avrebbe potuto tranquillamente trovare una ragazza qualsiasi per intrattenersi ancora e ancora. tuttavia, avere Ginevra pronta a servire il suo tavolo e sapere che fino a poco prima l'aveva tenuta stretta tra il suo corpo tonico e il muro lo bloccava. Ginevra era un anima rara e il sesso era l'unico modo in cui poteva avere un contatto sistematico con lei. Avevano deciso che la loro relazione si sarebbe dovuta limitare unicamente a quello, senza interessi di diversa natura se non quelli della carne. Il loro obiettivo era quello di assecondare la loro attrazione intensa ed impossibile da ignorare.

La prima volta che si era scontrato con quel corpo formoso era stato completamente risucchiato dal suo sguardo intenso, ma infinitamente triste e stanco. Si erano conosciuti in modo causale ma era stato meraviglioso vederla lì, mortificata e con tutti i cocktail che doveva servire rovesciati sul suo grembiule e sulla camicia elegante che Paulo aveva voluto indossare a quella cena di anniversario con la sua fidanzata. Era stato uno spettacolo per i suoi occhi che avevano continuato a studiare i movimenti veloci e pratici della ragazza, tra un calice e un drink di diversa natura. Non gli importava che Oriana si trovasse a venti centimetri dal suo volto e, se fosse stata più sveglia, avrebbe potuto accorgersi delle attenzioni di Paolo rivolte a Ginevra.
A fine serata era arrivato il messaggio nel suo cellulare e aveva esultato dentro di sè, mentre la sua ragazza gli sussurrava che lo amava e lo ringraziava per la bellissima cena che aveva organizzato anche se c'era il campionato di mezzo. Era stato assolutamente sadico e disonesto nei confronti della sua ragazza, ma Ginevra era un carico esplosivo di sensualità e innocenza da cui non era riuscito a non rimanere ammaliato. Il suo sguardo intelligente e quegli occhi scuri urlavano sesso e fragilità e Paulo aveva avuto la possibilità di esplorare solo un polo dei due, suo malgrado. Non passava giorno in cui non si chiedeva cosa non andasse in lui, perché si stava innamorando di una ragazza con cui condivideva solo orgasmi tra lenzuola e bagni privati. Ginevra era stata fin troppo diretta nel dirgli che nella sua vita non c'era spazio per alcun tipo di sentimentalismo, per la dedizione e l'amore verso terzi che non fossero suo fratello. Non sapeva niente di lei e da settimane non gli andava più bene. Aveva provato a corteggiarla con fiori e proposte di cene nei ristoranti più esclusivi ma aveva sempre ricevuto un no, ricamato da spiegazioni che Paulo non riusciva più a digerire.

«Come fai a farmi cedere ogni volta?»

Sorrise mentre Ginevra si alzava ordinatamente i pantaloni della divisa da cameriere. Pantaloni che le fasciavano il culo divinamente e il suo cuore si strinse nell'immaginare qualche ragazzo che si sarebbe soffermato a fissarlo. La sentiva sua, anche se non era così. E lo sapevano entrambi.

«Non riesci ancora a resistermi.»

Prima di rivestirsi, si girò di spalle per pisciare. Mentre tirava sù la patta dei pantaloni si accorse che Ginevra lo fissava con interesse, con il volto arrosato per il sesso. Sorrise nel vederla così presa dalla quotidianità di un gesto che solitamente si riservava agli intimi. Era felice di sapere che anche lei godeva di quella bellissima quotidianità che si stava iniziando a costruire tra di loro, anche se orgogliosa com'era non l'avrebbe mai ammesso e di questo se ne dispiaceva.

«Sei troppo sicuro di te stesso, caro mio.»

Vide Ginevra sorridere, mentre si agganciava il reggiseno, strizzandogli l'occhio con fare complice prima di aggiungere un «ma non ti biasimo» e scappare via. L'avrebbe inseguita in eterno se la ricompensa fosse sempre quella di vedere la sua dolce e piccola ragazza così divertita e sorridente. Aveva subito capito che Ginevra era una donna con cui andare piano a livello sentimentale; aveva intuito che non erano necessario corteggiamenti di alcun tipo, ma solo lasciarle lo spazio per potersi risistemare e ricostruire quello che gli altri avevano distrutto. Paulo le avrebbe voluta dare molto volentieri una mano, ma era altrettanto sicuro che un difetto di Ginevra con il quale non poteva convivere era la sua ostinazione a risolvere ogni problema da sola, senza aiuto e pretendendo che le persone non si interessassero alla sua sanità mentale. Paulo lo faceva ogni giorno.

«Ci vediamo più tardi. Ti porto a casa mia.»

Ginevra si chiuse la porta alle spalle senza fiatare. Se non avesse voluto glielo avrebbe detto chiaro e tondo. Il suo silenzio lo interpretò come un assenso orgoglioso. Sorrise di nuovo, sistemandosi i capelli davanti allo specchio e pronto a tornare in scena. Si sentiva molto fortunato ad avere qualcuno da portare a casa, anche se le intenzioni di Ginevra erano sempre state diverse rispetto alle sue: nessun attaccamento emotivo. Paulo era caduto follemente in quel legame che avevano creato e sapeva che non si sarebbe potuto accontentare per sempre. Non ne sarebbe mai stato in grado. Non c'era sera in cui non si augurasse di poter dire a Ginevra che sarebbe stato suo per sempre, che avrebbe voluto darle uno strappo a casa sua ogni giorno. Avrebbe anche voluto che un paio di cambi e, poi, l'intero guardaroba di Ginevra fosse dentro il suo appartamento, ma non osava interrompere quel sistema di incontri e sguardi di sottecchi che avevano istaurato con incredibile velocità. Ma Paulo stesso sapeva che la fretta era una terribile consigliera.


«Scusi, potrebbe portare due amari? Grazie.»

Paulo sorrise nel vedere Ginevra quasi alzare gli occhi al cielo, prima di annuire fintamente sorridente. Sapeva che odiava servire il tavolo di Paulo e dei suoi amici che, a turno, portava in quel locale. Loro si beavano dei buoni alcolici e Paulo del dolce viso della ragazza che si scopava quasi ogni fine settimana. Era una buona abitudine e, da quel che poteva intuire, forse piaceva anche a Ginevra tanto quanto piaceva a lui.

«Però, carina. Non trovi?» 

Paulo cercò di ignorare completamente il fastidio alla bocca dello stomaco mentre sentiva Federico Chiesa dire quella frase con sguardo malizioso e occhi prontamente puntati sul fondoschiena della bella cameriera.

«Prima di pensare queste cose, fatti crescere la barda», rispose stizzito Paulo mentre il tavolo scoppiava a ridere alla contro risposta di Federico che subito si premurò di ricordargli che neanche Paulo ne aveva, di barba. Paulo fece un cenno impercettibile verso Ginevra, invitandola a chiedere di finire prima. Avevano creato un linguaggio del corpo unicamente loro e riuscivano molto spesso a comunicare in modo intuitivo. Vide Ginevra andare verso lo spogliatoio del personale e decise che era giunto il momento di saldare il conto e tornare a casa sua.

Lie to me - Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora